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Ecco il volto oscuro della polizia brasiliana

ROBERTA TESTA – 4 GENNAIO 2019
La violenza a danno delle donne di colore: la piaga che coinvolge la polizia brasiliana.

Jair Bolsonaro si è insediato ufficialmente promettendo dinanzi a tutto il Brasile «una società senza discriminazione o divisione». Il neo presidente ha dichiarato al Congresso di voler fare tutto quanto in suo potere per liberare il Paese dalla corruzione, dal crimine e dalla mala gestione economica.
Bellissime parole, ma ora? Dopo la valanga di critiche e preoccupazioni seguite al suo ampio sostegno popolare che lo ha portato a vincere -stravincere- le elezioni, arriva per lui il momento di dimostrare i fatti. E le sfide che gli si stagliano di fronte non sono mica da poco.
A proposito di sfide, Bolsonaro dovrà fare i conti con una delle maggiori piaghe presenti nelle città brasiliane: la violenza perpetrata dagli agenti di polizia, un fenomeno ricco di paradossi. Innanzitutto, i brasiliani temono sia lo stesso crimine che la polizia; gli agenti di colore hanno picchiato per diverso tempo gli stessi civili neri e, -ciliegina sulla torta- i funzionari governativi rifiutano la responsabilità stigmatizzando la polizia su basi razziali.
Per capire meglio il fenomeno, andiamo indietro nel tempo ripercorrendo alcuni degli episodi più significativi. Il 16 marzo 2014, la polizia ha ferito gravemente la trentottenne Cláudia da Silva Ferreira nella comunità di Madureira a Rio de Janeiro durante una sparatoria con dei presunti trafficanti di droga. Gli agenti hanno aspettato prima la fine della propria ‘missione’ per poi caricare Silva nel bagagliaio della macchina per portarla in ospedale. Sulla strada, Silvia è caduta dal bagagliaio e appesa ai suoi vestiti, ha proseguito il suo viaggio trascinata sull’asfalto per circa 250 metri. Nessuno se n’è preoccupato prima. All’ospedale, Silvia non è arrivata viva.
Circa quattro anni dopo, un altro episodio ha coinvolto la consigliera di Rio de Janeiro, Marielle Franco mentre stava tornando a casa con il suo autista e la sua assistente; un’auto non identificata si fermò accanto a lei e sparò ripetutamente alla testa, uccidendola. Poco dopo si è scoperto che le pallottole provenivano da alcune munizioni che la polizia aveva acquistato a Brasilia nel 2006, con le quali -tra l’altro- il presunto squadrone pare abbia massacrato 17 persone nel 2015.
La violenza perpetrata dalla polizia, insomma, è un fenomeno che colpisce gravemente gli uomini di colore, ma colpisce ancor di più le donne. Fucilate, torturate e uccise dalla polizia, violentate e terrorizzate per le minacce fisiche.
Come la morte di Cláudia Ferreira e di Marielle Franco poi, si è riaccesa l’attenzione su di un fenomeno noto ora quanto nel passato in tutto il continente americano. Per molti, l’assassinio della consigliera è da attribuirsi alla figura che la stessa ha quantomeno tentato di rappresentare: Marielle era l’incarnazione di un nuovo paradigma nella politica brasiliana: era bisessuale, nera, madre, socialista, apertamente critica nei confronti della repressione dovuta a questioni di razza.
Per anni, Marielle ha denunciato le forze di polizia militarizzate e le attività clandestine orchestrate dalla polizia e dalle altre forze armate. Nel 2014, ha finanche scritto la sua tesi di master sullo stesso argomento. «La politica del Dipartimento della Sicurezza dello Stato di Rio de Janeiro mantiene le caratteristiche di uno Stato Penale…gli elementi centrali che definiscono questa realtà sono l’azione di polizia militarizzata, la repressione dei residenti [delle favelas], l’inesistenza dei diritti e lo spostamento di residenti dalle loro comunità alle periferie della città (cosa che accade in molti casi)», scriveva.
Insomma, Marielle Franco rappresentava una minaccia per lo status quo. La sua morte è stata una perdita devastante per il movimento socialista brasiliano, per quello delle donne di colore e per tutti coloro che continuano a sperare in un futuro diverso; in Brasile come altrove.
Nel mese di Agosto dello scorso anno, poi, sono emersi ulteriori dettagli sugli omicidi predetti. Gli investigatori di Rio hanno iniziato a sospettare di alcuni poliziotti ed ex militari. L’Office of Crime il nome dato al gruppo, una sorta di ‘squadrone della morte’. Storicamente legati alla polizia segreta fin dal primo Novecento, gli squadronisono stati per anni il volto oscuro della polizia brasiliana.
Legati alle milizie che terrorizzano le favelas di Rio, si tratta di organizzazioni costituite principalmente da poliziotti, pompieri e guardie carcerarie, (ancora in servizio o in pensione), che garantiscono la sicurezza dei residenti di alcuni quartieri disagiati in cambio di un canone mensile; questa la denuncia raccolta dalla popolazione. Il quartier generale dell’Ufficio del crimine si troverebbe proprio vicino al luogo dove sono state uccise le due donne Franco e Gomes.
Poi, nel 2016, nello stato nord-orientale di San Paolo, un altro episodio di violenza: da un raffronto con la classe operaia di Jardim Paiva, la polizia ha preso di mira Luana Barbosa dos Reis, 34 anni. Gli ufficiali le si sono avvicinati bruscamente ordinandole di aprire le gambe e di stare con le mani dietro la testa contro un muro. Luana non avrebbe dovuto seguire il protocollo dedicato agli uomini, protestò e uno degli ufficiali la colpì.
Più tardi, quando sua sorella andò a prenderla alla stazione di polizia, Luana era completamente sfigurata e non poteva camminare. La polizia avrebbe permesso a Luana di andarsene solo a una condizione: doveva firmare una dichiarazione di responsabilità per l’incidente. Roseli, sua sorella, ha provveduto a riprendere tutto con un video, al fine di creare una contro-narrazione. Cinque giorni dopo, Luana è morta in ospedale.
La forza e l’audacia di denunciare mette tuttora a rischio queste persone: rischi di torture e persino di morte. Sia Marielle Franco che Aurina Rodrigues Santana, infatti, sono state assassinate dopo denunce dirette, pubbliche e formali di abusi della polizia.
Bolsonaro dovrà prendere atto di quanto accade ancora in Brasile e, soprattutto, trovare un modo per garantire quella sicurezza che tanto ha promesso in campagna elettorale. Si ripenserà forse ad una riforma della polizia o forse no, ma ciò che è certo è che la democratizzazione in Brasile è profondamente intrecciata -ancora- con il futuro dei suoi cittadini dalla pelle più scura.