Cosa sta succedendo in Irlanda dopo il referendum sull’aborto
Francesca
Lozito, Lettera Donna, 15 giugno 2018
Il punto
sulla situazione nel Paese dopo la vittoria del sì. Ma ci sono ancora tanti
problemi tecnici, politici ed etici da risolvere.
«Faremo
la legge entro l’autunno» prometteva il ministro della Salute Simon Harris
all’indomani della votazione del referendum
sull’aborto in Irlanda che, con la vittoria del sì al 66%, il 25
maggio 2018 rimuoveva l’equiparazione costituzionale del diritto alla vita
della madre e del bambino. A fine marzo Harris aveva già presentato le linee
essenziali della legge che sarebbe entrata in vigore se avessero vinto i sì. Lo
aveva fatto però senza tenere conto di quello che, in questo momento, è
l’ostacolo principale alla velocizzazione dei tempi di approvazione: il parere
dei medici di base.
Cosa
prevede la legge sull'aborto in irlanda
Sono
infatti loro i principali erogatori del servizio per le donne che decidono di interrompere
la gravidanza entro la 12esima settimana di gestazione: il sistema sanitario,
infatti, prevede che in questi casi venga usata prevalentemente la pillola
abortiva. E in ogni caso sono comunque coloro che per ben due volte nel giro di
72 ore devono ascoltare la donna e indirizzarla verso gli ostetrici e i
'professionisti esperti' qualora non fosse possibile utilizzare la pillola. Per
quei casi di difficoltà nel portare avanti la gravidanza per gravi motivi,
oltre la 12 settimana, è necessario ovviamente che siano gli specialisti a
prendere in carico la donna. I medici di base in Irlanda sono a pagamento: la
tariffa per dieci minuti di visita è di 60 euro. È stata elaborata una stima di
costo delle due visite per richiedere l’aborto: 180 euro. Si tratta,
ovviamente, di colloqui che richiedono più tempo.
L'aborto
non è come l'asma o il diabete
A questo,
però, si aggiunge un altro problema. La Nagp, l’associazione nazionale dei
medici di base, che riunisce 2000 professionisti, ha tenuto un incontro in cui
l’85% della categoria ha espresso la propria perplessità sull’essere i soggetti
più adatti a questo tipo di prestazione. «Ascoltare una donna che chiede
l’aborto e stabilire se può farlo non è come curare un malato di asma o di
diabete», ha scritto in una lunga lettera il presidente della Nagp Maitiu O
Tuathail. Simon Harris si è letteralmente infuriato per questa posizione e ha
espresso il disaccordo attraverso questo tweet in cui dice che una donna non
può sedersi di fronte a un dottore e questi risponderle che non può aiutarla.
Per il ministro della Salute, è necessaria una «obiezione coscienziosa».
L'obiezione
di coscienza
Sul
tavolo, dunque, c'è anche la partita dell’obiezione di coscienza: scelta di una
struttura nella sua interezza o del singolo professionista? I farmacisti
chiedono di poter obiettare anche loro, essendo coloro che andranno a vendere
la pillola. E intanto il primo ministro Leo Vardakar, il 12 giugno 2018, ha
chiesto in Parlamento che anche le strutture cattoliche lascino la possibilità
di obiettare come un fatto soggettivo.
In
irlanda non ci sono consultori
Oltre
alla questione etica, ce n'è anche una strutturale. I medici, infatti, chiedono
che per le donne vengano costituiti dei centri di riferimento, simili ai consultori
italiani, di cui l’Irlanda è sprovvista. E, paradossalmente, proprio quando il
Paese fa richiesta di maggiori strutture in grado di ascoltare le donne,
l’associazione Cura, con sede a Maynooth, fondata dalla Chiesa cattolica, che
per 40 anni aveva sostenuto le donne con problematiche di gravidanza, ha
annunciato di chiudere. Era stato il sindacato degli studenti a denunciare la
possibilità che accadesse durante la campagna elettorale. In un post su
Facebook la Union of students si era già dissociata da questa decisione.
Quindi, a
che punto siamo con l'abortion bill?
Sull’Abortion
Bill, che ha spaccato il partito di Sinn Féin a marzo 2018, al punto da
decidere per la sospensione di uno dei suoi membri e che aveva incassato
l’assenza in aula per aggirare la cacciata di Peadar Toibìn, senatore a cui il
fronte del no aveva affidato proprio contro ad Harris il dibattito finale sulla
televisione nazionale, ora i repubblicani lasciano libertà di voto di
coscienza, proprio come i liberali di Fine Gael. Segno che sul testo non c’é
concordia. La paura che aleggia in molti è che ad arginare l’incapacità della
politica di mettere d’accordo i soggetti coinvolti arrivino società private,
proprio da quella Gran Bretagna in cui fino a ieri le donne irlandesi si
recavano ad abortire.