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✊ SPECIAL NAKBA _ Una giornata della Nakba diversa dalle altre

Di Luca
Misculin, Il Post, 16 maggio 2018

Il giorno
dopo la strage di Gaza non ci sono stati altri scontri, al contrario di quanto
si temeva, a dimostrazione di una cosa importante
Jaafar
Ashtiyeh/AFP/Getty Images
Cosa fa
un gruppo di palestinesi nella piazza centrale di una città della Cisgiordania
nel giorno in cui si ricorda la Nakba,
cioè “la catastrofe”, la sconfitta delle forze arabe nella guerra del 1948
contro Israele? Prega. I canti che vengono dalla Basilica della Natività di
Betlemme, dove si sta celebrando una messa in arabo, sono gli unici che si
sentono verso le sei del pomeriggio, quando è ancora pieno giorno. Di solito la
piazza è piena di pellegrini con i bastoncini per i selfie e tassisti in cerca
di clienti. Qualcuno poteva pensare che il giorno successivo alla strage di 60
palestinesi
durante le ennesime protesta di massa nella Striscia di
Gaza, gli abitanti della città si sarebbero mobilitati a loro volta: il giorno
della Nakba tra i palestinesi è molto spesso un giorno di proteste,
manifestazioni e scontri. Ma tutto quello che si sente, una volta finita la
messa, sono le grida di alcuni bambini che hanno iniziato a palleggiare nella
piazza deserta.
Questo
silenzio racconta qualcosa. Anche al confine fra la Striscia di Gaza e Israele,
dopo le proteste e le uccisioni di lunedì, la giornata di martedì è stata molto
più tranquilla: si sono celebrati i funerali dei manifestanti uccisi dai
soldati israeliani, e alcune tende che servivano a ospitare le famiglie dei
manifestanti sono state persino smontate. Secondo
alcuni media israeliani
i leader di Hamas, il gruppo politico che
controlla la Striscia di Gaza e che sta sostenendo le proteste, avrebbero
consigliato ai manifestanti di non protestare per lasciare che i giornali
internazionali continuassero a parlare della strage di lunedì. In tutta la
giornata hanno partecipato alle proteste quattromila
persone
, quasi un decimo rispetto al giorno prima.

Qualcosa
di simile è successo anche in Cisgiordania. Fatah, il partito “moderato” che
qui è molto potente, ha indetto uno sciopero generale in risposta alle
uccisioni a Gaza. In generale nelle ultime settimane ha evitato di incoraggiare
qualsiasi protesta, probabilmente perché avrebbero fatto il gioco di Hamas. Il
risultato è che pochissime persone hanno partecipato alle manifestazioni per la
Nakba nelle città principali della Cisgiordania: secondo l’esercito israeliano,
in tutta la giornata sono stati coinvolti nelle proteste solamente 700 persone.
A Betlemme sono rimasti chiusi praticamente tutti i negozi, compresi i
ristoranti e quelli che vendono souvenir per turisti. Le immagini di migliaia
di persone che scendono in piazza per commemorare la Nakba, come successo per
esempio l’anno scorso,
sono molto lontane.
È vero
che molti tour operator che organizzano pellegrinaggi potrebbero avere evitato
qualsiasi attività per via delle celebrazioni per la Nakba; ma il silenzio che
pervadeva molti quartieri della città – come la dimensione delle proteste del
giorno prima a Gaza – dice molto sul controllo del territorio che esercitano
ancora Fatah e Hamas, i due partiti che da trent’anni si contendono la
legittimazione a rappresentare gli interessi dei palestinesi. Gli analisti
sostengono da anni che solo un’alleanza fra loro, per quanto
complicata
, potrebbe
ridare slancio
alla causa per la nascita di uno stato palestinese.
Eppure
ieri qualcuno ha manifestato, “sfidando” le indicazioni dei leader politici: a
Betlemme, per esempio, circa duecento manifestanti si sono scontrati per alcune
ore con i soldati dell’esercito israeliano bloccando la strada principale che
porta al centro della città. Alle sei del pomeriggio gli scontri si erano già
conclusi; Haaretz ha scritto
che in tutto 12 persone sono state ferite dai proiettili di gomma sparati dai
soldati israeliani, che hanno evitato che la protesta arrivasse fino a una loro
torretta di controllo. Altri scontri del genere sono avvenuti a Ramallah e
Hebron, senza grosse conseguenze.
Non è
chiaro cosa potrebbe succedere nei prossimi giorni. Ieri sera è iniziato
il Ramadan, il mese considerato sacro dai musulmani, i cui primi giorni di
solito coincidono con manifestazioni e tensioni con l’esercito israeliano.
Ismail Haniyeh, il capo della divisione politica di Hamas, parlando a una
cerimonia a Gaza ha detto che i palestinesi «hanno ancora molto da dare» e sono
disposti a manifestare ancora.