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SPAGNA. Otto attivisti BDS a processo, rischiano quattro anni

Marco Santopadre 15 gennaio 2019
Nel 2015 gli accusati hanno chiesto la cancellazione del concerto di Matisyahu, cantante statunitense filo-israeliano vicino a gruppi fondamentalisti ebraici. Gli attivisti sono stati denunciati per reati di minacce, incitamento all’odio e violenza privata.

Alla crescita del vasto movimento che si batte per il boicottaggio economico, politico e culturale dell’occupazione dei territori palestinesi, Israele e le sue diramazioni in Europa e negli Stati Uniti rispondono in maniera sempre più aggressiva.
Nello Stato Spagnolo otto persone rischiano di finire in carcere per quattro anni proprio in virtù della loro partecipazione a una campagna di boicottaggio. Tra queste ci sono Jorge Ramos Tolosa, professore di Storia Contemporanea all’Università di Valencia, Irene Esteban, militante femminista, e Imma Milàn, docente della scuola secondaria.
Nel 2015 i tre attivisti per i diritti umani hanno portato avanti, insieme ad altri, una campagna rivolta agli organizzatori del festival reggae Rototom Sunsplash di Benicàssim – approdato nel Paese Valenzano dall’Italia – affinché cancellassero il concerto di Matisyahu (Matthew Paul Miller), un cantante statunitense filoisraeliano e seguace di gruppi ebraici fondamentalisti.
L’artista è noto per aver collaborato alla raccolta di fondi per l’esercito israeliano insieme all’associazione degli Amici delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), per l’Aipac, la potente lobby filoisraeliana attiva negli Stati Uniti, e per ‘StandWithUs’, un gruppo di propaganda antipalestinese legato a Tel Aviv. Non solo: Matisyahu ha collezionato un consistente numero di esplicite prese di posizione, come quando ha negato l’esistenza storica e l’identità del popolo palestinese o ha giustificato la strage compiuta nel 2010 dalle teste di cuoio israeliane a bordo della Mavi Marvara, una delle imbarcazioni che facevano parte della Freedom Flotilla (un convoglio internazionale di solidarietà che tentava di portare aiuti umanitari alla popolazione della Striscia di Gaza assediata da Tel Aviv).
Proprio nel 2015 Miller pubblicò una foto insieme ad un colono israeliano accusato di aver bruciato vivi tre palestinesi provocandone la morte.
Per questo i tre valenzani Jorge Ramos, Irene Esteban e Imma Milán, insieme ad altri attivisti catalani, chiesero al Rototom, in coerenza con i valori di libertà e il rispetto dei diritti umani che almeno teoricamente il festival afferma di difendere, di rinunciare a far suonare un cantante così fortemente schierato a favore delle politiche coloniali e militariste di Israele. 
“La ripetuta difesa di Miller dei crimini di guerra israeliani e le gravi violazioni dei diritti umani, l’incitamento all’odio razziale e le connessioni con gruppi estremisti e violenti fondamentalisti in Israele sono in diretta contraddizione con diritti umani e principi di pace e spirito di questo festival” spiegavano i coordinatori della campagna BDS agli organizzatori del festival.
La campagna di pressione si svolse per lo più sui social network, riuscì a sollevare la questione – soprattutto grazie alle furiose polemiche scatenate dagli ambienti filoisraeliani e alle prese di posizione di alcuni degli altri ospiti previsti – ma non a impedire la prevista esibizione di Matisyahu.
Quando la direzione del festival chiese a Miller di pronunciarsi apertamente a favore del diritto dei palestinesi ad avere un proprio stato e contro la discriminazione ottenne uno sdegnato rifiuto costringendo gli organizzatori ad annullare la data. A quel punto gli ambienti filoisraeliani, compresa la Federazione delle Comunità Ebraiche Spagnole, accusarono il festival di essere “razzista e antisemita”. Gli organizzatori cedettero e fecero pubblicamente ammenda. Alla fine il concerto di Miller si svolse regolarmente.
Si trattò di una campagna totalmente pacifica, eppure ora gli attivisti rischiano una pena di quattro anni di reclusione e l’inabilitazione dai pubblici uffici. Ramos, Esteban e Milàn e altri cinque attivisti sono infatti stati denunciati per i reati di minacce, incitamento all’odio e violenza privata e ieri sono comparsi davanti a un giudice del tribunale di Valencia, avvalendosi della facoltà di non rispondere alle domande della corte. 
Il procedimento giudiziario è partito nel 2017, frutto della denuncia presentata dall’avvocato Abel Isaac de Bedoya Piquer, presidente del “Comitato Legale contro l’Antisemitismo e la Discriminazione” e negli ultimi anni difensore di vari esponenti dell’estrema destra neofascista e di alcuni dirigenti del Partito Popolare processati per corruzione.
“Il processo nei nostri confronti – denunciano gli attivisti, che ovviamente si appellano alla libertà di espressione – mira a zittire il dibattito generato dal movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni a Israele e a criminalizzare le sue campagne. Nulla a che vedere con l’antisemistismo”.
“L’identità religiosa dell’artista non ha mai avuto alcuna importanza per noi. Qualsiasi persona – indipendentemente dalla sua identità – che difenda o collabori con i crimini razzisti e violenti di Israele non è coerente con un festival come il Rototom Sunsplash” affermava nel suo appello la campagna Defensem el Drets Humans.
Sabato al Palazzo delle Esposizioni di Valencia si è svolta una manifestazione di solidarietà con gli attivisti processati alla quale hanno partecipato il musicista Pau Alabajos, la giornalista – recentemente vincitrice del premio ‘Palestine International Award for Excellence’ – la coordinatrice europea del International Jewish Anti-Zionist Network (IJAN), Liliana Córdova – figlia di una sopravvissuta alla Shoah – e la deputata al parlamento valenzano Rosa de Falastin Mustafà.
Che si arrivi a meno a una condanna degli otto attivisti, è la prima volta che una campagna di boicottaggio pacifica e pienamente legittima finisce nelle stanze di un tribunale spagnolo, il che, avvertono gli attivisti filopalestinesi, costituisce di per sé un grave e preoccupante precedente.