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Caso Khashoggi, l’amministrazione Trump difende l’Arabia Saudita

17 ottobre 2018, Nena News
Il presidente statunitense e il Segretario di stato Pompeo hanno ieri messo in dubbio il coinvolgimento di Riyadh nella sparizione del giornalista saudita critico della monarchia. 

Una fonte turca, intanto, rivela dettagli orribili sui presunti ultimi istanti di vita dell’editorialista: dopo essere stato torturato, sarebbe stato ucciso in 7 minuti mentre era ancora in vita.

Gli alleati non si toccano. Soprattutto quando sono fonte inesauribile di denaro e rappresentano un baluardo contro l’Iran. E’ questo in sintesi il senso delle parole pronunciate ieri dal Segretario di Stato Usa Mike Pompeo e dal presidente americano Trump a difesa di Riyadh sul caso del giornalista scomparso Khashoggi. A differenza del crescente scetticismo internazionale verso la fragile versione saudita, infatti, i due hanno messo in dubbio ieri il coinvolgimento dei Saud nella vicenda.
Pompeo, che ha incontrato ieri re Salman e il ministro degli esteri sauditi al-Jobeir nel tentativo (riuscito) di stroncare sul nascere le tensioni tra sauditi e statunitensi, ha riferito alla stampa che la monarchia non sa cosa sia accaduto nel suo consolato a Istanbul lo scorso 2 ottobre quando di Khashoggi si sono perse le tracce. Eppure è strano: Riyadh non ha sempre sostenuto che l’editorialista aveva lasciato l’edificio consolare? Ma a Pompeo tutto ciò interessa perché il suo viaggio in Arabia Saudita non è stato fatto per ricercare la verità. “Quello che ho appreso dagli incontri [che ho fatto] è che c’è un serio impegno a capire quanto sia accaduto e a condannare i responsabili, siano essi alti ufficiali o leader sauditi” ha tranquillizzato l’alto funzionario americano. Heather Nauert, portavoce del dipartimento di Stato, ha fatto poi sapere che Pompeo ha espresso nuovamente agli alleati sauditi “la preoccupazione americana” per la sparizione di Khashoggi e che Riyadh e Washington “hanno concordato sull’importanza di aprire una indagine completa, trasparente e tempestiva”. Pompeo volerà oggi in Turchia dove incontrerà il ministro degli esteri turco a cui ribadirà il sostegno americano per le indagini che sta effettuando Ankara, suo alleato nella Nato.
La presunzione di innocenza saudita espressa da Pompeo è pienamente condivisa dal presidente Trump. Affidandosi come suo solito a Twitter, il leader americano ha detto di aver parlato del caso Khashoggi con il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman il quale “ha negato di sapere cosa sia accaduto” a Istanbul. Trump ha poi rivelato che il figlio di re Salman gli ha anche detto che “ha già aperto, e a breve estenderà, una indagine completa sulla faccenda” le cui risposte “giungeranno a breve”.
Il sostegno di Washington ai sauditi contrasta però con quanto riportano da giorni i media statunitensi e turchi. Ieri, ad esempio, il New York Times ha scritto che 5 componenti del team di 15 sauditi sospettati della sparizione di Khashoggi sono vicini a bin Salman. Uno di loro, Maher Abdulaziz Mutreb, è un diplomatico che spesso ha accompagnato il principe ereditario nei suoi viaggi internazionali (era con lui durante il tour americano di quest’anno). Un altro dei sospettati – scrive il quotidiano newyorkese – è Abdulaziz Mohammed al-Hawsawi che è una delle guardie del corpo di bin Salman. Guardie reali, invece, sono Thaar Ghaleb al-Harbi e Mohammad Saad al-Zahrani, anche loro componenti della presunta squadra della morte saudita.
Tra i sospetti c’è poi soprattutto Salah al-Tubaigy, capo del Consiglio scientifico dell’Arabia Saudita per la scienza forense. Secondo quanto riferito da una fonte turca al portale Middle East Eye (MEE), sarebbe stato infatti proprio Tubaigy a tagliare il corpo del giornalista mentre quest’ultimo era ancora in vita. I particolari della (presunta) uccisione di Khashoggi, descritti in un articolo pubblicato da MEE a firma di David Hearst, sono raccapriccianti. La fonte turca, che ha ascoltato l’audio della registrazione degli ultimi minuti di vita dell’editorialista del Washington Post, ha riferito che la vittima sarebbe stata portata in uno studio vicino all’ufficio del Console generale e messa su un tavolo dove sarebbe stata dapprima torturata. “Il console è stato fatto uscire dalla stanza. Non c’è stato alcun tentativo di interrogarlo. Erano venuti per ucciderlo” ha affermato l’ufficiale turco. Le “orribili grida” di Khashoggi sarebbero terminate solo quando gli sarebbe stata iniettata una sostanza sconosciuta. A quel punto Tubaigy avrebbe incominciato a tagliare il corpo del giornalista ancora in vita con un segaossa impiegando 7 minuti per ucciderlo. La fonte ha rivelato anche un dettaglio che, se vero, mostrerebbe ancora di più la ferocia di Tubaigy: l’esperto di medicina forense avrebbe smembrato il corpo ascoltando la musica con degli auricolari e avrebbe suggerito agli altri componenti della presunta squadra di assassini di fare lo stesso. “Quando faccio questo lavoro, ascolto la musica. Dovreste farlo anche voi” avrebbe detto Tubaigy.
Del caso Khashoggi ha parlato ieri nuovamente il presidente turco Erdogan. Sin dall’inizio duro nei confronti dei sauditi, il “Sultanto” ha avanzato l’ipotesi che alcune parti del consolato siano state ridipinte per non lasciare tracce. A intervenire sulla vicenda è stata anche l’Alta commissaria dei diritti umani dell’Onu Michelle Bachelet che ha chiesto a Riyadh di non ostacolare il lavoro degli investigatori. Bachelet ha poi esortato sia Riyadh che Ankara a rivelare pubblicamente le informazioni ottenute delle indagini.