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FOCUS ON AFRICA. Continua la rivoluzione di Ahmed, un’altra donna ai vertici dell’Etiopia

Federica Iezzi 24 novembre 2018
Nella tradizionale rubrica del sabato sul continente africano andiamo anche nella Repubblica Centrafricana, dove si aggrava l’emergenza umanitaria e lo sfollamento di civili, e in Burundi dove la crisi politica sta portando alla chiusura delle organizzazioni umanitarie.

Etiopia


L’Etiopia ha scelto una figura di spicco dell’opposizione, tornata di recente da un lungo esilio, a capo del suo corpo elettorale. Così il giudice Birtukan Mideksa è stata nominata capo del National Electoral Board of Ethiopia, solo alcune settimane dopo essere tornata dagli Stati Uniti, dopo l’approvazione da parte della Camera dei rappresentanti del popolo (la Camera bassa del parlamento etiope)
La giurista supervisionerà le prossime elezioni legislative in programma nel maggio 2020. Birtukan è stata condanna all’ergastolo in relazione alle contestate elezioni parlamentari del 2005, brutalmente represse dall’esercito etiope, con l’uccisione di almeno 190 persone.
L’ex giudice è stata incarcerata dopo le proteste e ha trascorso i suoi ultimi anni in Etiopia in prigione, prima di fuggire negli Stati Uniti, nell’esilio auto-imposto nel 2010. Incoraggiata dalle riforme politiche annunciate dal neo-primo ministro etiope Abiy Ahmed, Birtukan è rientrata in patria.
La nomina di Birtukan facilita le riforme elettorali e testimonia la volontà politica di rafforzare un comitato elettorale indipendente prima delle elezioni del 2020. Le recenti riforme di Abiy includono il rilascio dei dissidenti in regime di detenzione, un accordo di pace con la confinante Eritrea, il ritorno a casa di gruppi armati di opposizione e il progressivo allentamento della presa militare sul Paese.
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Repubblica Centrafricana
Secondo quanto affermato dalle Nazioni Unite, il rischio carestia è vicino in Repubblica Centrafricana in mancanza di decisioni concrete atte a invertire la situazione umanitaria nel Paese, che continua a deteriorarsi verso un tasso allarmante
I crescenti disordini nel Paese abitato da 4,5 milioni di persone, costringono un numero sempre maggiore di civili a fuggire dalle loro case, ad abbandonare i loro campi, causando una spirale di insicurezza alimentare. Attualmente già diverse regioni hanno raggiunto il livello 4 in termini di insicurezza alimentare.
Migliaia di persone sono state uccise mentre un quarto della popolazione è fuggita durante le violenze che hanno seguito la caduta dell’ex presidente Francois Bozize nel 2013. Brutalità condotte dapprima dai ribelli Seleka, principalmente musulmani, che hanno innescato attacchi di vendetta da parte delle milizie cristiane.
Secondo i dati del Programma Alimentare Mondiale, la Repubblica Centrafricana sta affrontando la peggiore situazione di insicurezza alimentare in quattro anni, con quasi due milioni di persone che hanno urgente bisogno di aiuti alimentari.
I dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, hanno mostrato che 2,9 milioni di persone, circa il 63% della popolazione, richiede aiuto e protezione. Solo nelle ultime tre settimane, oltre 50.000 persone sono state colpite da violenze nella città settentrionale di Batangafo e nella città centrale di Alindao.
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Burundi
La situazione della sicurezza in Burundi è rimasta relativamente calma negli ultimi mesi, ma la situazione dei diritti umani rimane preoccupante, secondo gli ultimi dati pubblicati dalle Nazioni Unite.
L’inviato speciale del segretario generale delle Nazioni Unite per il Burundi, Michel Kafando, sta sollecitando governo e partiti di opposizione a trovare, in tempi brevi, un punto di incontro, per porre fine alla persistente crisi politica. L’attuale presidente burundese Pierre Nkurunziza ha sospeso le attività di assistenza di quasi tutte le organizzazioni non governative internazionali.
Si stima che circa 1,7 milioni di persone nel Paese siano minacciate dall’insicurezza alimentare. Le preoccupazioni del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, si concentrano anche sul deterioramento della situazione socio-economica del Burundi.
Inoltre il governo non ha ancora ripreso la cooperazione con l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani. Persistono le violazioni dei diritti umani e altri abusi come gli arresti arbitrari, le sparizioni forzate e gli atti di intimidazione contro gli attori dell’opposizione.
Il Burundi è entrato in un vortice di proteste e violenze all’inizio del 2015, quando il presidente Nkurunziza ha dichiarato che avrebbe concorso per un terzo mandato, atto considerato una violazione della Costituzione. I successivi scontri tra forze di sicurezza e oppositori hanno provocato centinaia di morti e hanno costretto alla fuga circa mezzo milione di civili.