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FOCUS ON AFRICA. Esproprio della terra in Sud Africa, protesta dei medici in Zimbabwe

Federica Iezzi 8 dicembre 2018
La nostra consueta rubrica del sabato ci porta anche in Burundi dove il governo avrebbe chiesto al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite di chiudere il suo ufficio nel Paese entro due mesi.

Sud Africa
Il parlamento sudafricano ha approvato un rapporto che approva un emendamento costituzionale che consentirebbe l’esproprio della terra senza compenso o indennizzo.
La proprietà terriera è ancora un’aperta questione in Sud Africa, dove la disuguaglianza razziale rimane radicata più di due decenni dopo la fine dell’apartheid, quando milioni di civili della maggioranza nera furono espropriati della loro terra dalla minoranza bianca.
Il presidente Cyril Ramaphosa, che ha sostituito Jacob Zuma al governo lo scorso febbraio, ha dato la priorità alla ridistribuzione della terra, mentre cerca di unire il frammentato African National Congress (ANC) e ottenere il sostegno pubblico prima delle elezioni del prossimo anno.
I partiti di opposizione, guidati dalla Democratic Alliance rimangono estremamente critici nei confronti dei piani del governo, che di fatto metteranno a repentaglio i diritti di proprietà e allontaneranno i grandi investitori.
Zimbabwe
Entra nella seconda settimana il secondo grande sciopero del 2018 dei medici zimbabwiani occupati negli ospedali pubblici, per chiedere migliori condizioni economiche, mentre il governo del presidente Emmerson Mnangagwa lotta con un’economia in deterioramento.
La nazione dell’Africa meridionale dal 2009 fa i conti con picchi esponenziali di prezzi e carenza di beni di prima necessità, tra cui medicine e carburante. L’inflazione annuale è del 20,85%.
Dalle ultime stime più della metà dei medici del settore pubblico ha aderito allo sciopero.
Ogni ospedale è a corto di strumenti medicali e dipende dalle disponibilità economiche degli stessi pazienti, costretti a comprare farmaci e materiale sanitario per i propri trattamenti ospedalieri.
Già lo scorso marzo, i medici aderirono ad un esteso sciopero, con il risultato di un aumento delle retribuzioni e delle indennità, mettendo fine alla prima grande disputa sul lavoro che Mnangagwa ha affrontato da quando prese il potere.
Burundi
Il governo del Burundi avrebbe chiesto al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite di chiudere il suo ufficio nel Paese entro due mesi, secondo ministero degli Esteri e fonti ONU.
Il governo del Burundi sta diventando sempre più radicale e provocatorio nei confronti della comunità internazionale. Il Paese ha sospeso la collaborazione con l’ufficio per i diritti umani ormai dall’ottobre 2016.
Il governo ha accusato l’organismo internazionale di ‘complicità’ nella stesura di un rapporto delle Nazioni Unite che evidenziava gravi violazioni dei diritti umani e possibili crimini contro l’umanità, da parte delle autorità burundesi.
La Nazione dell’Africa orientale è stata coinvolta in una crisi politica da quando il presidente Pierre Nkurunziza ha annunciato la sua controversa candidatura per un terzo mandato presidenziale nell’aprile 2015. Poi conclusosi con una rielezione nel luglio dello stesso anno.
Le violenze che hanno accompagnato la crisi hanno ucciso almeno 1.200 persone e ha creato più di 400.000 sfollati tra l’aprile 2015 e il maggio 2017, secondo le stime del Tribunale Penale Internazionale.
Il Burundi ha boicottato lo scorso novembre un vertice della comunità dell’Africa orientale, concentrato sulla crisi politica in corso nel Paese. Scontri aperti anche con l’Unione Africana (UA), in seguito all’emissione di un mandato di arresto contro l’ex presidente Pierre Buyoya, attualmente inviato di pace dalla stessa UA.
Nel 2017, il Burundi ha abbandonato il Tribunale Penale Internazionale dopo che quest’ultimo aveva avviato un’indagine sulle presunte atrocità commesse nel Paese.