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Turchia, arrestata giornalista per i suoi post sui social. Aveva raccontato i dubbi sul fallito golpe

Antonella
Napoli, Articolo 21, 21 giugno 2018

È stata
arrestata per dei semplici tweet e post condivisi sui social media. Ma prima
ancora il regime non le aveva perdonato il suo documentario sullo sventato
colpo di Stato in Turchia del 15 luglio 2016.

Per la
giornalista Ece Sevim Öztür questa mattina si sono aperte le porte del
penitenziario di Sulivri dove resterà fino a quando non apparirà davanti ai
giudici che l’accusano di sostegno alla rete di Fethullah Gülen, ritenuto
l’ideatore del fallito golpe.
Ece paga
anche lo scotto di essere, insieme al marito Re
şat Şahin Öztürk, vicina a Muharrem İnce, candidato alla presidenza turca del CHP.
Il
pubblico ministero che conduce le indagini le contesta di aver favorito e
condiviso il tentativo di detronizzare il presidente Recep Tayyip Erdogan e “di
aver volontariamente aiutato nella preparazione del push pur non facendo
parte della struttura gerarchica dell’organizzazione”.
Si
allunga così la lista dei giornalisti imprigionati da quando è stato decretato
lo stato di emergenza, sono oltre 160.
Ma oltre
agli operatori dell’informazione sono in carcere decine di migliaia di persone
sospettate di aver avuto contatti o di aver supportato i golpisti.
Oltre 50
mila tra militari, magistrati, accademici, insegnanti, avvocati e attivisti
sono attualmente in carcere e quasi 100mila sono in attesa di giudizio.
Tanti
anche i politici imprigionati, tra cui Selahattin Demirtas”, leader e candidato
del Partito democratico del Popolo alle elezioni presidenziali che si
svolgeranno il 24 giugno. Per lui sei capigruppo dei partiti o coalizioni
dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa hanno chiesto alle autorità
turche di rilasciarlo immediatamente. 
Questo è
il secondo appello  lanciato per la liberazione di Demirtas, in detenzione
preventiva dal novembre 2016, dopo che gli è stata tolta l’immunità
parlamentare, che secondo l’opinione della commissione di Venezia, espressa
nell’ottobre 2016, andava ripristinata”. Il primo appello era diretto a tutti i
parlamentari europei affinché chiedessero a Ankara di liberare il candidato.
“Ci sono sei candidati alle elezioni presidenziali, ma uno di loro, Selahattin
Demirtas, non è in grado di partecipare alla campagna elettorale.
Questo
disequilibrio di opportunità è contrario al principio di libere elezioni
sottoscritto dalla Turchia in quanto stato membro del Consiglio d’Europa, è il
rilievo mosso dagli esponenti politici della Apce. Ora, a pochi giorni dal
voto, che verrà monitorato da una delegazione dell’organo di Strasburgo, i
presidenti dei gruppi hanno rinnovato la richiesta di rilascio del candidato
pro-curdo “in modo che abbia almeno la possibilità di partecipare agli ultimi
giorni della campagna elettorale”.