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Guatemala: quell’elettricità di cui non si parla

ROBERTA TESTA SU
Nel nord di Chisec, in Guatemala, centinaia di residenti si sono riuniti per una protesta dopo che Energuate, di proprietà della società energetica israeliana IC Power, ha sospeso i servizi di energia a 38 comunità del dipartimento di Alta Verapaz. La società si è giustificata portando a sostegno della propria tesi il fatto che i residenti in 13 comunità si sono rifiutati di pagare le bollette.

Ma il problema ha dimensioni più grandi di quelle che immaginiamo: la fornitura di energia scarseggia in tutto il Paese ed il servizio viene regolarmente interrotto, specialmente nelle zone rurali come Chisec. Qui, la popolazione spesso deve illuminare la propria casa con delle candele a causa dei numerosi disservizi.
L’inadempimento, d’altra parte, c’è. Molte persone in città come questa hanno deciso di smettere di pagare le bollette della luce con un motivo preciso: i costi proibitivi per servizi che, il più delle volte non ricevono nemmeno. Nelle zone agricole, la gente dipende dalle proprie coltivazioni e pagare delle bollette esorbitanti non è certo il modo migliore di tirare avanti. Attivisti e residenti stimano che la maggior parte delle comunità di Chisec non riceve l’illuminazione pubblica. «Paghiamo costi elevati a causa delle luci pubbliche», dice una residente di Sepoc, «ma non ho mai visto una sola luce per le strade».
E’ stato stimato che i costi per l’illuminazione nelle aree pubbliche -che nella maggior parte dei casi sarebbero coperti dai budget municipali, non individuali -costituiscono il 60% dei costi energetici mensili, anche quando il servizio è sporadico o inesistente. La cittadina di Sepoc si è collegata per la prima volta alla rete energetica nazionale nel 2014. Dopo aver ricevuto le prime bollette, la comunità è stata sorpresa di vedere alti canoni mensili, superiori a 200-400 quetzales guatemaltechi (da 25 a 50 dollari), ben al di fuori dei loro guadagni mensili. Anche se il salario minimo ufficiale in Guatemala per i lavoratori agricoli è di 2.644 quetzales al mese (343 dollari), la maggior parte delle persone non riesce a portare a casa un guadagnocostante, raggiungendo in media 800 quetzales (100 dollari circa) al mese.
Ma cosa succede quando queste comunità ‘ottengono‘ energia elettrica? 
Gli abitanti di queste zone svolgono un ruolo fondamentale nell’ottenere una rete elettrica nei luoghi dove vivono e lavorano, spesso ospitando gli stessi poli energetici. Le fatture mensili individuali includono le spese per i consumi delle famiglie e per l’illuminazione pubblica fornita dalla società e amministrata dal comune. In Sepoc, i residenti si sono rifiutati di pagare le bollette per quasi quattro anni per protestare contro la mancanza di illuminazione pubblica e gli alti costi.
Durante le numerose proteste di Giugno a causa del taglio dei sevizi, un residente nonché difensore civico dei diritti umani, Jordán Rodas, ha provato ad intentare una causa contro Energuate per il taglio dei servizi. La società, in furba e prontissima risposta, ha incominciato a ripristinare l’energia sospesa dopo aver raggiunto un ‘accordo’ con le comunità interessate. Energuate ha anche accettato di ridurre i costi del 40% alle comunità di Chitocán, Babatzul, Cubilguitz, Semanzana, Tonzul Uculá, Secocpur, Sequixquib e di ridurre anche i debiti per il tempo in cui le comunità non avevano pagato l’elettricità. Sono parecchie le popolazioni che continuano a sostenere il peso del pagamento di debiti pregressi. Ma non manca chi spera di riuscire a negoziare per un abbassamento del debito e la riduzione dei costi elevati, oltre all’eliminazione delle accuse fantasma per servizi che non hanno mai ricevuto. 
Dopo le proteste nel Chisec, movimentazioni si sono diffuse sulla costa meridionale del Guatemala dove i residenti locali hanno bloccato il traffico il 28 Giugno per protestare contro la sospensione di energia a sette comunità. Un giorno dopo la polizia nazionale è stata dispiegata per liberare l’autostrada, lanciando gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti. Energo sostiene sempre la stessa cosa: le famiglie si sono rifiutate di pagare per quasi otto anni accumulando un debitocollettivo eccezionale di oltre 21 milioni di Quetzales (2,8 milioni di dollari). Un mese dopo, i residenti del villaggio di San Agustín Pacayá avrebbero detenuto il sindaco, allo scopo di iniziare un dialogo per porre fine al conflitto sui costi energetici. ‘Prensa Libre‘ ha riferito il tutto; il sindaco ha rilasciato una dichiarazione negando addirittura di essere stato detenuto.
Ma capiamo qualcosa in più.
L’energia in Guatemala è sotto amministrazione privata dal 1997, quando i servizi energetici sono stati privatizzati in seguito alla fine del conflitto armato interno di 36 anni. Il prezzo dell’energia è aumentato rapidamente di quasi del 212%, secondo uno studio di CODECA del 2014. Un aumento continuo nei due decenni da quando Energuate è passata a mani private.
Facciamo un passo indietro. La società spagnola Unión Fenosa acquistò Energuate nel 1997 e gestì la società fino al 2011, anno in cui decise di vendere la propria quota partecipativa. La società britannica Actis ha quindi acquisito Energuate. Più tardi nel 2015, la società israeliana IC Power, una controllata di Kenon Holdings, ha acquistato la società. 
L’azienda, secondo i dati, fornisce energia a 1,7 milioni di consumatori in 20 dei 22 dipartimenti del Guatemala. Nei due decenni dalla fine della guerra civile, il Paese è finanche diventato uno dei principali esportatori di energia verso il resto dell’America centrale come parte dell’accordo regionale sul mercato comune. Secondo i dati del Ministero dell’energia e delle miniere guatemalteche, nel 2015, il Guatemala ha prodotto 3.139 megawatt di energia, di cui il Paese ha consumato circa 1.700. Il resto è stato esportato nella regione circostante, incluso il Messico. La costruzione di nuovi progetti idroelettrici in tutto il Guatemala ha alimentato ancor più .
Nel frattempo, gli Stati Uniti fanno la propria mossa: continuano gli sforzi per l’espansione del flusso di energia attraverso il Guatemala e l’America centrale come mezzo per abbassare i costi. I funzionari degli Stati Uniti che promuovono l’espansione sostengono che l’aumento della produzione di energia nella regione non solo ridurrà i costi, ma stabilizzerà la rete. I funzionari statunitense sostengono che ciò significherà migliorare i servizi e fornire i mezzi per lo sviluppo economico della regione. «La politica energetica in America centrale è incentrata sulla fornitura di energia accessibile, affidabile ed economica alle popolazioni», ha detto Brian Nichols, l’ex ambasciatore degli Stati Uniti in Perù; «l’integrazione di energia in tutto l’emisfero significa che ci sarà più accesso a un’energia più affidabile, in particolare in un momento in cui i climi e il clima stanno diventando molto meno prevedibili. L’interconnessione offre l’opportunità di stabilizzare il potere». 
Insomma, c’è molto di più di quanto sembra.
Se tutta questa produzione portasse solamente benefici, una delle conseguenze più logiche sarebbe l’abbassamento di quei costi giudicati insostenibili dalla gente e alla base di nuovi conflitti in tutto il Paese. La siccità, inoltre, ha aggiunto livelli critici ed un impatto enorme sui costi energetici nella regione, aumentando costantemente dal 2016 a causa della riduzione dei livelli di produzione dalla diga Chixoy di Baja Verapaz, uno dei maggiori produttori del Paese. Una simile situazione riguardante la rete elettrica lo troviamo nel vicino Honduras nel 2016 e in El Salvador un po’ piu indietro, precisamente nel 1998.
Una cosa è certa: nelle comunità come quella di Sepoc, la privatizzazione dell’energia ha colpito le popolazioni rurali che soffrono di livelli estremi di povertà. «È un’ingiustizia che ci fanno pagare per qualcosa che non riceviamo», ha affermato un abitante del luogo. «Dipendiamo dalle poche colture che vendiamo. Ma per noi è complicato pagare, ma non sempre riceviamo denaro ogni mese, in parte, perché non riceviamo denaro ogni mese. Complicano tutto per noi». 
Come al solito, a rimetterci sono sempre gli stessi.