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Burundi: incursioni terroristiche in Rwanda

FULVIO BELTRAMI 6 LUGLIO 2018
Da sabato 30 giugno 2018 miliziani provenienti dal Burundi stanno attaccando villaggi di confine nel distretto di Nyaruguru. Secondo i rapporti della Polizia gli attacchi sarebbero indirizzati verso furti di bestiame e si sarebbero registrati vittime. La versione riportata ai media ruandesi nasconde volutamente la realtà. Le fonti locali concordano sul numero limitato di vittime.


I miliziani si limitano a razziare bestiame, denaro e beni personali, ma non sarebbero dei semplici banditi che sconfinato dal Burundi, approfittando dalla caotica situazione politica da quando, nell’aprile 2015, il Presidente Pierre Nkurunziza espresse la sua volontà ad accedere ad un terzo mandato presidenziale anti-costituzionale, inaugurando un triste periodo per il Paese fatto di repressione, fosse comuni, esecuzioni extra giudiziarie e con il contante rischi di pulizia etnica se non di genocidio della minoranza tutsi.
A compiere questi attacchi ai villaggi in territorio ruandese sarebbero i miliziani Imbonerakure e i terroristi ruandesi delle Forze Democratiche di Liberazione del Rwanda (FDLR), con l’obiettivo di destabilizzare il Rwanda e distogliere l’attenzione delle forze di difesa nazionali, intente a preparare l’invasione del Burundi per destituire Nkurunziza e annientare le FDLR. Dall’inaspettata alleanza Parigi Kigali e Luanda la crisi congolese sembra volgersi alle sue battute finali. Nell’ultimo mese il susseguirsi di eventi sembra indicare una svolta che potrebbe mettere fine alla dittatura instaurata dal partito al potere CNDD-FDD in collaborazione con le milizie paramilitari Imbonerakure e i terroristi ruandesi delle FDLR. Una svolta che potrebbe evitare anche il rischio di pulizie etniche o genocidio sempre incombente dall’inizio della crisi politica in Burundi.
Sempre più consistenti sono i rumors che lo Stato Maggiore dell’esercito ruandese si sta preparando per scatenare una guerra non dichiara con il Burundi, supportando l’opposizione armata FOREBU e RED Tabara. Ai confini tra il Congo e il Burundi le forze del movimento hutu Fronte Nazionale di Liberazione (FNL) sarebbero pronte a intervenire al fianco della ribellione burundese. Vari reparti dell’Esercito ruandese avrebbero raggiunto le formazioni ribelli senza divisa per confondersi tra esse. «Gli attacchi compiuti da Imbonerakure e FLDR in territorio ruandese sono tesi a sabotare la soluzione militare, in quanto il regime di Bujumbura è consapevole dell’intenzione del Rwanda e dei suoi alleati occidentali e africani di risolvere militarmente la crisi. La liberazione è imminente ma i piani stanno prendendo tempo per evitare che vi siano pulizie etniche o scoppi un genocidio», afferma una fonte diplomatica interrogata sul soggetto.
Entrambi i governi non confermano tali rumors, eppure il Governo di Kigali sta inviando non la Polizia ma reparti dell’Esercito per contrastare questi attacchi, teoricamente compiuti da banditi. Le operazioni militari delle Imbonerakure e FLDR avrebbero tramite continui sconfinamenti di frontiera, passando attraverso la foresta di Nyungwe. Il numero limitato di vittime sarebbe dovuto alla volontà delle Imbonerakure e FLDR di non trucidare civili nel distretto a maggioranza hutu per evitare di perdere la possibilità di conquistare simpatizzanti presso i contadini hutu ruandesi. Una simpatia e supporto che stenta a concretizzarsi. I governi post-genocidio si sono concentrati nella riconciliazione nazionale e nel superamento delle divisioni etniche, cercando di creare il maggior benessere possibile per la popolazione. Questa strategia socio-economica ha impedito che le forze estremiste, responsabili del genocidio, potessero trovare una base di supporto popolare in Rwanda, e che la maggioranza hutu si sentisse sotto una dittatura Hima Tutsi.
Se i piani militari stanno proseguendo il loro percorso, sul piano politico la mossa del dittatore Nkurunziza, fatta lo scorso 7 giugno, sembra dare più tempo al regime. Durante il 56simo anniversario dell’ indipendenza, Nkurunziza, presso il comune di Bugendana, nella provincia di Gitega, ha annunciato che non si presenterà alle elezioni presidenziali del 2020, e che sosterrà con tutte le sue forze il nuovo Presidente che emergerà dagli scrutini.
L’annuncio ha lasciato le cancellerie occidentali e africane scettiche. Secondo molti diplomatici l’annuncio rientra in una strategia del regime di guadagnare tempo ed evitare una invasione. Se questi dubbi tra gli ambienti diplomatici occidentali sembrano radicati, la mossa a sorpresa di Nkurunziza ha aumentato la divisione tra Parigi e Bruxelles. Mercoledì 4 luglio il Presidente Emmanuel Macron si è felicitato con il dittatore Nkurunziza per la decisione di non accedere ad un altro mandato alle prossime elezioni del 2020. Secondo Macron questa decisione rafforza la ricerca di una soluzione politica alla crisi burundese.
Parigi si trova di fronte ad una contraddizione. Da una parte la Cellula Africana dell’Eliseo è consapevole del rischio -nel continuare appoggiare il regime- di essere coinvolta in un secondo genocidio nella Regione dei Grandi Laghi. E’ inoltre consapevole che la Cina sta progressivamente aumentando la sua influenza in Burundi a scapito della Francia. Dall’altra parte, seppur tentando di rivedere la sua politica con il Rwanda, la FranceAfrique teme di perdere in toto il controllo sul Burundi se il regime cadesse grazie ad un decisivo intervento ruandese. Il Governo di Kigali sarebbe visto dalla popolazione come un liberatore, e potrebbe influenzare la politica post Nkurunziza, cercando di modellare il Paese gemello a sua assomiglianza.
L’annuncio del dittatore di abbandonare il potere nel 2020, considerato ingannevole dalla maggioranza delle cancellerie europee e africane, offre a Parigi argomenti da contrapporre all’interventismo del Belgio, che da sempre opta per una soluzione militare. Macron indirettamente sta cercando di lanciare un messaggio di attesa: fra due anni il dittatore se ne va e la crisi si risolverà da sola senza intervento militare. Questo messaggio non tiene conto che il gruppo terroristico ruandese di fatto controllo il Paese e gli sviluppi politici in Burundi stanno diventando sempre più caotici ed imprevedibili.
L’impossibilità per la Francia di staccarsi dal cordone ombelicale che la lega al regime razial-nazista è dovuta anche dalla politica promossa dall’ambasciatore francese a Bujumbura, Laurent Delahousse, che non nasconde le sue simpatie HutuPower, partecipando alle manifestazioni delle milizie paramilitari Imbonerakure. Macron auspica ora il rilancio degli accordi di pace iniziati nel 2016 e una coesistenza pacifica delle varie forze politiche burundesi. Gli accordi di pace, gestiti dall’ex Presidente tanzaniano Benjamin William Mkapa e dal Presidente ugandese Yoweri Kaguta Museveni, in veste di mediatori, sono sempre stati utilizzati dal regime di Bujumbura per guadagnare tempo. Ignorando questo lampante dato di fatto, la Francia sembra consigliare i suoi alleati occidentali ed africani di attendere, lavorare a favore del dialogo politico e creare le condizioni per delle elezioni libere e trasparenti nel 2020 sperando che tutto si risolva senza intervento militare.
Difficile prevedere se la nuova virata strategica di Parigi sia in grado di impedire l’intervento militare auspicato da Angola, Belgio e Rwanda. Fonti locali segnalano grosse divisioni all’interno del CNDD-FDD che stanno portando ad un clima politico incerto. Tre le correnti che si stanno scontrando. La prima, composta da quadri di partito, vorrebbe rilanciare gli accordi di pace e il dialogo con l’opposizione per evitare la catastrofe. La seconda è arroccata in difesa del dittatore. La terza sostiene il gruppo terroristico ruandese delle FDRL.
Gli attacchi perpetuati da Imbonerakure e FLDR in territorio ruandese sembrano più un tentativo di impedire la soluzione militare che un preambolo ad una invasione del Ruanda.
Nel frattempo la situazione economica ha oltrepassato il punto di non ritorno e si sta avviando al collasso totale. Lotte intestine all’interno del CNDD-FDD, l’influenza delle FDLR, la grave crisi economica e l’incapacità della comunità internazionale di risolvere la crisi, sono tutti elementi esplosivi che potrebbero portare ad una situazione irreparabile in cui le responsabilità regionali e internazionali sarebbero minimizzate mentre il popolo burundese ne pagherebbe le terribili conseguenze.