General

EGITTO. Inutili gli appelli, impiccati nove giovani

21 febbraio 2019, Nena News
Anche la figlia del procuratore assassinato Hisham Barakat aveva chiesto di liberarli. Erano stati condannati sulla base di dichiarazioni che, denunciano i centri per i diritti umani, sono state rilasciate sotto tortura.

Non è servito a fermare il boia neppure l’appello lanciato da Marwa Barakat, la figlia dell’ex procuratore generale Hisham Barakat assassinato nel 2015. Così come inutile è stato quello di Amnesty International che ha ricordato che già sei egiziani sono stati giustiziati dall’inizio di quest’anno. Ieri nove giovani sono stati impiccati in Egitto, così come aveva sancito la sentenza emessa da un tribunale di massima sicurezza nel 2017. Il regime del presidente Abdel Fattah el Sisi, non ha pietà, usa sempre e comunque il pugno di ferro. Ma non contro gli assassini, che restano sempre “sconosciuti” e in libertà, dello studente italiano Giulio Regeni, rapito e brutalmente ucciso quasi certamente da uomini dei servizi di sicurezza interni egiziani.
I nove giustiziati erano stati condannati sulla base di dichiarazioni che, hanno denunciato i centri per i diritti umani, potrebbero essere state rilasciate sotto tortura. Tre di loro in particolare nel 2016 avevano denunciato di essere stati costretti a confessare un crimine che non avevano compiuto. “Questi giovani non sono quelli che hanno ucciso mio padre. Moriranno ingiustamente. Per favore salvateli e arrestate i veri assassini” ha aveva scritto su Facebook Marwa Barakat. Parole cadute nel vuoto, come quelle delle famiglie dei condannati a morte che avevano invocato la grazia. In primo grado i giudici avevano emesso la condanna a morte nel 2017 per 28 persone. Solo 15 dei 28 erano presenti a questa udienza e a quella di novembre dello scorso anno davanti alla Corte di Cassazione; in quell’occasione, per sei dei 15 condannati la pena di morte era stata commutata in ergastolo.
L’attentato contro Barakat non è mai stato rivendicato ma polizia e procura l’hanno attribuito a membri dei Fratelli musulmani, organizzazione considerata “terroristica” dal regime di el Sisi. Secondo i magistrati, Barakat sarebbe stato ucciso perché aveva ordinato l’incriminazione di migliaia di presunti membri dei Fratelli musulmani e di simpatizzanti dell’ex presidente islamista Mohamed Morsi, rovesciato dal colpo di stato militare del 2013 e da allora in prigione.
Dopo il golpe l’Egitto ha vissuto settimane di estrema instabilità e spargimenti di sangue, con scontri nelle strade del Cairo, Alessandria e altre città tra i sostenitori delle forze armate e di el Sisi (all’epoca capo di stato maggiore) da un lato e quelli di Morsi dall’altro. Scontri che hanno avuto il loro picco il mese dopo quando polizia ed esercito hanno sgomberato con la forza piazza Rabaa al Adawiya al Cairo facendo almeno 800 morti tra i simpatizzanti del presidente destituito. Altre centinaia di manifestanti furono arrestati e condannati a morte o a pesanti pene detentive. Lo svolgimento di questi processi è stato fortemente criticato da organizzazioni a difesa dei diritti umani perché molte delle condanne a morte sono state emesse in processi sommari, di massa, che in molti casi sono durati solo pochi giorni.
In Egitto state impiccate tre persone la scorsa settimana. Erano state condannate per l’omicidio di Nabil Farag, un dirigente delle forze di sicurezza. Pochi giorni prima erano stati messi a morte tre uomini ritenuti colpevoli dell’assassinio, sempre nel 2013, del figlio di un magistrato.
Intanto non è stato ancora liberato il reporter 31enne Mahmoud ‘Shawkan’ Abou Zeid,simbolo della lotta per la libertà di stampa. Abou Zeid fu arrestato nel 2013 mentre documentava la protesta in piazza Rabaa al-Adawiya, al Cairo. Due giorni fa i suoi avvocati avevano fatto sapere che era stato trasferito alla stazione di polizia di Al-Ahram, al Cairo, in attesa del rilascio che però non è ancora avvenuto. E’ attesa anche la scarcerazione di Nabil Abdul Fattah, storico attivista dei diritti umani e della rivolta di piazza Tahrir contro l’ex presidente Hosni Mubarak, fatto arrestare e condannare dal regime di el Sisi perché aveva organizzato una manifestazione politica non autorizzata.
Da segnalare che ieri nove presunti terroristi sono stati uccisi in una vasta operazione condotta dalle Forze armate egiziane nel Sinai settentrionale. Reparti speciali hanno fatto irruzione in sette rifugi di militanti islamisti in risposta al grave attentato contro il posto di blocco “Goda 3″ nei pressi all’aeroporto di el Arish, nel Sinai settentrionale, in cui sono rimasti uccisi 14 militari di leva e un ufficiale. Un attacco così grave contro l’Esercito egiziano non si registrava dalla fine dell’operazione “Sinai 2018″ contro gli affiliati allo Stato islamico e ad altre organizzazioni armate radicali portata a termine nel febbraio dello scorso anno.