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Tornare alla lezione di Primo Levi per difendere valori e conquiste che ci appartengono

Nicola Zingaretti 27/01/2019
Ci ritroviamo nel terzo millennio, di nuovo, di fronte all’immensa domanda esistenziale che pose al mondo Primo Levi. Chiedersi se l’uomo esista significa essere coscienti di quali siano le condizioni minime di civiltà in base a cui possiamo dirci umani. L’uomo esiste solo se si fa garante e portatore di diritti e di fratellanza.

Il 2019 segna il centenario della nascita di Primo Levi (Torino 1919-1987). Non mancheranno occasioni e possibilità per approfondire eredità e lasciti dell’intellettuale torinese, ben al di là degli anniversari. Certo è che molti interrogativi della sua testimonianza sono tornati di straordinaria attualità nel nostro tempo: tutto ciò che è accaduto non è sepolto o distante dalle pulsioni dell’umanità. Nel 1979 Levi scriveva sulle colonne della Stampa: “È un compito terribile ricordare che in Europa, e solo quarant’anni fa, un popolo e una civiltà sono stati uccisi, ma questo è pure avvenuto, e l’essere ciò avvenuto colloca il fatto orrendo fra i fatti possibili, fra i fatti ancora possibili”. Sono trascorsi altri quarant’anni da allora e l’ammonimento di quelle considerazioni è rimasto intatto, se possibile ancora più forte.
Due i piani di riflessione possono condurre alla lucida visione di un testimone che con la sua scrittura ha segnato generazioni, raccogliere così la sfida di una nuova Giornata della Memoria che non sia rituale o banale ma tenga conto del nostro tempo, delle minacce che lo abitano, del tentativo di colpire i frutti più importanti della costruzione del dopoguerra (l’Europa innanzitutto).
Il primo piano è quello dell’impegno di una testimonianza consapevole: viaggi della memoria, iniziative nelle scuole o nelle università, letture e materiali di supporto alla didattica come veicolo per socializzare pagine di passato e costruire un percorso comune con chi allora non c’era. La memoria della Shoah come impegno di singoli, associazioni, istituzioni. Una risorsa cruciale di una comunità nazionale che non vuole perdersi, né smarrire il senso di una direzione di marcia.
Il secondo piano è quello del presente e dei suoi fantasmi. Chi meglio di Primo Levi per ricordarci che nulla è acquisito per sempre, che dobbiamo vigilare con rigore, che la nostra culla di prosperità e benessere in un pezzo di mondo è minacciata da intolleranze, razzismi, forme vecchie e nuove di xenofobia o nazionalismo. Lo vediamo intorno a noi, nelle reazioni contro i diversi, nelle forme di chiusura o nell’odio che si manifesta quando sembrava sconfitto. Tornare alla lezione di Primo Levi per immergersi nelle contraddizioni di un tempo difficile, non per guardare indietro ma per continuare a difendere valori e conquiste che ci appartengono. Per non dimenticare, per guardare al futuro con speranza, per presidiare la nostra umanità.