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Giulio Regeni, da Roma riparte la battaglia per la verità. I genitori: “Non molliamo”

Umberto De Giovannangeli 05/12/2018
L’avvocato della famiglia: “Dalle indagini, i nostri brandelli di verità, sono almeno 20 i nomi delle persone coinvolte nel sequestro e nell’uccisione”.

Il silenzio non calerà su Giulio Regeni. Almeno fino a quando vi sarà una Procura (quella di Roma) determinata a non farsi irretire dalla valanga di depistaggi e falsità proveniente dal Cairo, una famiglia coraggiosa, una comunità decisa a continuare a battersi, come già è avvenuto in questi 34 mesi, perché l’assassinio di Stato perpetrato al Cairo contro il giovane ricercatore friulano, non rimanga impunito. Un mondo solidale che si è ritrovato nel tardo pomeriggio nella sede della Federazione nazionale della stampa italiana a Roma, assieme ai genitori di Giulio, Paola e Carlo, al legale della famiglia, Alessandra Ballerini e al loro consulente Ahmed Abdallah. E la prima, importante notizia, viene dall’avvocata Ballerini. “Dalle nostre indagini, i nostri brandelli di verità, sono almeno 20 i nomi delle persone coinvolte nel sequestro e nell’uccisione di Giulio”, afferma la legale della famiglia Regeni, specificando che si tratta “per lo più di generali e colonnelli della National Security egiziana”. Ha inoltre aggiunto che “la lista potrebbe allungarsi fino a 40 persone”.
L’avvocata Ballerini fa nomi e cognomi, “grazie ai nostri consulenti in Egitto, che sono degli eroi, perché mettono a repentaglio la sicurezza loro e delle loro famiglie per ottenere i documenti che provano quanto denunciamo. Abbiamo venti nomi, ma sono necessariamente coinvolte molte più persone. Devono avere paura. Confidiamo che siano abbastanza avveduti da parlare per primi, che si facciano avanti. E ci affidiamo alla coscienza di chi ha torturato Giulio perché parli”, incalza. I nomi noti sono quelli dei responsabili delle indagini condotte su Giulio prima della sua morte. Tra questi, il generale a capo della National Security egiziana. “Non sappiamo se al-Sisi sia stato informato delle indagini, ma sarebbe inusuale se così non fosse”, risponde Ballerini a chi gli chiede fin dove arriva il coinvolgimento delle autorità egiziane. “Tra i venti nomi ci sono generali, colonnelli. Vogliamo che oggi loro sentano di non essere al sicuro. Devono sapere che se lasciano l’Egitto possono essere arrestati perché sono coinvolti nel sequestro, nelle torture e nell’omicidio di Giulio”, ribadisce la legale. Claudio Regeni ringrazia i giornalisti italiani per la loro vicinanza e i consulenti della famiglia in Egitto e poi ricorda la vicenda di Amal Fathy, da mesi in carcere per il suo sostegno alla causa dei diritti umani in Egitto, moglie di Mohamed Lotfy, “che ci aiuta a cercare verità e giustizia e per questo sta pagando un caro prezzo. Una ricerca che perseguiamo per Giulio e per tutti i Giulio e le Giulie d’Egitto e del mondo», dice il padre di Giulio.
“Grazie a tutta la squadra, perché è questo che siamo diventati: una squadra, con i legali, le associazioni, la scorta mediatica, i cittadini che ci sostengono, la Procura che ha continuato a indagare”, dice Paola Deffendi, mamma di Giulio. Coraggio, determinazione, dignità. Sono i sentimenti che permeano le riflessioni dei genitori di Giulio: “Il 25 gennaio saranno tre anni che non sentirò Giulio – dice Paola -. Noi non abbiamo ceduto e non lo faremo neanche in futuro. Lo sappiano in Egitto e altrove. Il dato certo è che in questa storia non c’è nulla in regola”. E la conferma viene anche da altri protagonisti di questa battaglia di verità, intervenuti alla conferenza stampa. “Quando ero in Parlamento, da esponente del centrosinistra al Governo, ho criticato l’atteggiamento del Governo italiano che definiva il regime di al-Sisi interlocutore, alleato e buon amico. Oggi però assistiamo a un salto di qualità: in 35 giorni, quattro visite di esponenti dell’esecutivo al capo di quel regime dispotico. Da buona amicizia siamo passati a indecorosa promiscuità”, denuncia l’ex senatore Luigi Manconi, già presidente della commissione Diritti Umani e oggi direttore dell’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali. Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione nazionale della stampa, aggiunge: “Va tenuta alta la scorta mediatica sul caso di Giulio e sui tanti cronisti che rischiano la vita per fare informazione e sui tanti cittadini cancellati e privati dei diritti fondamentali”. “Il governo italiano non può voltare la testa dall’altra parte in nome di rapporti economici e diplomatici con l’Egitto, incalza il segretario della Fnsi Raffaele Lorusso.
Prima della conferenza stampa, i genitori di Giulio erano stati ricevuti a Montecitorio dal presidente della Camera, Roberto Fico. L’incontro è avvenuto a pochi giorni dall’annuncio dello stop di ogni relazione tra la Camera dei deputati e il Parlamento egiziano. È giusto interrompere i rapporti con l’Egitto fino a quando il Cairo non dimostrerà la volontà di fare passi avanti sul caso-Regeni. Ad affermarlo è stato il presidente della Camera, incontrando i giornalisti dopo aver ricevuto la famiglia del ricercatore ucciso in Egitto. “Il punto fondamentale è questo – ha spiegato – i rapporti sono a repentaglio e sono stati sempre a repentaglio negli ultimi tre anni, perché in Egitto è stato sequestrato, torturato e ucciso un nostro ricercatore. Questo è il motivo e ben venga mettere a repentaglio tutti i rapporti dal punto di vista economico, culturale e sociale perché non possiamo andare avanti in questi rapporti nel momento in cui l’Egitto non dimostra la volontà di fare passi in avanti”. Fico ha sottolineato: “Quando sono andato in Egitto ho parlato con il presidente del Parlamento egiziano, con il presidente al-Sisi e ho avuto le solite rassicurazioni, dicendo che sarebbe stato rimosso qualsiasi tipo di ostacolo che si frapponeva alla ricerca della verità. Questo non è avvenuto”. “Io – ha ricordato – sono andato a settembre, ci dovevano essere sviluppi a novembre. La nostra Procura di Roma ha fatto un lavoro encomiabile, è andata al Cairo la scorsa settimana e non c’è stato un solo passo in avanti, nonostante più di nove mesi fa fossero stati dati elementi molto importanti”. Il presidente della Camera ha aggiunto: “Nell’ultimo anno c’è stato uno stallo. A questo punto, se dobbiamo fare verità e giustizia, i nuovi elementi che ci sono è che la procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati – perché doveva farlo, visto che aveva elementi saldi – cinque alti ufficiali del sistema egiziano”. “Questo – ha precisato – sono andato a dirlo ad al- Sisi: guarda che Giulio Regeni non è stato torturato da normali cittadini egiziani, è stato ucciso da un sistema e dovete aver il coraggio di cacciare fuori il sistema. Se questo non avviene non vedo perché la Camera dei deputati debba avere rapporti oggi con il Parlamento egiziano. Non ci sono le condizioni. Oltretutto, nella capigruppo della Camera dei deputati tutti hanno preso la parola – dal Pd alla Lega, al Movimento, a Fdi e Fi – e tutti si sono dichiarati favorevoli alla mia decisione. Tutti, senza se e senza ma”. Giulio, – ha aggiunto – era un ricercatore italiano ma anche un cittadino europeo. Quindi del suo caso si dovrebbe interessare tutta l’Europa, perché tutti i Paesi europei fanno investimenti in Egitto.”.
Un fronte unito, almeno, a parole, atteso alla prova dei fatti. Perché di parole se ne sono dette tante, come tante le lacrime di coccodrillo versate. Saranno i fatti a misurare la reale volontà non di una Procura (che ha già dato prova di sé), ma di un Governo che non può pensare di incidere sul presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi invocando una coerenza e un impegno che al Cairo sono sconosciuti. E questo il Governo italiano lo sa bene. Come sa altrettanto bene quanto siano vere le parole di Paola Regeni: “In questa storia non c’è nulla in regola”. La sola cosa in regola è la determinazione a non mollare in questa battaglia di verità e di giustizia. Che unisce quanti, in Italia e in Egitto, non hanno mai smesso di combattere. Ed ha una valenza altamente simbolica il fatto che a chiudere la conferenza stampa sia stato il consulente egiziano della famiglia Regeni, Ahmed Abdallah: “Chi ha rapito, torturato e ucciso Giulio pagherà per quello che ha fatto”. Più che una promessa, è un impegno che il “mondo di Giulio” porterà avanti.