General

Muri, tunnel e tensione: al confine tra Libano e Israele

Roberto Renino e Paride Turlione 18 gennaio 2019
Una serie di episodi degli ultimi giorni stanno dando la misura del conflitto a bassa intensità tra i due paesi: barriera rafforzata, tunnel distrutti, aerei che violano lo spazio aereo.

Il governo di Beirut si rivolge all’Onu. La calma che regna alla frontiera è solo apparente.
Continua a salire la tensione tra Libano e Israele, il primo da otto mesi in attesa della formazione di un nuovo governo e il secondo sempre più vicino alle elezioni anticipate di aprile. La fase discendente della guerra in Siria e l’avvio di un abbozzato processo di ricostruzione hanno riacceso le frizioni sopite (ma mai risolte) tra i due paesi. Ulteriori segnali di nuove ostilità sono iniziati a emergere a dicembre, quando l’esercito israeliano ha lanciato l’Operazione “Scudo del Nord”.
Lo scopo dell’intervento è individuare e distruggere i tunnel scavati (secondo l’esercito israeliano) da Hezbollah, ritenuti una grave minaccia alla sovranità dello Stato ebraico. I tunnel, infatti, oltrepassano la Blue Line, il confine presidiato dalle forze d’interposizione dell’Unifil che dovrebbero garantire il rispetto della Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Le gallerie superano anche il muro innalzato dal 2012 per iniziativa israeliana come ulteriore garanzia alla propria sicurezza. Il muro in sé, non violando l’integrità territoriale, non è stato osteggiato dal Libano durante la sua costruzione.
Giovedì 10 gennaio, però, l’innalzamento di 25 nuovi blocchi di cemento ad Adaisseh ha innescato una rapida escalation della tensione. Immediata la reazione del Consiglio Superiore della Difesa libanese, secondo cui sei dei blocchi sarebbero stati eretti in territori disputati, costituendo una violazione della sovranità del Libano. Dello stesso parere è il ministro degli Esteri libanese Gebran Bassil, che lo stesso giorno ha dichiarato l’imminente denuncia al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, appellandosi alla Risoluzione 1701, che garantisce il sostegno “per l’integrità territoriale, per la sovranità e per l’indipendenza politica del Libano all’interno dei confini riconosciuti dalla comunità internazionale”. Allo stesso documento, in vigore dalla fine della guerra del 2006, si è appellato Israele per agire contro la minaccia dei tunnel, condannati anche dall’Unifil.
Venerdì 11 gennaio, in reazione agli eventi del giorno precedente, entrambi gli eserciti hanno aumentato il personale attivo lungo il confine. Poche ore dopo l’annuncio del ministro, alcuni aerei da guerra dell’aviazione israeliana hanno sorvolato a bassa quota i cieli di Beirut e di altre aree del Libano, violandone nuovamente il territorio, proprio durante l’arrivo dei nuovi rinforzi dell’Esercito Libanese nell’area di Adaisseh. Oltre i cieli, Israele viola anche le acque territoriali del suo vicino settentrionale: le numerosissime rilevazioni di vascelli militari nemici mantengono in costante allerta i servizi di sicurezza libanesi. La prassi è così frequente da essere considerata ordinaria dall’Unifil che, ad ora, non ha ancora espresso alcuna condanna nei confronti delle manovre israeliane degli ultimi giorni.
La lunga serie di episodi delle ultime settimane ha contribuito ad alzare la tensione tra Libano e Israele e a riportare l’attenzione dei rispettivi paesi e della comunità internazionale sulla questione dei confini sorvegliati dalle forze dell’Unifil. La questione ricopre un ruolo decisamente importante in entrambi i paesi e comporta ripercussioni sensibili anche sulla loro politica interna.
In Libano, dove sono ancora vividi i ricordi e i segni delle precedenti invasioni israeliane, ognuno degli episodi citati sullo sconfinamento dell’esercito israeliano è serio motivo di preoccupazione. Le impunite violazioni sia della sovranità dello Stato libanese che della Risoluzione 1701, sono parte della politica aggressiva e provocatrice di Israele, che tenta di applicare il suo modus operandi interno anche nelle relazioni con il Libano. La frequenza con la quale si ripetono le violazioni dimostra ancora una volta la riluttanza di Israele nel rispettare le basi del diritto e dei patti internazionali. Difatti, la Risoluzione 1701, invocata dal governo israeliano per giustificare l’operazione “Scudo del Nord”, viene violata in prima istanza dalle stesse forze israeliane. La fermezza nel contrastare la violazione della Risoluzione da parte di Hezbollah contrasta con la leggerezza con la quale viene ignorata durante le numerose operazioni israeliane oltreconfine.
Dal canto suo, Hezbollah continua con la sua politica di silenzio, senza aver rilasciato dichiarazioni in merito alla scoperta del sesto (e possibilmente ultimo) tunnel. La scoperta è avvenuta nella notte tra sabato 12 e domenica 13 gennaio. Al Manar, il canale d’informazione del partito, a fine giornata ha riportato solo l’interruzione dei lavori dei mezzi israeliani nei territori contesi. L’evento ha determinato una parziale distensione della situazione, dal momento che i veicoli dell’esercito libanese, schierati nell’eventualità di un’escalation, si sono allontanati dalla zona. Il Partito di Dio gioca una partita intensa sia all’interno del paese che al confine, tenendo ancora in stallo la formazione del governo e mantenendo salda la propria presenza e il proprio controllo sulle aree sensibili sia al confine con la Siria che con Israele.
A Gerusalemme, invece, il governo di Netanyahu ha bisogno di una crisi a nord (e quella dei tunnel è perfetta) per concentrare ancora una volta l’attenzione pubblica su una minaccia esterna, distogliendola dagli scandali di corruzione emersi nelle scorse settimane, in vista delle elezioni anticipate ad aprile. L’autodefinitasi “unica democrazia del Medio Oriente” potrebbe dunque ritrovarsi in uno scenario decisamente lontano dall’essere democratico: non sarebbe infatti la prima volta che nella regione una situazione di emergenza risulti in una limitazione dei diritti civili e politici, giustificata da una minaccia alla sicurezza (vedi Turchia, Siria ed Egitto).
La visita di Netanyahu in persona sui luoghi dell’operazione Scudo del Nord nella giornata di domenica, contribuisce a legare a filo doppio la figura del primo ministro con la guerra contro Hezbollah, facendosi immortalare come garante della sicurezza del paese. Nonostante la pioggia, gli operai israeliani stanno continuando la costruzione di un’ulteriore recinzione sulla sommità del muro in cemento sotto l’occhio vigile delle truppe dell’Unifil e dell’esercito libanese.