General

PALESTINA. Autorità palestinese reprime protesta in sostegno di Gaza

Nena News, 14 giu 2018

A
Ramallah i manifestanti chiedevano al presidente Abbas di porre fine alle
“misure punitive” contro i gazawi. L’Autorità palestinese, intanto, fa sapere
che non incontrerà il consigliere di Trump la prossima settimana. La Fifa apre
una inchiesta preliminare “per istigazione alla violenza” contro il capo della
federcalcio palestinese
La
protesta ieri a Ramallah

Granate stordenti, lacrimogeni, cariche di agenti in
tenuta anti-sommossa e arresti. E’ stato il “trattamento” scelto dall’Autorità
nazionale palestinese (Ap) per disperdere centinaia di manifestanti palestinesi
che ieri, a Ramallah, hanno protestato contro le misure restrittive decise
dall’Ap contro la Striscia di Gaza, controllata da oltre 10 anni dagli
islamisti di Hamas.

Una
repressione in parte annunciata: dopo essere venuta a conoscenza della
manifestazione, infatti, l’Autorità palestinese aveva mandato subito al corteo
forze dell’ordine in borghese chiedendo, allo stesso tempo, ai sostenitori del
presidente Mahmoud Abbas (screditato da tempo dalla maggior parte dei
palestinesi) di organizzare nello stesso luogo e allo stesso orario una contro-manifestazione.
Il governo di Ramallah ha provato a ridimensionare le proteste di ieri
affermando che a scendere in piazza erano solo sostenitori di Hamas. Che
tradotto vuol dire: l’intento della manifestazione non era per il bene della
popolazione gazawi sotto assedio, ma era soltanto un tentativo del movimento
islamico palestinese di mostrare la sua forza nel fortino dei rivali di Fatah.
Accuse
respinte totalmente da chi era in strada ieri. I manifestanti sostengono di
essere scesi in piazza nella “capitale” della Cisgiordania, sede del governo
palestinese nato dopo gli accordi di Oslo nel 1993, semplicemente per chiedere
ad Abbas di rimuovere le misure restrittive su Gaza, una “punizione collettiva”
per oltre 2 milioni di gazawi. Nella piccola enclave palestinese, assediata da
oltre 10 anni da Israele e in misura minore anche dall’Egitto, nell’ultimo anno
l’Autorità palestinese ha limitato l’ingresso di materiale medico e da mesi non
paga interamente gli stipendi a decine di migliaia di impiegati statali. Secondo
alcuni analisti, questi atti hanno un chiaro fine politico: rendere ancora più
insostenibile la situazione nella Striscia così da creare una rivolta contro il
governo di Hamas. Ma, al momento, l’”Intifada”anti-islamica non c’è stata: queste
mosse politiche hanno solamente aggravato la situazione umanitaria già di per
sé disperata a causa del blocco rigido implementato da Israele nella Striscia.
La
manifestazione di protesta che ha sfilato ieri per le strade di Ramallah era
stata anticipata domenica da un corteo simile: quattro giorni fa duemila
persone si erano radunate nella città cisgiordana per chiedere la fine delle
misure “punitive” dell’Ap su Gaza. “Non ho mai assistito ad una violenza del
genere verso palestinesi da parte delle forze di sicurezza [palestinesi]” ha
denunciato l’attivista Dina J. al portale Middle East Eye. “So di due persone
che sono state arrestate subito dopo aver lasciato l’ospedale dove erano
ricoverate. La polizia li aspettava fuori e le ha arrestate” ha aggiunto.
Nonostante
le violenze subite, gli attivisti scesi in piazza promettono nuove proteste per
la prossima settimana. Che il clima sarebbe stato teso ieri lo si era capito
subito: martedì notte il Consiglio dei ministri dell’Ap aveva rilasciato
infatti una dichiarazione in cui veniva condannata qualunque protesta contro
l’Autorità palestinese e veniva accusata Hamas – che governa la Striscia di
Gaza da oltre 10 anni – per la terribile situazione umanitaria che vivono i
gazawi. Il consigliere del presidente Abbas aveva poi vietato qualunque forma
di protesta fino alla fine del Ramadan “date le circostanze delle feste” e “per
facilitare i cittadini a condurre una vita normale in questo periodo”. L’Eid
al-Fitr, che chiude il mese sacro islamico, è previsto per venerdì.
Qualche
ora prima di reprimere le manifestazioni di piazza, l’Ap riferiva alla stampa
che il presidente Abbas non incontrerà il consigliere (nonché genero) del
presidente Usa Trump, Jared Kushner, in visita in Israele la prossima settimana.
Il motivo resta lo stesso: il riconoscimento statunitense di Gerusalemme come
capitale d’Israele e lo spostamento della sua ambasciata nella Città Santa. Il
portavoce di Abbas, Nabil Abu Rudeineh, ha poi precisato: ogni dialogo
“sull’accordo del secolo” (come Trump definisce la sua idea per porre fine al
conflitto israelo-palestinese) non porterà ad alcun risultato se non
comprenderà anche la questione di Gerusalemme e dei rifugiati palestinesi. La
soluzione, ha aggiunto Abu Rudeineh, deve essere basata solo sull’“iniziativa
di pace araba”.
Ieri,
intanto, la Federcalcio israeliana (Ifa) ha fatto sapere che la Fifa (La
federazione internazionale di calcio) ha deciso di aprire un procedimento
disciplinare contro il capo della Federcalcio palestinese Jibril Rajoub per presunta
istigazione alla violenza. I fatti si riferiscono all’amichevole tra Israele e
Argentina che si sarebbe dovuta disputare sabato scorso a Gerusalemme.
L’incontro,
per cui c’era grande attesa in Israele, era stato alla fine cancellato dagli
argentini ufficialmente per motivi di “sicurezza” dopo le pressioni
palestinesi. L’Ifa aveva subito inviato alla Fifa una protesta formale contro
Rajoub per la sua condotta “violenta”: il leader del calcio in Palestina veniva
accusato da Tel Aviv per i suoi inviti a bruciare la maglietta e i poster del
campione argentino Messi e per le sue “minacce” di non appoggiare la
candidatura dell’Argentina ad ospitare i mondiali nel 2030, qualora questa
avesse giocato a Gerusalemme.
Ma le
notizie negative per i palestinesi provenienti dal mondo del calcio non
finiscono qui: ieri i membri della Fifa hanno rifiutato con una netta
maggioranza (156 voti a favore, 35 contro) una proposta palestinese, sostenuta
da Iraq e Algeria, che invitava l’organismo mondiale del calcio a sanzionare le
nazioni che abusano dei diritti umani. Poco prima del voto la Fifa aveva detto
ai membri dell’organismo di aver già adempito a tutti suoi impegni in tale
campo attraverso riforme e provvedimenti passati negli ultimi tre anni.