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Il porto in cui temono di più la Brexit

Il Post, 10
giugno 2018

A Dover
il ripristino di una dogana “marittima” tra Regno Unito e Francia
avrebbe gravi conseguenze (e creerebbe un traffico mostruoso)
(DANIEL
LEAL-OLIVAS/AFP/Getty Images)
Dal porto
di Dover, nel sud del Regno Unito, passano ogni anno due milioni e mezzo di
camion, che trasportano nei loro rimorchi il 17 per cento del valore
complessivo dei beni commerciati nel paese. Nel porto vero e proprio tutto è
studiato per rendere più rapido possibile lo sbarco dei camion e l’immissione
in autostrada: un carico che arriva dall’Unione Europea passa dalla stiva di una
nave alla strada in circa otto minuti. Il meccanismo potrebbe però incepparsi
con Brexit, prevista al momento per il 2020: come ha
scritto di recente il New York Times
, Dover potrebbe trasformarsi in
un’unica, congestionata colonna di auto e camion.
Una
dimostrazione di quello che potrebbe succedere si è vista nel giugno 2015,
quando uno sciopero dei lavoratori di MyFerryLink, la società che gestisce i collegamenti
via mare dal porto francese di Calais al porto britannico di Dover, ha causato
disagi e code lunghissime
 e spinto centinaia di migranti a
sfruttare il rallentamento del traffico per salire a bordo dei rimorchi di
alcuni camion in viaggio verso il Regno Unito. «Questa situazione si ripeterà
ogni giorno, all’infinito, se non troviamo una soluzione», ha spiegato
di recente a BBC
il capo del porto di Dover, Tim Waggott. Altri
hanno ipotizzato che gli autisti dei camion potrebbero essere costretti a
fermarsi per giorni
prima di poter uscire dal porto.
Il Regno
Unito sta negoziando da tempo la possibilità di mantenere una qualche forma di
accordo doganale con l’Unione Europea. I sostenitori più accesi di Brexit
sostengono invece che il Regno Unito si debba staccare definitivamente, e a un
accordo – che probabilmente costerebbe qualche miliardo di euro – preferiscono
un’opzione che chiamano max fac, che sta per maximum facilitation
(“super-agevolazione”). Fra gli altri, l’ha
appoggiata
per esempio il segretario di stato britannico Boris
Johnson. In pratica, prevede di rafforzare la tecnologia disponibile oggi per
trasferire online buona parte dei controlli burocratici sulle merci. Il
problema è che secondo il New
York Times
, «gli esperti dubitano che la tecnologia sarà pronta per
la fine del periodo di transizione», cioè per il 2020.
Al
momento solamente il due per cento delle merci che passano da Dover proviene da
paesi al di fuori dell’Unione. Questi carichi subiscono un trattamento
speciale, spiega il New
York Times
: devono passare dei controlli che vengono effettuati
lontano dal porto, e completare delle procedure burocratiche che
secondo Richard Christian, il responsabile delle comunicazioni del porto,
impiegano da 20 minuti a diversi giorni.
Se il
Regno Unito uscisse dall’Unione Europea senza un accordo sulle dogane, tutti le
merci dovrebbero subire lo stesso trattamento. «Gli scaffali dei supermercati
resterebbero vuoti, le aziende non potrebbero costruire automobili; sappiamo
cosa succede quando si blocca il traffico», ha spiegato Christian.