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GAZA. La fantasia tra la bibliotuktuk e i giocattoli delle donne

Michele Giorgio 27 agosto 2018
Una biblioteca mobile, una falegnameria per produrre giocattoli e un laboratorio tessile nel progetto della Ong Vento di Terra e del centro Zeina per dare lavoro e indipendenza alle donne beduine e restituire l’infanzia ai bambini di Gaza sotto assedio.

«Così la mucca saltò in groppa a un topo, sì, un topo piccolo ma tanto forte, che a ‎nuoto la portò sull’altra riva, sana e salva». I bambini della comunità beduina di ‎Um al Nasser ascoltano a bocca aperta il racconto fantastico di Munther ‎l’animatore, in costume tradizionale e con un fez rosso bordeaux.
Oggi alla scuola ‎‎”Terra dei bambini” è arrivata la Bibliotuktuk, la biblioteca itinerante montata su ‎di un veicolo a tre ruote, che gira per la Striscia di Gaza mettendo libri per ‎l’infanzia a disposizione di bambini e ragazzi di famiglie prive di risorse per ‎l’istruzione e l’intrattenimento dei figli. E comunque l’arrivo della bibliotuktuk è ‎sempre l’occasione per fare festa, per cantare e giocare. I ragazzi di Gaza ne hanno ‎certamente bisogno.
Um al Nasser è vicina al valico di Erez con Israele, una delle ‎aree di maggior tensione. I bombardamenti da queste parti non sono infrequenti. ‎Israele li giustifica con la necessità di impedire le operazioni armate di Hamas. E ‎quando mancano quelli arrivano i disastri naturali. Qui qualche anno fa un ‎allagamento improvviso, frutto di errori umani e della disastrosa situazione delle ‎infrastrutture civili di Gaza da oltre dieci anni sotto embargo israeliano, fece morti ‎e feriti. ‎«Ora tocca a te, sì dico a te, avvicinati, raccontaci una bella storia», dice ‎l’animatore rivolgendosi a una bambina che, vinta l’iniziale timidezza, si avvicina ‎al tuk tuk, si impossessa del fez e comincia il suo racconto.
‎Quattro anni fa la scuola la “Terra dei bambini” era completamente diversa. Era ‎un’edificio in gran parte in legno costruito dalla ong milanese Vento di Terra, con ‎criteri innovativi. A visitarla furono in tanti, anche l’ex presidente della Camera ‎dei deputati Laura Boldrini. Tanta attenzione non bastò a salvarla nel 2014, ‎quando i bulldozer militari israeliani, durante l’offensiva “Margine protettivo”, per ‎presunte “ragioni di sicurezza” la trasformarono in un cumulo di detriti e legni ‎spezzati.
Superato lo sdegno l’ong italiana e i suoi partner si rimboccarono le ‎maniche e ricostruirono la “Terra dei bambini” che ha riaperto circa due anni fa. I ‎bambini di Um al Nasser, l’unico comune beduino di Gaza, sono tornati in aula e ‎partecipano a molteplici attività educative. ‎«Quella di Um al Nasser è una realtà ‎molto difficile sotto tanti punti di vista, a cominciare da quello economico» ci ‎dice Barbara Archetti, presidente di Vento di terra, ‎«lavoriamo a stretto contatto ‎con la popolazione da tanti anni in ambito educativo e psicosociale ma anche per ‎uno sviluppo più composito del territorio».
La bibliotuktuk è una iniziativa ‎sostenuta da più di 200 classi di scuole italiane, aggiunge Archetti. ‎«La biblioteca ‎mobile – spiega – è un contributo alla rottura delle barriere e dell’assedio anche ‎culturale che si vuole imporre a questa terra, a questi bambini».
‎Dei ragazzi palestinesi di Gaza si parla poco. Fanno notizia, e solo per qualche ‎ora, quando vengono uccisi dai bombardamenti o, in questi mesi, dai colpi sparati ‎dai soldati israeliani lungo le linee di demarcazione durante le manifestazioni della ‎Grande Marcia del Ritorno. Dei loro traumi, del loro far parte dei più colpiti dalle ‎conseguenze del blocco israeliano si dice poco o nulla. Gli allarmi lanciati in ‎questi anni dal “Centro di salute mentale” di Gaza cadono nel vuoto. La loro ‎condizione lascia indifferenti gli “assedianti” israeliani che attuano il blocco e di ‎rado trova spazio nei discorsi dei leader politici palestinesi.
Il leader di Hamas, che ‎controlla la Striscia, Ismail Haniyeh, qualche giorno fa, in occasione della festa ‎islamica dell’Eid al Adha, ha proclamato che Gaza ‎«è sulla strada di veder finire il ‎blocco‎» e che questo ‎«è il risultato della fermezza e della lotta‎». Si è riferito ai ‎negoziati indiretti con Israele che dovrebbero portare ad un cessate il fuoco di un ‎anno tra Hamas e lo Stato ebraico. Haniyeh ha detto solo una frazione della verità. ‎Non ci sarà la fine dell’embargo israeliano di Gaza, aggravato anche da alcune ‎misure punitive adottate dal presidente dell’Anp Abu Mazen. Al massimo la ‎popolazione vedrà un lieve allentamento della chiusura. Il blocco navale resterà in ‎vigore anche se, scrive qualche giornale, a Gaza dovrebbero poter arrivare ‎mercantili ispezionati in precedenza da Israele in un porto cipriota e seguiti fino ‎alla costa palestinese. ‎
‎Per i civili palestinesi resterà un sogno la libertà piena, a partire dalla possibilità ‎di uscire da Gaza. E non è detto che i bambini gravemente ammalati riceveranno, ‎assieme ai genitori, in tempi più rapidi i permessi per raggiungere gli ospedali ‎della Cisgiordania e quelli israeliani meglio attrezzati per curarli. Hannan al ‎Khoudari con un figlio piccolo malato di cancro, riferiva qualche giorno fa il ‎giornale Haaretz, per sette mesi non ha ottenuto l’autorizzazione ad assistere il ‎bambino, poiché è una cugina di primo grado di un leader del movimento ‎islamico. Alla fine è stata costretta a chiedere l’aiuto ad altre donne in possesso del ‎permesso israeliano per consentire al suo bambino di curarsi fuori Gaza.
Per gli ‎altri bambini ammalati di Gaza ci sono solo gli ospedali della Striscia che vivono ‎il loro momento più difficile da molti anni a questa parte, tra carenze strutturali e ‎scarsità di farmaci salvavita. Il sottosegretario generale dell’Onu per gli affari ‎politici, Rosemary Di Carlo, a inizio settimana ha esortato Israele a permettere agli ‎ospedali palestinesi di rifornirsi di carburante per i funzionamento dei generatori ‎autonomi di elettricità poiché le scorte si stanno esaurendo. Ha poi fatto appello ‎per 4,5 milioni di dollari necessari per garantire il funzionamento dei generatori di ‎tutti i centri sanitari di Gaza fino alla fine del 2018. ‎
‎Restituire l’infanzia ai bambini di Um al Nasser e di tutta Gaza e, allo stesso ‎tempo, dare lavoro alle donne beduine è l’obiettivo del centro “Zeina”, un altro ‎capitolo del progetto la “Terra dei bambini”. Nel suo laboratorio di falegnameria ‎otto donne ogni giorno indossano i guanti da lavoro e le protezioni per gli occhi, ‎azionano i macchinari e intagliano il legno per produrre i pezzi di giocattoli ‎padagogici per gli asili. Trenini, attrezzi da lavoro, alberi, automobiline, pupazzi ‎in legno e altri materiali ecologici. Il centro “Zeina” li vende e distribuisce a Gaza. ‎E, quando si allentano le restrizioni di Israele, le operaie provano ad esportarli ‎verso l’Europa.
Altre 13 donne lavorano nel laboratorio tessile per la produzione ‎di stoffe e abiti e altre ancora si preoccupano di portare avanti i progetti del centro. ‎‎«La comunità beduina di Um al Nasser garantisce continuità al progetto della ‎‎’Terra dei bambini’» spiega con orgoglio Hanin Al Sammak, direttrice del centro. ‎‎«Il lavoro – aggiunge – sta offrendo un’importante opportunità di crescita a tutti i ‎livelli alle nostre donne che prima era soltanto delle casalinghe, moglie e madri».
‎Tuttavia l’obiettivo prioritario del centro e di Vento di terra, conclude Al Sammak, ‎‎«resta quello di provare a dare un’infanzia più serena e una istruzione migliore, ‎con metodologie più moderne, ai bambini di Um al Nasser, nonostante il blocco ‎‎(israeliano) e le guerre che devastano Gaza‎». ‎