General

Bombe e missili su Gaza, è quasi guerra tra Israele e Hamas

Michele Giorgio 21 luglio 2018
I comandi militari israeliani hanno lanciato ieri una massiccia campagna di attacchi ‎aerei contro Gaza, dando con ogni probabilità il via all’offensiva militare di cui si ‎parla da settimane.

Offensiva che il ministro della difesa Lieberman ha ‎esplicitamente annunciato ieri mattina precisando che sarà ben più ampia di quella ‎di quattro anni fa, Margine Protettivo, che uccise oltre duemila palestinesi. ‎«I capi ‎di Hamas ci stanno portando ad una situazione in cui non avremo scelta, ad una ‎situazione in cui dovremo compiere una larga e dolorosa operazione militare, non ‎soltanto uno show, ma una larga e dolorosa operazione militare‎», ha avvertito il ‎ministro.

‎Dietro la nuova operazione militare però ci sono solo in parte i tanto citati lanci di ‎‎”palloni incendiari” da Gaza verso il territorio meridionale israeliano dove hanno ‎provocato numerosi roghi nell’ultimo mese. Il motivo principale, come ha ammesso ‎proprio Lieberman, «è l’erosione della deterrenza israeliana, un cambiamento ‎nell’equilibrio e, certamente, la sensazione di sicurezza che non è meno importante ‎della stessa sicurezza‎»‎. Israele, in poche parole, sente di non avere il pieno controllo ‎della situazione e quel potere di deterrenza che credeva di aver imposto con ‎l’offensiva di quattro anni fa. E intende ristabilirlo colpendo duramente ad Hamas. ‎Ma a pagare il conto saranno come sempre i civili di Gaza. Ma pesano anche le ‎manifestazioni popolari della “Grande Marcia del Ritorno”, che la gente di Gaza, ‎nonostante gli oltre 140 dimostranti uccisi dai cecchini israeliani dal 30 marzo, ‎continua settimanalmente a ridosso delle linee di demarcazione con Israele ‎invocando la fine del blocco che da 12 anni strangola e tiene prigioniero questo ‎fazzoletto di terra palestinese. Un “attrito” continuo che il governo Netanyahu e ‎comandi militari consideravano non più sopportabile.
‏Israele aveva dato al movimento islamista Hamas, che controlla Gaza, tempo fino ‎a ieri per mettere fine al lancio dei “palloni incendiari”. Hamas aveva respinto ‎l’ultimatum ricordando l’insostenibilità della condizione di Gaza e a sua volta aveva ‎intimato a Israele di riaprire i valichi e di riprendere le forniture di carburante ‎bloccate nei giorni scorsi per ordine del ministro Lieberman. Tuttavia mercoledì e ‎giovedì i suoi leader, per smorzare la tensione, avevano limitato i lanci dei palloni. ‎Sono anche circolate voci di una mediazione portata avanti dagli egiziani per ‎evitare l’offensiva militare e allentare la morsa israeliana su Gaza. I piani militari ‎però erano già pronti. La scintilla che aspettava il ministro Lieberman si è ‎sprigionata ieri pomeriggio mentre migliaia di palestinesi, nel venerdì della Grande ‎Marcia del Ritorno, si stavano radunando in nuove manifestazioni lungo le linee di ‎separazione. Come siano andate le cose non è del tutto chiaro. Secondo una ‎versione alcuni cecchini palestinesi, non si sa di quale formazione armata, avrebbero ‎sparato contro una postazione israeliana ferendo gravemente un militare che è ‎morto poco dopo anche se la conferma ufficiale ieri sera non era ancora arrivata. ‎
Sono passati pochi minuti e l’aviazione israeliana ha centrato una postazione di ‎osservazione nei pressi di Shujayeh uccidendo tre militanti di Hamas. Un quarto ‎palestinese, sempre del movimento islamico, è morto in un raid avvenuto poco dopo ‎vicino Rafah. Sulla periferia di Khan Yunis sono piovuti 15 missili in appena 10 ‎minuti. Gli attacchi sono intensificati e i manifestanti palestinesi hanno abbandonato ‎la zona lungo le linee con Israele – oltre 100 i feriti da proiettili o intossicati dai ‎lacrimogeni, un 14enne colpito alla testa è in fin di vita – mentre i gruppi armati ‎palestinesi hanno sparato colpi di mortaio. In serata da Gaza sono partiti tre razzi, ‎due dei quali sono stati intercettati. Nei centri israeliani a ridosso di Gaza è stato ‎dichiarato lo stato di allerta e molti civili sono scesi nei rifugi.
‎ Un disperato appello a fermarsi prima dell’irreparabile lo ha lanciato ieri sera su ‎twitter l’inviato speciale dell’Onu Nickolay Mladenov: ‎«Tutti devono fare un passo ‎indietro, prima del baratro‎». Altrettanto ha fatto il presidente palestinese Abu ‎Mazen. Ma Gaza già viveva la sua prima notte della nuova guerra.