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In Venezuela la protesta contro Maduro viaggia sulla rete nonostante la censura

Guido Petrangeli 04/02/2019
L’ultima ondata di proteste in Venezuela è arrivata dopo mesi di relativa calma. Mentre le persone scendevano in strada contro Maduro il leader dell’opposizione Juan Guaidó, presidente dell’Assemblea nazionale, ha sfruttato la sua popolarità per dichiararsi il nuovo legittimo presidente del Venezuela.

È interessante notare come le manifestazioni di piazza siano state precedute da un’intensa attività di guerriglia online. Contestualmente alle proteste di piazza si sono infatti verificati dei blocchi per far saltare Internet, in modo da silenziare il confronto sulla rete tra governo e sostenitori dell’opposizione.
La battaglia per la censura sul web venezuelano non è una novità, infatti già nel giugno 2018 è emersa la notizia che alcuni utenti hanno avuto problemi ad accedere a El Nacional, uno dei principali quotidiani del paese. Sempre nello stesso mese TOR Network, uno strumento utilizzato per preservare la privacy e navigare in modo anonimo, è stato bloccato da Cantv, un provider di proprietà statale che gestisce le connessioni domestiche nel paese.
Uno studio successivo condotto dal “Venezuela’s Press and Society Institute” ha evidenziato nell’agosto 2018 l’oscuramento dei siti Web di notizie indipendenti, Armando.info e El Pitazo.
La censura dell’internet venezuelano è arrivata fino a Wikipedia: due giorni dopo che Nicolás Maduro ha prestato giuramento per la seconda volta come presidente gli utenti internet venezuelani hanno riferito di non essere in grado di connettersi a Wikipedia in tutte le lingue. Secondo i risultati dell’ Open Observatory of Network Interference (OONI) il blocco è iniziato dopo che diversi articoli su Wikipedia sono stati modificati per fare riferimento a Juan Guaidó come presidente del Venezuela.
La macchina della censura non è pero riuscita a bloccare del tutto l’attività sui social media, dove si sono riversati i messaggi dei militanti pro e conto Maduro, facendo diventare virali i fatti che hanno visto Guaidò proclamarsi presidente del Venezuela.
Twitter è stato l’epicentro delle proteste online dei venezuelani contro Maduro. Infatti nella giornata di martedì 22 gennaio il primo ed il secondo argomento più discussi nella twitter-sfera venezuelana – # 23ene e #VenezuelaGritaLibertad – sono stati usati dagli oppositori di Maduro.
In particolare l’hastagh #VenezuelaGritaLibertad, fortemente schierato a favore di Guaidò, è restato nella trending topic di twitter per oltre 18 ore. Il giorno successivo, il 23 gennaio, si è imposto su Twitter come il primo argomento di discussione in Venezuela l’hastagh #GritemosConBrío, usato dai sostenitori Guaidò per riconoscere la sua autorità come nuovo presidente del Venezuela.
La protesta online è stata talmente virale da uscire dai confini venezuelani: #GritemosConBrío il 25 gennaio è risultato a fine giornata il quinto argomento più discusso nella twiter-sfera mondiale. La risposta dei sostenitori del governo maduro non si è fatta attendere. Il 26 maggio l’hashtag a favore di Maduro, VenezuelaYElMundoConMaduro, è arrivato al settimo posto dei trending topics di twitter a livello mondiale.
Ma tra le campagne organizzate dal governo e quelle dell’opposizione c’è una differenza sostanziale. Mentre ci sono state segnalazioni su fatto che il governo venezuelano utilizzi una serie di bot per gonfiare i suoi contenuti online, un’analisi preliminare del DFR Lab non ha trovato prove evidenti dell’amplificazione automatica degli hashtag da parte degli oppositori.
L’analisi ci mostra infatti come la maggior parte delle citazioni sugli hashtag governativi siano dei retweet piuttosto che dei post originali. Questa prova mette in luce come il governo di Maduro abbia messo in piedi non solo una macchina della censura ma anche un sistema di account automatizzati per orientare l’opinione pubblica digitale sui temi più scottanti.