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Se il governo giallonero ordina di riconsegnare i migranti a torturatori e schiavisti

Stefano
Galieni, Left, 25 giugno 2018

“Lifeline”
ovvero sagola di salvataggio.
 
La sagola
è una sorta di corda intrecciata che si usa in mare per permettere a chi
rischia di affogare di tirarsi su e salire a bordo. Il nome di questa nave,
adatta a ospitare 50 persone e che ne ha raccolte oltre 220 fra cui 70 minori
non accompagnati e che da giorni è ferma nel Mediterraneo centrale in attesa di
un porto a cui attraccare è la misera metafora dell’Europa.

Si
chiudono i porti, come ennesimo atto di arroganza coloniale, i governanti
discutono a Bruxelles ognuno preso dagli egoismi dei paesi che rappresentano,
ognuno preoccupato del proprio consenso. Ed è grottesco come governi che
producono povertà e miseria ogni giorno, con leggi predatorie, si sentano in
diritto di preservare i propri cittadini dall’arrivo di numeri risibili di
persone da accogliere. E alla manifesta arroganza xenofoba che miete consensi
in Italia come in Ungheria, fa da controcanto l’ipocrisia progressista di chi
balbetta proposte palliative a condizione che non intacchino il suolo
immacolato del proprio paese. I primi vorrebbero anche affondare le navi umanitarie
che praticano il soccorso in mare al limite «istituzionalizzare l’omissione di
soccorso» come scrive Fulvio Vassallo Paleologo. Gli altri continuano ad
inseguire il sogno di esternalizzare le frontiere, realizzando ameni campi di
concentramento in Libia, Niger, forse presto anche in Sudan, ovunque insomma
tutto possa avvenire senza turbare la quiete europea.
Ci si
scandalizza, giustamente, per le gesta criminali di Trump ma come si sta
reagendo alle morti silenziose ed invisibili che si vanno determinando a poche
decine di miglia dalle coste italiane?
Qualcosa
si è mosso partendo dal basso: la mail bombing lanciata domenica 23 giugno
verso la Guardia costiera ha prodotto effetti. Il testo, partendo da un sincero
apprezzamento per il lavoro svolto finora chiedeva, implorava di non mettere in
pratica le disposizioni annunciate. Per chi è in mare sentirsi dire
«rivolgetevi alla Guardia costiera libica» significa dire «commettete un
reato», «riconsegnate le persone in mano a torturatori e schiavisti». In poche
ore siamo stati in migliaia a inviare la mail e molte/i, ne sono certo, sono
fra coloro che ora ci leggono.
E
qualcosa si muove anche nella politica europea, nella sua parte sana. Dopo
l’iniziativa nelle piazze lanciata da Elly Schlein, un’altra europarlamentare
italiana, Eleonora Forenza, GUE/NGL si è imbarcata su una nave di Proactiva
Open Arms, per essere concretamente insieme a questi eroi del nostro tempo che
sono i solidali. Ma non basta.
Il caos
emerso nel vertice informale che si è tenuto domenica a Bruxelles in vista del
cruciale Consiglio Europeo che si tiene mentre leggete queste righe rischia di
essere foriero di nuove, pessime notizie. Se si continua con accordi di
facciata che non intaccheranno la trappola del Regolamento di Dublino ogni
paese si sentirà libero di agire come crede.
Se ne
pagheranno in futuro le conseguenze, avendo reso carta straccia il diritto
internazionale e le leggi millenarie di chi va per mare. Ma qualcuno continuerà
a pagare con la vita la scelta di provare a scavalcare la fortezza e sarà su
quelle donne, quei bambini, quegli uomini che si ucciderà l’idea stessa di
Europa.
E non
dovremo mai dimenticare i nomi e i cognomi di questi assassini seriali