General

GAZA. Altre due vittime del fuoco israeliano

Nena News, 19 giu 2018
Ieri sono morti nella Striscia due giovani colpiti durante la Marcia del Ritorno. In Cisgiordania estesa di quattro mesi la detenzione amministrativa della parlamentare del Pflp Khalida Jarrar
Le manifestazioni di proteste a Gaza
A Gaza si continua a morire: ieri due palestinesi, entrambi ricoverati all’ospedale Shifa, hanno perso la vita dopo essere stati colpiti da pallottole sparate dall’esercito israeliano lungo le linee di demarcazione tra la Striscia e Israele.
Sabri Ahmad Abu Khader, 24 anni, è stato ferito ieri a est di Gaza mentre raggiungeva con altri palestinesi il campo di tende costruito per la Grande Marcia del Ritorno, iniziata il 30 marzo come iniziativa popolare per rivendicare il diritto al ritorno dei rifugiati cacciati nel 1948. Le proteste, che sarebbero dovute terminare il 15 maggio, 70esimo anniversario della Nakba palestinese, stanno continuando come continua la dura repressione dell’esercito israeliano.
Ieri in ospedale è morto anche un minorenne, Zakariya Hussein Bashbash, di 13 anni. Viveva nel campo profughi di al-Burj, nel centro di Gaza. Era stato colpito da proiettili dei tiratori scelti israeliani alcuni giorni fa e da allora era ricoverato in terapia intensiva.
Dal 30 marzo a oggi sono oltre 120 i palestinesi uccisi lungo le linee di demarcazione tra Gaza e Israele, durante la Grande Marcia. Nonostante le condanne internazionali – ribadite anche la scorsa settimana dall’Onu che in Assemblea Generale ha votato a favore della risoluzione che chiedeva la protezione dei civili palestinesi – Israele prosegue nell’uso eccessivo della forza contro manifestanti disarmati, così come denunciato da organizzazioni internazionali e associazioni per i diritti umani.
Ma la repressione colpisce anche in Cisgiordania: domenica una corte militare ha esteso di altri quattro mesi la detenzione amministrativa – senza processo né accuse ufficiali – della parlamentare Khalida Jarrar, membro del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Avrebbe dovuto essere rilasciata il prossimo 30 giugno.
Jarrar è stata arrestata un anno fa, ma da allora nessuna accusa ufficiale è stata mossa contro di lei impedendo ai suoi legali di mettere in piedi un qualche tipo di difesa. Nel 2015 aveva già scontato 15 mesi dopo essersi rifiutata di trasferirsi da Ramallah a Gerico per un anno e mezzo su ordine di una corte militare. Una sentenza che molti leggono come una punizione per la sua attività politica diretta a raccogliere documenti e prove per un’incriminazione di Israele alla Corte Penale Internazionale.
Secondo l’esercito, l’estensione della detenzione amministrativa si basa su “informazioni segrete” secondo le quali “rappresenta ancora una minaccia sostanziale”. Il marito, Ghassan, ha ieri parlato di caso politico, “di detenzione politica”: “Nel suo processo, la sicurezza israeliana non è riuscita a fornire prove contro di lei, per questo usano la detenzione amministrativa”.
A oggi, secondo l’associazione palestinese Addameer, sono 6.150 i prigionieri politici palestinesi detenuti in Israele, di cui 450 in detezione amminitrativa. Undici i parlamentari palestinesi in carcere.