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La nuova guerra fredda e il Venezuela

Boaventura de Sousa Santos – Tradotto da Giuseppe Volpe 12/02/2019
La situazione attuale in Venezuela è una tragedia in costruzione e molto probabilmente causerà la morte di molti innocenti.

Il Venezuela è sull’orlo di un intervento militare straniero e il bagno di sangue che ne seguirà può assumere proporzioni drammatiche. Questo è stato affermato da Henrique Caprile, il leader più noto dell’opposizione a Nicolas Maduro, quando ha detto che il presidente fantoccio Juan Guaidó sta trasformando i venezuelani in “carne da cannone”. Sa di che cosa sta parlando. Sa, ad esempio, che Hugo Chavez aveva preso molto sul serio il destino dell’esperienza socialista democratica di Salvador Allende in Cile. E sa che, tra altre misure, Chavez ha armato civili creando milizie, che ovviamente possono essere disarmate, ma molto probabilmente non senza una certa resistenza. Sa inoltre che nonostante l’enorme sofferenza imposta al paese da una miscela tossica di errori politici interni e di pressioni esterne – in particolare attraverso l’embargo che le Nazioni Unite considerano riprovevole da un punto di vista umanitario – il popolo del Venezuela resta permeato da un profondo senso di orgoglio nazionale che rigetta ferventemente ogni intervento straniero.

Di fronte all’imminente distruzione di vite innocenti, tutti i democratici venezuelani che si oppongono al governo bolivariano si stanno ponendo una serie di domande alle quali si adoperano per trovare le risposte giuste. Perché gli Stati Uniti e i loro accoliti europei si stanno imbarcando in una posizione aggressiva e massimalista che rende del tutto impossibile qualsiasi soluzione negoziata? Perché sono lanciati ultimatum pieni di echi di tempi imperiali, che rievocano memorie amare al popolo portoghese? Perché rifiutare la proposta di mediazione avanzata da Messico e Uruguay, basata com’è sul rifiuto della guerra civile? Perché un giovane che fino a poche settimane fa era del tutto ignoto ai venezuelani – e inoltre membro di un piccolo partito di destra chiamato Voluntad Popular che è stato coinvolto direttamente nella violenza diffusasi nelle strade in anni recenti – si proclama presidente della repubblica dopo aver ricevuto una telefonata dal vicepresidente degli Stati Uniti e perché vari paesi sono disposti a riconoscerlo come presidente legittimo del Venezuela?
Solo il tempo lo dirà. Ma ciò che già sappiamo è sufficiente per indicare da dove arriveranno le risposte. Sta diventando chiaro che nonostante sia poco noto nel suo paese, Juan Guaidó e il suo partito di estrema destra, che ha apertamente promosso l’intervento militare contro il governo, sono da lungo tempo favoriti di Washington per attuare la famigerata politica di “cambiamento di regime” in Venezuela. Questo risale direttamente alla storia degli interventi statunitensi nel continente, un’arma di distruzione di massa della democrazia ogniqualvolta la democrazia ha significato difendere la sovranità nazionale e opporsi al libero accesso di imprese statunitensi alle risorse naturali del paese. Non è difficile concludere che il problema qui non è la difesa della democrazia venezuelana bensì il petrolio del Venezuela. Il Venezuela ha le riserve petrolifere più vaste del mondo (20 per cento delle riserve mondiali contro il 2 per cento degli Stati Uniti). L’accesso al petrolio del Medio Oriente ha condotto al sanguinario patto con la peggior dittatura della regione, l’Arabia Saudita, e alla devastazione di Iraq, Siria e Libia in Africa del nord; la prossima vittima potrebbe ben essere l’Iran.
In aggiunta, il petrolio del Medio Oriente è più vicino alla Cina che agli Stati Uniti, mentre il petrolio venezuelano è giusto alla loro porta di casa. La forma di accesso alle risorse varia da paese a paese, ma l’obiettivo strategico è sempre stato lo stesso. In Cile ha comportato una dittatura sanguinaria. Più di recente l’accesso alle vaste risorse minerarie del Brasile, le Amazzoni e lo strato pre-salino del paese, ha comportato l’ascesa di un altro favorito di Washington, Sergio Moro, da ignoto giudice di prima istanza alla notorietà nazionale e internazionale. Moro ha così avuto un accesso privilegiato a dati che gli hanno permesso di diventare il giustiziere della sinistra brasiliana e di aprire la via all’elezione di un noto apologeta della dittatura e della tortura, uno sin troppo disposto a svendere le ricchezze del paese e a creare un governo che doveva includere il favorito filo-statunitense tra i suoi membri.
Ma lo sconcerto di molti democratici venezuelani ha prevalentemente a che fare con l’Europa, non meno perché l’Europa è stata attiva nei negoziati svolti tra governo e opposizione in passato. Sanno che molti di tali negoziati erano falliti a causa della pressione statunitense. Di qui la domanda: anche tu, Europa? Sanno benissimo che se l’Europa davvero si fosse curata della democrazia avrebbe tagliato le relazioni diplomatiche con l’Arabia Saudita molto tempo fa. E se l’Europa avesse a cuore l’uccisione di civili innocenti avrebbe da lungo tempo smesso di vendere all’Arabia Saudita le armi che sta usando per condurre la sua guerra genocida in Yemen. Ma forse speravano che le responsabilità storiche dell’Europa nei confronti delle sue ex colonie avrebbe giustificato un certo ritegno. Perché questo totale allineamento a una politica che misura il proprio successo dal livello di devastazione di paesi e di vite?
Diverrà gradualmente chiaro che il motivo di tale allineamento sta nella nuova guerra fredda che è scoppiata tra USA e Cina. Con uno dei suoi centri situato nel continente latinoamericano questa guerra fredda assomiglia a quella che l’ha preceduta per il fatto che non può essere combattuta direttamente dalle potenze rivali, in questo caso un impero in declino e uno in ascesa. E’ una guerra per procura che deve essere condotta tra alleati, cioè i governi di destra dell’America Latina e i governi europei da un lato, e la Russia dall’altro. Nessun impero è un buon impero agli occhi dei paesi che non sono abbastanza potenti da trarre beneficio dalla rivalità. Al meglio cercheranno di ricavare benefici dall’allineamento a chi è loro più vicino. E l’allineamento deve essere completo al fine di essere efficace. In altri termini, meglio perdere la sella che il cavallo. Questo vale per il Canada così come per i paesi europei.
Nel complesso io sento di essere stato ben rappresentato dal governo del mio paese [il Portogallo], al potere dal 2016. Tuttavia la legittimazione concessa a un presidente fantoccio e a una strategia che con tutta probabilità condurrà a un bagno di sangue mi fa vergognare del mio governo. La mia sola speranza è che la vasta comunità degli emigrati portoghesi in Venezuela non soffra a causa di tale diplomazia mal consigliata, per non usare un termine più forte e più adatto per descrivere la politica internazionale di questo governo.