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Trudeau alle prese con i conservatori che vogliono meno migranti. E con il vicino scomodo Trump

Michela Iaccarino, Left, 14 maggio 2018

«Voi che scappate da persecuzioni, terrore e guerra, noi
canadesi vi accoglieremo, a prescindere dal vostro credo. La diversità è la
nostra forza. Benvenuti in Canada». Lo scriveva il premier Trudeau su twitter
nel gennaio 2017.
 
Un anno dopo quelle parole, nel 2018, verranno ammessi nel
Paese 310mila rifugiati, ma la politica dell’accoglienza coltivata negli ultimi
anni dal governo, supportata, va detto, dalla gran parte della popolazione, è
nel mirino dell’opposizione conservatrice e sottoposta allo stress dei
negoziati con i vicini di Washington. Le porte del paradiso canadese non stanno
per chiudersi, ma potrebbero essere, d’ora in poi,
più difficili da raggiungere
.

Il numero di migranti che dal confine americano giungono a
piedi in Canada è in continuo aumento, soprattutto dopo la vittoria alle
elezioni di Donald Trump e la sua politica dei muri. Nel 2016 in 7mila sono
entrati via terra, il 63% in più dell’anno precedente, secondo la Canada Border
Services Agency. Nel 2017 sono stati quasi il triplo, oltre 20mila: da passaggi
non sorvegliati alla frontiera, attraverso siti remoti del confine dei due
Paesi, hanno sfidato
il gelo, temperature sotto zero e neve, un passo dopo l’altro
. La
maggior parte di loro arriva da Haiti e Nigeria, ma molti sono minori non
accompagnati, figli di migranti che hanno raggiunto gli Stati Uniti.
«All’inizio al Canada piaceva sentirsi moralmente
superiore, poi ha cominciato a preoccuparsi che i richiedenti asilo fossero
migranti economici. L’opposizione dei conservatori ha accusato il governo di
perdere il controllo della migrazione. Queste accuse minano il consenso sulla
politica migratoria, che comunque rimane generosa: il Canada quest’anno
ammetterà 310mila migranti e rifugiati, equivalenti allo 0,8% della sua
popolazione», scrive
l’Economist
.
I conservatori del Paese adesso vogliono un piano “alla
crisi” creata dai liberali di Trudeau, un progetto alternativo alla
“welcome-to-Canada policy”, la politica del benvenuti nel Paese. Il ministro dei
trasporti Marc Garneau ha risposto «consiglio ai miei colleghi di scegliere le
parole attentamente, informazioni false e retorica incendiaria nutrono le
fiamme della paura e divisione».
Ma anche altri si sono uniti al coro del blocco
migratorio. David
Heurtel, ministro per l’immigrazione del Quebec, ha detto il mese scorso
:
«non si tratta di soldi. Si tratta di dire che il Quebec può fare la sua parte,
ma le nostre risorse sono completamente sature e non possiamo fare di più».
Per il primo
ministro Trudeau il problema di immigrazione clandestina in corso è
attribuibile
a mesi di negoziati infruttuosi con l’amministrazione
Trump. E ha continuato a difendere la sua politica. Trudeau
infatti ha affermato
che «è assolutamente irresponsabile da parte
dei conservatori suscitare paure e preoccupazioni sul nostro sistema di
immigrazione e sui rifugiati».
Comunque «attraversare il confine in un modo che cerca di
eludere la legge o sfidare la procedura corretta non è un biglietto gratuito
per il Canada», ha detto invece pochi giorni fa Ralph Goodale, il ministro
della sicurezza pubblica del Paese. I funzionari governativi ritengono che
oltre il 90% di coloro che entrano in Canada non soddisfano i criteri per
essere considerati rifugiati: «devono dimostrare di aver bisogno della
protezione del Canada per essere al sicuro», ha detto Goodale, «cercare asilo
non è una scorciatoia per aggirare le normali regole e procedure di
immigrazione».
Intanto al Paese che ha teso la mano più di altri ai
rifugiati in questi anni di crisi, affinché non inverta la sua rotta solidale,
Amnesty Canada ha già lanciato
il suo appello
: «Canada, non abbandonare i rifugiati, gli Usa non
sono più un luogo sicuro».