General

Distrugge e poi dona: la contraddizione della coalizione saudita in Yemen

Roberto Prinzi 27 febbraio 2019
Ieri l’Onu ha annunciato di aver raccolto 2,6 miliardi di dollari (dei 4 però richiesti) per rispondere alla grave crisi umanitaria che vive il Paese, devastato da 4 anni di guerra.

Tra i principali donatori, l’Arabia Saudita e gli Emirati arabi, in prima linea nella devastazione del povero stato arabo dove 10 milioni di persone (sui 24 complessivi) sono a un passo dalla fame.
La conferenza dell’Onu per lo Yemen è riuscita a raccogliere ieri solo 2,6 miliardi di dollari dei 4 richiesti per rispondere alla grave crisi umanitaria che vive il Paese. Tra i principali donatori figurano l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti (Eau) che hanno promesso 500 milioni a testa, contribuendo così ad un aumentare i fondi raccolti rispetto allo scorso anno del 30%. Le loro donazioni sanno di beffa amara se si pensa che proprio Riyadh e Abu Dhabi sono tra i principali responsabili di quella che l’Onu ha definito “la peggiore crisi umanitaria mondiale”. Dal marzo del 2015, infatti, proprio la coalizione a guida saudita bombarda incessantemente le aree sotto il controllo dei ribelli sciiti houthi nel tentativo di portare al governo nell’intero Yemen il presidente alleato yemenita Abd Rabbu Mansour Hadi. Un tentativo rivelatosi finora infruttuoso: a distanza ormai di 4 anni dall’inizio della guerra, i ribelli continuano a controllare la parte nord occidentale del Paese (con la capitale Sana’a) e il porto di Hodeidah.
Secondo le Nazioni Unite, l’emergenza umanitaria di “proporzioni catastrofiche” che vive lo Yemen è causata dalla piena violazione del diritto internazionale da parte di entrambe le parti. Tuttavia, ieri il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres si è astenuto da qualunque commento critico nei confronti di Riyadh e Abu Dhabi e piuttosto li ha ringraziati per il loro sostegno finanziario. “Questa è una conferenza per donatori e pertanto ogni contributo è il benvenuto nonostante il ruolo che uno stato possa avere nella guerra” ha spiegato, rispondendo a chi gli chiedeva di commentare il ruolo contraddittorio di donatori-distruttori svolto da Arabia Saudita e Eau in Yemen. Il Segretario dell’Onu ha poi chiarito che le indagini delle Nazioni Unite sui presunti crimini di guerra commessi nel conflitto da houthi e dalla coalizione continueranno regolarmente.
I soldi raccolti ieri sono solo una piccola boccata di ossigeno per un Paese stremato. I numeri parlano da soli: dei 24 milioni di abitanti, l’80% della popolazione necessita di aiuti umanitari e di protezione. Stando ai dati forniti ieri dall’Onu, 20 milioni di yemeniti non riescono a nutrirsi in modo regolare. Di questi, 10 milioni sono a un passo dalla fame. La situazione è peggiorata rispetto all’anno scorso: a causa dei continui combattimenti, infatti, due milioni di persone si sono aggiunte alle crisi umanitaria. I più colpiti sono i bambini: secondo un rapporto citato da Guterres, circa 80.000 bambini sotto i cinque anni sono morti d’inedia. Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), otto minorenni al giorno muoiono mentre vanno a scuola o giocano fuori la loro abitazione e, più in generale, per cause connesse al conflitto. Inoltre, 360.000 bambini soffrono di gravissima malnutrizione che potrebbe portarli alla morte.
Geert Cappelaere, il direttore regionale dell’Unicef per il Medio Oriente e il Nord Africa, ha riferito che ogni 10 minuti in Yemen un bambino muore per una malattia che si può prevenire. Più di 2 milioni non può andare a scuola. “Oggi lo Yemen è il posto peggiore al mondo per un bambino – ha detto Cappelaere ad al-Jazeera – invito le parti a pensare ai loro figli quando si siederanno la prossima volta al tavolo negoziale”.
Già, ma proprio qui nasce il vero problema. Guterres ha ammesso ieri che la risposta umanitaria risulterà inefficace fintanto che la coalizione saudita e gli houthi non riusciranno a raggiungere una tregua. Ma la pace è ancora lontana: persino l’accordo raggiunto a dicembre a Stoccolma tra le parti, ha ammesso ieri con amarezza il Segretario dell’Onu, sta incontrando degli “ostacoli”. L’intesa prevede il cessate il fuoco nel governatorato di Hodeidah e uno scambio di prigionieri come “gesto per creare fiducia” tra i due gruppi belligeranti. Ma finora è stato spesso violato. E così mentre houthi e coalizione si scambiano accuse su chi ha infranto i punti dell’accordo, la crisi umanitaria continua a peggiorare. Al momento 20 milioni di persone non hanno un appropriato accesso a cure sanitarie e 18 milioni di loro non hanno acqua potabile e adeguate fognature. Senza poi dimenticare che sono 3,3 milioni gli sfollati nel Paese. Di questi, 685.000 sono scappati lo scorso giugno a causa dei combattimenti lungo la costa occidentale.
Ma dallo Yemen giunge anche una notizia positiva. Ieri, infatti, Guterres ha anche annunciato che l’Onu è riuscito ad avere accesso ai Mulini del Mar Rosso. “Per la prima volta in sei mesi abbiamo finalmente potuto raggiunge questa importante infrastruttura che distribuisce cibo essenziale e altri elementi. Almeno così lentamente è stato compiuto un passo in avanti” ha riferito alla stampa il Segretario.
La notizia è stata commentata anche da Herve Verhoosel, il portavoce del Programma alimentare mondiale (Wfp). “Posso confermare che una squadra del Wfp è riuscita ad arrivare ai Mulini del Mar Rosso per la prima volta dal settembre del 2018 quando quest’area fu tagliata fuori a causa dei combattimenti”. Sei mesi fa erano conservati lì circa 51.000 tonnellate di grano. L’accesso a questa infrastruttura potrebbe permettere per più di un mese a 3,7 milioni di yemeniti di nutrirsi.