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ROJAVA. Kobane World Day, la democrazia contro le barbarie

1 novembre 2018, Nena News
Si festeggia oggi la Giornata mondiale di Kobane, a quasi quattro anni dalla liberazione del cantone curdo siriano dall’occupazione dell’Isis.

Da allora la città si è ripopolata ma la regione resta sotto la minaccia della Turchia.

Si festeggerà in mezzo mondo: da oggi, Giornata mondiale per Kobane, fino a domenica iniziative ed eventi per ricordare la resistenza del cantone curdo siriano contro lo Stato Islamico si terranno in Italia, a Pantelleria, Roma, Cosenza, in Francia da Marsiglia a Lione, in Germania a Berlino e Amburgo. E poi Londra, Sidney, Stoccolma, Copenaghen, Oslo (la lista completa su www.worldkobaneday.com).
Sono trascorsi quasi quattro anni dalla liberazione della città, attaccata dall’Isis nel settembre 2014 e liberata il gennaio successivo dalle unità di difesa popolare curde, le Ypg e le Ypj. Una resistenza popolare che ha attirato l’attenzione del mondo, poi affievolita nonostante la regione di Rojava sia tuttora sotto attacco. Non più dall’Isis, ma dalla Turchia, presente da agosto 2016 con le proprie truppe nel nord della Siria e impegnata in una serie di operazioni che all’inizio del 2018 hanno portato all’occupazione e lo sfollamento del cantone di Afrin, uno dei tre cantoni pilastro del confederalismo democratico di Rojava.
Di nuovo ieri l’artiglieria turca ha colpito i villaggi di Selim e Kor Ali, ad ovest di Kobane uccidendo – secondo i media turchi – quattro combattenti curdi. L’ultima minaccia del presidente Erdogan è di martedì, due giorni fa: “Distruggeremo la struttura terroristica a est dell’Eufrate – ha detto in parlamento – Abbiamo completato la fase preparatoria e il programma in merito”. L’obiettivo dichiarato di Ankara è l’occupazione totale del nord della Siria, Rojava, da Afrin al confine con l’Iraq nell’idea di creare una zona cuscinetto sotto il controllo turco che divida fisicamente il Kurdistan turco da quello siriano.
Ma Kobane, insieme a Rojava, continua a resistere. Le celebrazioni di oggi ne sono la prova: la popolazione festeggia il ritorno alla vita dopo l’occupazione islamista del 2014-2015, la morte e la distruzione. E lo fa anche ricostruendo. Da allora, dalla liberazione di Kobane, tanti progetti sono stati realizzati per permettere il ritorno degli sfollati, dei civili che fuggirono dai combattimenti, per ripulire la città dalle mine e gli ordigni lasciati dall’Isis al momento del ritiro, per rimettere in piedi le strutture e le infrastrutture, per l’80% distrutte dalla guerra.
Oltre 350mila persone sono rientrate a Kobane e nei villaggi vicini, un numero che è cresciuto con l’arrivo di sfollati da Manbij, nel 2015 e nel 2016, e poi da Afrin. A gestire le operazioni è stato il Comitato per la Ricostruzione. Tra le opere realizzate c’è stato il ripristino della rete idrica – progetto ribattezzato Av, Jiyan, Azadi – Acqua, Vita, Libertà – con il sostegno dell’Arci di Firenze che ha permesso di ristrutturare i due principali pozzi del cantone e di costruire tubature nuove e nuove pompe nei villaggi vicini.
In occasione del Kobane World Day, il Congresso nazionale del Kurdistan ha emesso un comunicato con cui ha ricordato “gli eroici e altruisti combattenti delle Ypg e Ypj che, nonostante le sfide insormontabili, non hanno lasciato la città e organizzato la resistenza nel nome dell’umanità”. Su questo ha sempre fatto leva il confederalismo democratico di Rojava: in quella striscia di terra nel nord della Siria a scontrarsi non erano curdi e islamisti, ma democrazia e autoritarismo fascistoide, una sfida che per la sua natura non è mai stata limitata alla sola Kobane ma si è allargata al mondo intero.