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CISGIORDANIA. Direzione apartheid

Michele Giorgio 12 febbraio 2019
Per Israele la route 4370 è una «tangenziale» che permette al traffico di scorrere senza problemi all’ingresso orientale di Gerusalemme. 

Per i palestinesi, invece, è la prova dell’intenzione di Tel Aviv di sviluppare una doppia rete stradale, una per loro sotto occupazione e un’altra per gli israeliani. In effetti la corsia ovest a loro destinata preclude l’accesso alla Città Santa e prosegue verso il sud della Cisgiordania.
Non è facile entrare sulla route 4370 arrivando dal centro di Gerusalemme. A nord-est, dopo l’insediamento israeliano della Collina Francese, si gira in direzione di Gerico. Lasciati sulla sinistra gli edifici di ogni dimensione, cresciuti uno sopra l’altro, del campo profughi palestinese di Shuaffat, si prende l’uscita di a-Tur. Infine seguendo strade quasi prive di segnaletica si giunge a un varco nel muro di cemento armato costruito da Israele intorno a Gerusalemme, inclusa la sua parte Est, araba, occupata nel 1967.
Una grande porta scorrevole di metallo, aperta a chi viene da Gerusalemme e chiusa per chi vive nella Cisgiordania occupata, segna da alcune settimane la vita quotidiana di decine di migliaia di palestinesi. A presidiarla è la polizia.
Dall’altra parte c’è la 4370 che collega la statale Tel Aviv-Gerusalemme all’insediamento coloniale di Geva Binyamin. Per le autorità israeliane è una «tangenziale» che permette al traffico di scorrere senza problemi all’ingresso orientale di Gerusalemme. Per i palestinesi e gli attivisti ebrei contro l’occupazione la route 4370 invece è la «strada dell’apartheid», la prova dell’intenzione di Israele di sviluppare una doppia rete stradale, una per i palestinesi sotto occupazione e un’altra per gli israeliani. Osservando la 4370 dall’alto è difficile etichettarla in altro modo.
La strada, concepita nel 2005 e di cui erano stati sospesi i lavori nel 2017, si sviluppa per circa 5 km ed è dotata di due corsie, separate da un muro di cemento alto in alcuni punti fino a otto metri. La corsia ovest è percorribile solo dai palestinesi, quella est è a disposizione esclusiva degli israeliani. Permette ai coloni che vivono negli insediamenti a sud di Ramallah di entrare più facilmente a Gerusalemme aggirando il posto di blocco militare nei pressi del villaggio di Hizma.
LA CORSIA PALESTINESE al contrario preclude l’accesso alla città e prosegue verso il sud della Cisgiordania. I lavori sono ancora in corso e, una volta completata, la 4370 bloccherà definitivamente i palestinesi che si spostano dal sud della Cisgiordania a Ramallah passando per la route 1 che porta a Gerusalemme.
Mazen Malhi, un venditore ambulante, da qualche giorno apre il suo banchetto sulla 4370 e vende caffè e tè agli automobilisti, quasi tutti alla guida di veicoli con la targa bianca, ossia immatricolati dall’Autorità nazionale palestinese. «Ogni tanto passano anche auto e autocarri con la targa gialla (di Israele, ndr) ma non sono israeliani, sono palestinesi di Gerusalemme che lavorano o vivono qui in Cisgiordania», ci spiega servendoci un caffè caldo.
Alle nostre spalle, dall’altra parte del muro di separazione tra le due corsie, sfrecciano veloci le auto degli israeliani dirette a Gerusalemme. «Questa nuova strada è una maledizione – esclama Mazen, nato e cresciuto nel campo profughi di Shuafat – Chi vive in questa zona per entrare a Gerusalemme oltre ad avere un permesso rilasciato dal jaish (l’esercito) dovrà anche fare 10 km ad andare e 10 a tornare. Eppure Gerusalemme è proprio qui, sopra le nostre teste, ci si può arrivare camminando in mezz’ora».
Sono nella stessa condizione i palestinesi del sobborgo di el Azzariye. Vivono alle porte di Gerusalemme e dai tetti delle loro case la moschea dalla cupola dorata, simbolo della città in tutto il mondo, appare così vicina. Ma dopo la costruzione del muro, iniziata 17 anni fa, quelli di el Azzariye per raggiungere Gerusalemme devono percorrere circa 12 km, girando intorno al Muro e alla colonia di Maale Adumim, la più grande della Cisgiordania e dove Israele presto potrebbe estendere l’area municipale di Gerusalemme.
«IL PREZZO PER LA 4370 che pagheranno i palestinesi è molto alto. Diversi villaggi vicini alla città rimarranno totalmente isolati», avverte la ong Ir Amim che promuove Gerusalemme come città aperta a israeliani e palestinesi senza restrizioni.
La costruzione della 4370 si inserisce nel progetto della «Grande Gerusalemme» che punta anche ad integrare la città con alcune colonie nell’area circostante, rendendole di fatto dei quartieri periferici della stessa. Il ministro israeliano della pubblica sicurezza, Gilad Erdan, è orgoglioso della nuova strada costata circa 9 milioni di euro. Per lui è «un esempio della nostra capacità di creare un terreno comune tra palestinesi e israeliani, tenendo presente le attuali sfide nel campo della sicurezza».
Per Yisrael Gantz, presidente del consiglio di 40 colonie israeliane, la 4370 è la «soluzione per gli israeliani che lavorano, studiano e vanno a divertirsi a Gerusalemme». I palestinesi però non si divertono. Il centro B’Tselem a difesa dei diritti umani nei Territori occupati, sottolinea che per decine di migliaia di persone che vivono sotto occupazione «è giunta la segregazione stradale».
Jamal Jumaa, coordinatore della campagna Stop the Wall, esprime la sua amarezza: «Israele dimostra con questa strada che sta imponendo un regime di apartheid». La 4370, aggiunge, «è la continuazione logica del progetto del Muro dell’apartheid (la barriera costruita da Israele in Cisgiordania a partire dal 2002, ndr). La totalità del Muro, le strade, gli insediamenti coloniali, le zone chiuse costituiscono i confini dei nostri Bantustan».
Jumaa sottolinea che la nuova strada è uno sviluppo dei piani israeliani di espansione e costruzione di colonie nell’area strategica E1, a est di Gerusalemme. Piani che se completati spezzeranno in due la Cisgiordania annullando le residue possibilità di costruire uno Stato palestinese con un territorio omogeneo e con capitale la zona Est di Gerusalemme.
Senza dimenticare l’espulsione annunciata delle comunità beduine che vivono da decenni nell’area E1, in particolare quella di Khan al Ahmar; ordini di demolizione sono stati consegnati anche a famiglie palestinesi di Anata. Sino a due anni fa gli Stati uniti, stretti alleati di Israele, si opponevano allo sviluppo dei progetti in E1. L’amministrazione Trump ha cambiato rotta e, riconoscendo Gerusalemme capitale di Israele, di fatto ha dato il via libera a piani per il futuro della città rimasti congelati per anni.
DUE SETTIMANE FA decine di palestinesi e attivisti ebrei hanno bloccato la 4370 per diversi minuti, fino all’intervento della polizia. E hanno issato uno striscione con la scritta in arabo, ebraico e inglese «No all’apartheid, no all’annessione». A questa protesta però non ne sono seguite altre. La «comunità internazionale» ha chiuso gli occhi e taciuto di fronte all’apertura della «strada dell’apartheid».