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PALESTINA/ISRAELE. Bloccata dalle proteste “la strada dell’apartheid”

24 gennaio 2019, Nena News
Decine di manifestanti sono riusciti ieri a bloccare temporaneamente le vie di accesso alla nuova arteria a est di Gerusalemme, fisicamente divisa in due da un muro dalle autorità israeliane.

Un nuovo strumento di annessione delle terre della Cisgiordania e un passo in avanti nella realizzazione della “Grande Gerusalemme” israeliana.

Hanno marciato portando con sé uno striscione che in arabo, ebraico e inglese diceva: “No all’apartheid, no all’annessione”. Ieri decine di palestinesi e di attivisti sia israeliani che stranieri sono riusciti a bloccare, almeno temporaneamente, la nuova strada realizzata dalle autorità israeliane in Cisgiordania e subito ribattezzata “la strada dell’apartheid”.

I manifestanti hanno bloccato gli ingressi dell’arteria, la Road 4370, che gira intorno a Gerusalemme. O meglio, la prima sezione perché i lavori non sono conclusi: una volta terminata la strada creerà un anello intorno alla zona est della Città Santa. Quella che collega alla Cisgiordania. A suggerirne il nome è però la divisione concreta, fisica, della strada: le corsie sono separate da un muro di cemento alto otto metri, una è utilizzabile ai coloni israeliani in Cisgiordania e l’altra ai palestinesi residenti nella stessa enclave.

Perché? Ai palestinesi con carta d’identità verde, della Cisgiordania, Israele non riconosce il diritto di entrare liberamente a Gerusalemme e in territorio israeliano: la divisione della strada impedirà loro (cosa che accadeva già con il muro e i checkpoint militari) di accedere alla Città Santa. Al contrario, per i coloni il percorso verso Gerusalemme sarà più breve e rapido.

“Siamo venuti a protestare contro l’apertura di quella che è nei fatti una strada dell’apartheid – spiega alla stampa una delle manifestanti, Maya – Questa strada va a beneficio dei coloni. Non accettiamo strade segregate su terra palestinese”. Ben diversa la posizione dei coloni e delle autorità israeliane. Yisrael Gantz, presidente del consiglio regionale di Binyamin (che comprende oltre 40 colonie in Cisgiordania) descrive la 4370 come “una linea di ossigeno per i residenti della regione, che lavorano, studiano e vanno a divertirsi a Gerusalemme”. Ma non tutti i residenti: solo i coloni israeliani.

Nei giorni scorsi ha parlato anche il governo israeliano, con il ministro della pubblica sicurezza Gilad Erdan che durante la cerimonia di inaugurazione ha palesemente detto che l’obiettivo è “rafforzare la nostra sovranità nella regione”.

Non sono dello stesso avviso i palestinesi. Compresi quelli che ieri hanno bloccato la 4370. La polizia israeliana è intervenuta per disperdere i manifestanti con gas lacrimogeni e granate stordenti: due di loro sono stati arrestati e quattro sono rimasti feriti.

Una vista della Road 4370, la “strada dell’apartheid” (Fonte: Twitter)

La scorsa settimana era stata Hanan Ashrawi, membro storico dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, a condannare l’ultimo atto di annessione di terre palestinesi: la strada parte dal villaggio beduino di Khan al-Ahmar (che da anni Tel Aviv tenta di sgomberare) e la mega-colonia di Maale Adumim, ovvero in piena area E1, quella che le autorità israeliane cercano di colonizzare per realizzare la “Grande Gerusalemme” e collegare senza soluzione di continuità la Città Santa alle colonie in Cisgiordania. Per i palestinesi non significherà solo la cacciata e l’espulsione di migliaia di persone ma anche la divisione della Cisgiordania in due parti, non più contigue.



“Con il sostegno totale dell’attuale amministrazione Usa – ha detto Ashrawi – Israele sta distruggendo con successo la contiguità territoriale e l’integrità territoriale della Cisgiordania per realizzare la sua impresa coloniale di insediamento e facilitare la creazione di bantustan in tutta la Palestina occupata”. La leader si è poi rivolta alla Ue e alla comunità internazionale “perché affrontino queste manifestazioni palesi di razzismo coloniale e costringano Israele a rispondere del suo unilateralismo fuorilegge e dei suoi crimini di guerra con ogni misura efficace, comprese le sanzioni”.