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ARABIA SAUDITA. Imminenti 12 condanne a morte

Michele Giorgio 10 novembre 2018
L’allarme lanciato da Amnesty. La Lega Calcio italiana intanto farà disputare la Supercoppa a Gedda incurante delle critiche piovute sul regno dei Saud per l’assassinio del giornalista Khashoggi e i bombardamenti in Yemen che prendono di mira i civili.

La Lega Calcio italiana farà giocare a Gedda il prossimo 16 gennaio la Supercoppa tra Juventus e Milan, incurante del macabro assassinio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi fatto a pezzi da agenti sauditi giunti apposta in Turchia lo scorso 2 ottobre per ammazzarlo e farlo sparire. Non solo. I vertici del calcio italiano non trovano affatto sconveniente raggiungere un accordo con la controparte a Riyadh mentre si avvicina l’esecuzione di 12 uomini, appartenenti alla minoranza sciita perseguitata in Arabia Saudita, condannati a morte con l’accusa di aver spiato per l’Iran. Eppure Amnesty International su questo ha lanciato un allarme globale. Le condanne a morte, ha scritto in un comunicato, sono già state ratificate dalla Corte suprema saudita e trasferite alla Presidenza di sicurezza dello Stato che fa riferimento a re Salman, chiamato a dare il via libera alle esecuzioni. «Data la segretezza che circonda i procedimenti giudiziari in Arabia Saudita, temiamo che questo sviluppo segnali l’imminente esecuzione dei 12 uomini. Le famiglie dei condannati sono terrorizzate da questo sviluppo e dalla mancanza di informazioni sui loro cari. Non è troppo tardi per salvare le vite di questi uomini», esorta Heba Morayef, direttrice per il Medio Oriente e il Nord Africa di Amnesty, sottolineando che «L’Arabia Saudita è uno dei boia più solerti del mondo e usa regolarmente la pena di morte come strumento politico per schiacciare il dissenso».
I 12 facevano parte di un gruppo di 15 uomini condannati a morte il 6 dicembre 2016 dopo un processo, a dir poco sommario, che vedeva sul banco degli imputati 32 persone arrestate nel 2013 e 2014 per «spionaggio a favore dell’Iran». Accusa spesso rivolta dalle autorità agli sciiti, considerati dei «nemici» al servizio di Tehran è più di tutto degli apostati ed infedeli. Amnesty ricorda che 34 sciiti, compresi quattro minorenni, sono al momento nel braccio della morte con l’accusa di aver messo a «rischio la sicurezza nazionale». All’inizio del 2016 è stato giustiziato un importante religioso sciita, Sheikh Nimr Baqir al Nimr, insieme ad altre 46 persone, tra cui diversi attivisti sciiti della provincia orientale del regno. L’anno scorso in Arabia Saudita sono state eseguite almeno 146 condanne a morte.
Il governo M5S-Lega deve prendere atto delle politiche saudite all’interno del paese e nella regione. Nella città portuale di Hodeidah, in Yemen, sotto attacco della coalizione a guida saudita, siamo ormai al massacro deliberato di civili. Le agenzie di stampa riferiscono di corpi dilaniati nelle strade della città da quattro giorni sottoposta a bombardamenti incessanti e da mesi sotto assedio delle forze “lealiste” sostenute da Arabia Saudita ed Emirati. Save The Children riferisce che dall’inizio dell’inasprimento dei raid aerei, lo scorso 4 novembre, sono almeno 150 le persone uccise. Ieri un attacco ha colpito un ospedale causando danni a una delle farmacie che fornisce medicinali salvavita. A Hodeidah ci sono ancora mezzo milione di civili, rimasti intrappolati nell’assalto militare lanciato dell’Arabia Saudita e dagli Emirati per stanare gli insorti sciiti in apparenza sostenuti da Tehran. Dal porto della città peraltro passa l’80% degli aiuti umanitari per lo Yemen dove le condizioni di vita sono disastrose. Trentaquattro Ong e associazioni umanitarie internazionali ieri hanno rivolto un appello per un cessate il fuoco immediato ma sul piano diplomatico è fermo tutto. Dei negoziati inter-yemeniti di Ginevra non si sa più nulla e l’Amministrazione Trump, alleata di Riyadh, è ora impegnata a trovare la “soluzione” che le permetta di mantenere i rapporti stretti che ha con l’erede al trono saudita, Mohammed bin Salman, ritenuto il mandante dell’assassinio di Khashoggi. Lo sventurato giornalista peraltro sarebbe stato sorvegliato con spyware israeliano. Almeno così ha detto ieri la gola profonda del “Datagate” Edward Snowden. I sauditi, secondo Snowden, hanno utilizzato Pegasus, il software prodotto dalla Nso Group Technology con sede a Herzliya (Tel Aviv), già in uso in molti paesi, inclusi quelli arabi, per seguire dissidenti e oppositori.