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BAHRAIN. Il re esclude l’opposizione dal voto

Nena News, 12 giu 2018

Il
monarca ha ratificato la legge che non permette la candidatura ai membri e i
leader dei partiti sciolti in questi anni perché critici del regime, lo sciita
al-Wefaq e il laico socialista Waad
Sostenitori
del Waad portano cartelli con l’immagine del segretario del partito Ebrahim
Shareef , settembre 2014. (Foto: Hamad I Mohammed/Reuters)
Non cessa la repressione istituzionalizzata delle
opposizioni politiche in Bahrain. Arresti di centinaia attivisti, revoche della
cittadinanza, assedi delle città sciite, messa al bando di partiti e chiusura
di giornali ieri hanno visto aggiungersi un nuovo capitolo: re Hamad ha
ratificato la legge sull’esercizio dei diritti politici (sic) che esclude i
membri dei partiti di opposizione dissolti dal correre alle elezioni previste
per il prossimo ottobre.

La legge
proibisce “ai leader e ai membri delle associazioni politiche dissolte per aver
violato le leggi e la costituzione del regno” di candidarsi alle elezioni
parlamentari. Esclusi anche i condannati per tradimento e “chi ha
intenzionalmente danneggiato il processo costituzionale e parlamentare”. Nella
pratica i tanti politici e attivisti condannati in questi anni per la loro
attività politica di dissenso.
Tra i
partiti nel mirino ci sono al-Wefaq, formazione sciita di opposizione, e il
partito laico Waad, Società di Azione nazionale democratica. Tutti accusati
dello stesso “reato”, tradimento e attività terroristiche per conto del nemico
sunnita per eccellenza, l’Iran, spauracchio che ha “giustificato” la durissima
repressione – via Arabia Saudita – della primavera bahrainita del 2011.
Poche settimane
fa una corte di appello aveva confermato i cinque anni di prigione per il noto
difensore dei diritti umani Nabeel Rajab, arrestato per tweet critici verso
l’operazione militare saudita in Yemen a cui il Bahrain prende parte. Una
condanna arrivata a febbraio mentre Rajab si trovava già in prigione dove
sconta una pena per dichiarazioni “false e maliziose” contro le autorità
nazionali: in un’intervista del 2015 aveva denunciato le torture a cui sono
sottoposti i prigionieri politici in carcere.
Vietato
dissentire, la repressione è senza freni e mette a tacere ogni voce critica. Esattamente
un anno fa Manama aveva chiuso “fino a ulteriore avviso” il quotidiano
al-Wasat, l’unico media indipendente del paese dopo un articolo sulle proteste
all’epoca in corso nel Rif marocchino. Per le autorità bahrainite un’offesa a
un paese arabo fratello. L’ennesima chiusura: dalla rivoluzione della Perla,
nella primavera 2011, il quotidiano era stato chiuso tre volte.
Una
settimana prima, a maggio 2017, ad essere sciolto era stato il partito Waad,
laico e socialista, a cui le autorità hanno confiscato tutti i beni con
l’accusa di sostegno al terrorismo. Anche qui non una novità: dalla sua
fondazione, negli anni Sessanta, il partito è stato più volte target di dure
repressioni nonostante la politica di opposizione non violenta sempre
professata. Un anno prima, nel 2016, stessa sorte era toccata allo sciita
al-Wefaq.