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Il sottile confine fra corteggiamento e molestia passa anche dalla scuola

Giuliana Proietti 24/09/2018
In questi tempi di #MeToo capita sicuramente a molte donne di ricordare alcuni episodi della propria vita, al tempo della scuola: esperienze allora archiviate semplicemente come imbarazzanti, antipatiche o spiacevoli possono oggi, alla luce di questa nuova consapevolezza, essere riconsiderate e ridefinite diversamente, in termini di molestie o abusi.

A tale riguardo, la giornalista inglese Cathy Newman, conduttrice di Channel Four News, ha recentemente fatto coming out, dichiarando pubblicamente di essere stata molestata sessualmente a Charterhouse, una scuola privata d’éliteche aveva potuto frequentare grazie a una borsa di studio (in quanto suo padre era insegnante di chimica all’interno dello stesso istituto). In un’intervista, la conduttrice ha raccontato di un episodio risalente a quei tempi: un compagno di scuola si era abbassato la zip dei pantaloni, costringendola a toccare il suo pene. La giornalista ha ricordato la sua reazione, una risata strozzata in gola, che avrebbe voluto cancellare con una vena di comicità quell’esperienza tanto umiliante per lei.
La Newman ha raccontato come e quanto questa esperienza abbia avuto un impatto sul suo senso di sicurezza, affermando di averne voluto parlarne ora, ad inizio anno scolastico, per incoraggiare le ragazze a denunciare molestie e bullismo. Come accade spesso alle giovani che vengono molestate a scuola, anche Cathy, che oggi ha 40 anni, non ha mai confessato nulla a nessuno. Che cosa sarebbe accaduto, si chiede la giornalista, se l’episodio fosse accaduto oggi e quel ragazzo avesse filmato l’episodio, facendolo circolare su Internet? I nuovi media, infatti, hanno decisamente amplificato e peggiorato il fenomeno.
Un altro episodio denunciato dalla conduttrice è quello di essere stata spruzzata d’acqua dai compagni di classe, in modo che la camicia bianca che indossava facesse intravedere il reggiseno. “Essere la figlia di un insegnante mi ha reso un obiettivo facile”, ha detto la Newman al Sunday Times.
Il bullismo sulle ragazze si esprime principalmente sotto forma di molestie sessuali, in gran parte non dichiarate e non denunciate dalle vittime, per paura di essere oggetto di ridicolizzazione o di ritorsioni. Gli insegnanti sono spesso spettatori impotenti di questo fenomeno e sentono di non avere strumenti per affrontare adeguatamente il problema, come ha rivelato una ricerca del 2017, citata da The Guardian: il 34% degli insegnanti delle scuole elementari constata almeno una volta alla settimana la presenza di discriminazione di genere, mentre il 64% di loro ammette di assistere, con la stessa frequenza, ad episodi in cui si fa uso esplicitamente sessista del linguaggio.
Secondo questa ricerca, più di una ragazza su tre (37%) nelle scuole secondarie miste ha dichiarato di essere stata molestata sessualmente a scuola, mentre il 24% ha detto di aver subito un contatto fisico indesiderato di natura sessuale. Anche l’uso del linguaggio sessista e misogino è molto diffuso in ambiente scolastico: il 66% delle ragazze dice di aver assistito o sperimentato su di sé l’uso e gli effetti di questo linguaggio offensivo.
Il problema è così diffuso, sostiene la ricerca, che le studentesse generalmente non lo segnalano. Solo il 14% di loro ne ha parlato con un insegnante e addirittura soltanto il 6% ha riferito di essere stata apostrofata con linguaggio sessista.
Non è tutto: anche le insegnanti di sesso femminile, intervistate per questa ricerca, hanno lamentato molestie da parte degli alunni. “Sono stata fischiata mentre cercavo di fare lezione, e sono stata anche vittima di un episodio in cui un ragazzo mi ha premuto contro la schiena con i genitali per intimidirmi”, ha dichiarato una professoressa ai ricercatori.
Lo studio ha rilevato che il 64% degli insegnanti della scuola secondaria non era informato o correttamente informato riguardo politiche e pratiche da seguire nella propria scuola per prevenire il sessismo, mentre solo il 20% pensava di aver ricevuto un’adeguata formazione per riconoscere e affrontare il sessismo nel periodo di formazione all’insegnamento.
L’indagine richiama le scoperte di uno studio del 2008, in cui le ragazze erano risultate le maggiori vittime di molestie, infastidite non solo dai compagni di scuola, ma anche dal personale scolastico (inclusi gli insegnanti). Lo studio asseriva che, sebbene fossero le ragazze a subire più frequentemente le molestie, il solo frequentare una classe in cui si assiste a questo genere di comportamenti, influenza negativamente anche la realtà e la serenità dei coetanei maschi, creando un clima negativo che incide sia sul piano della salute psicologica, sia su quello del rendimento scolastico.
In uno studio del 2013 sono state classificate le molestie sessuali più frequenti e ne sono stati individuati 3 tipi: verbali, non verbali e fisiche. Il tipo più comune è risultato essere quello verbale, seguito da quello fisico e non verbale. Torna utile riportare queste definizioni, per fare maggiore chiarezza sul concetto di molestia, che alcuni potrebbero ancora confondere con l’innocente scherzo.
Le molestie sessuali “verbali” riguardano l’umorismo sessuale indesiderato, i pettegolezzi sessuali, i soprannomi con riferimenti sessuali, gli insulti omofobici, la valutazione di parti del corpo altrui, la pressione per avere rapporti sessuali e molestie sessuali fatte per via telefonica.
Le molestie sessuali “non verbali” riguardano comunicazioni sessuali scritte indesiderate (note, messaggi di testo, lettere, chat), espressioni o gesti sessuali indesiderati, esposizione di parti intime del proprio corpo e visione forzata di immagini sessuali.
Le molestie sessuali “fisiche” riguardano il toccare o lo sfiorare sessualmente qualcuno, strappare i suoi vestiti o avere contatti sessuali indesiderati, come baci e altri contatti forzati.
Quante ragazze, anche oggi, possono dire di non aver mai dovuto fronteggiare questo tipo di molestie? Quante ragazze (e ragazzi) hanno assistito a comportamenti del genere perpretrati ai danni delle loro compagne di classe o delle loro insegnanti? Per tutte queste ragioni, l’hashtag #MeToo è stato ed è importante, anche al di fuori dell’ambiente dello spettacolo e nello specifico nella scuola affinché, sulla scia dello scandalo Harvey Weinstein, anche le studentesse e le insegnanti molestate sessualmente si sentano incoraggiate a denunciare i comportamenti dei loro molestatori.
Si contribuirà così ad una tardiva ma indispensabile rivoluzione del costume, in cui i valori e le credenze che consentono ancora oggi l’esistenza e l’impunità delle molestie sessuali vengano estirpati alle loro radici: a scuola, appunto, dove tutto si impara della vita, nel bene e nel male.
Per approfondire questi temi, il 4 Ottobre 2018 ore 18.00, presso i locali dell’Informagiovani di Ancona, si terrà una conferenza dal titolo Dai, ci stai? Il sottile confine fra corteggiamento e molestia. Ingresso libero.