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GAZA. Ultimo venerdì di Ramadan: migliaia protestano al confine con Israele

Nena News, 15 giu 2018

Hamas fa
sapere che le “proteste del ritorno” continueranno finché “non sarà rimosso
l’assedio sulla Striscia”. L’esercito israeliano pensa, intanto, a fronteggiare
il “pericolo serio” rappresentato dagli aquiloni e palloni incendiari lanciati
dai palestinesi. Il tentativo è considerarli come “arma” così da poter usare
“legalmente” contro di loro l’aviazione
La
preghiera collettiva di oggi nella Striscia. (Foto: Maan news)
  

AGGIORNAMENTI:
ore 11:00 Agenzia palestinese: “Esercito israeliana ha sparato contro
postazione di Hamas nel sud. Nessun ferito”
Secondo
l’agenzia palestinese Shams, l’esercito israeliano avrebbe sparato stamattina
contro una torretta d’osservazione di Hamas vicino a Rafah, nel sud della
Striscia. Non ci sarebbero stati inferiti. Una portavoce militare ha detto di
non essere a conoscenza di questo “incidente”.
Sempre
stamane l’esercito israeliano ha detto che un uomo disarmato palestinese è
stato arrestato per essersi infiltrato in Israele dalla parte settentrionale
della Striscia.
Roma, 15
giugno 2018
– Nell’ultimo venerdì di Ramadan, decine di migliaia di
palestinesi hanno deciso di compiere la preghiera dell’Id al-Fitr nei “campi
del ritorno” allestiti nelle aree orientali della Striscia di Gaza, a confine
con Israele. Durante la khutba di oggi, uno dei membri dell’ufficio politico
del movimento islamista Hamas, Khalil al-Hayya, ha detto che “il popolo
palestinese continuerà le sue marce del ritorno finché non sarà tolto l’assedio
[sulla Striscia]”. “Il nostro popolo – ha spiegato – è legato alla sua terra,
alla sua religione e alla Palestina e si opporrà a qualunque tentativo volto a
privargli il suo diritto alla patria o che gli concederà una patria
alternativa”. “Per fare ciò – ha poi sottolineato – c’è bisogno di maggiore
unità: per raggiungere Gerusalemme, dobbiamo essere uniti”.
Come ogni
venerdì a partire dallo scorso 30 marzo, da quando cioè sono iniziate “le
proteste del ritorno” nella Striscia di Gaza, dopo la preghiera collettiva del
venerdì i palestinesi protesteranno oggi al confine con Israele. Qui, ad
attenderli, dietro a terrapieni e alla “recinzione di sicurezza”, ci saranno
come sempre decine di cecchini israeliani e un massiccio spiegamento di
soldati. Indifferente all’uccisione di 126 gazawi (alla lista delle vittime
ieri si è unito il 21enne Ziad Tawfiq al-Assi morto per le ferite riportate
durante una delle proteste), l’esercito israeliano ha fatto sapere ieri che sta
cercando un modo per fermare i palestinesi che preparano gli “aquiloni e i
palloncini incendiari” lanciati dalla Striscia verso Israele. Secondo quanto
riferisce Tel Aviv, questi attacchi hanno provocato l’incendio di oltre 6.000
acri di terra presso le comunità israeliane confinanti con l’enclave assediata
palestinese (non hanno causato però feriti, né danni significativi ad edifici e
strutture). “Un problema serio” per i militari israeliani che ha aumentato
recentemente “gli spari di avvertimento” contro i gruppi di palestinesi che
adoperano questi particolari aquiloni.
Il
tentativo dell’esercito, riferisce Hadashot news, è però quello di studiare un
modo per definire tali strumenti come “armi”. Una questione niente affatto
linguistica: se dovesse passare questa equivalenza, infatti, l’aviazione
otterrebbe la luce verde per colpire coloro che li stanno preparando e
lanciando. Una opzione che, sottolinea il Times of Israel, appare essere
altamente controversa per due motivi: il primo perché potrebbe colpire altre
persone presenti nel gruppo dei lanciatori. Il secondo perché causerebbe altre
rogne internazionali a Israele, già condannata mercoledì da una risoluzione Onu
per “uso eccessivo di forza” contro i manifestanti palestinesi.
La
preoccupazione del Times of Israel, però, non è condivisa da molti politici
israeliani che suggeriscono invece all’esercito di rispondere con decisione
contro queste “armi del terrore”, il cui numero di attacchi è aumentato nelle
ultime settimane. L’indiscrezione di Hadashot giungeva poche ore dopo che un
gruppo dell’enclave palestinese del campo profughi di Bureij aveva annunciato
che nella protesta di oggi, particolarmente sentita essendo quella dell’Id
al-Fitr, la sua “unità” avrebbe lanciato 5.000 aquiloni e palloni incendiari
verso il territorio israeliano. Ieri l’esercito ha sparato due volte colpi di
avvertimento verso un gruppo di gazawi che erano sul punto di usare questi
strumenti di attacco. Poi era passata direttamente all’azione con la sua
aviazione colpendo, sempre nell’area di Bureji, una “struttura” dove vengono
prodotti (non si registrano feriti). L’esercito si è poi vantata di aver
contrastato “con successo il loro pericolo” attraverso l’uso di droni. Una
posizione non condivisa da tutti in Israele: c’è chi ha osservato infatti come
questa strategia non abbia funzionato del tutto dato che i lanci continuano. Il
ministro della pubblica sicurezza Erdan è stato però chiaro: i soldati devono
“sparare a vista” a tutti coloro che usano questi “aquiloni terroristi”.
Secondo
Tel Aviv, questi attacchi palestinesi hanno creato danni stimati in 1,4 milioni
di dollari. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha proposto per
rappresaglia di far pagare le spese dei danni ai palestinesi trattenendo i
soldi delle tasse che Israele riscuote prima di girarli a Ramallah in base a
quanto stabilisce il Protocollo di Parigi. Mossa criticata da alcuni in
Israele: l’Autorità palestinese, hanno ricordato, ha limitato controllo sulla
Striscia e perciò non dovrebbe essere punita.