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Più papisti del papa. Il crocifisso negli uffici? La Chiesa tedesca dice no

Di Giacomo
Russo Spena, MicroMega, 2 maggio 2018

In
Germania Markus Söder, presidente della Baviera, andando in controtendenza con
la storia laica del Paese, ha reso obbligatoria da giugno l’esposizione del
crocifisso negli uffici pubblici del Land. 
 

Markus
Söder (CSU), Presidente della Baviera

Ma a schierarsi contro, oltre
all’opposizione, sono le gerarchie ecclesiastiche. Per il card. Reinhard Marx:
“La croce è un segno di protesta contro la violenza, l’ingiustizia, il peccato
e la morte, ma non un segno contro altre persone”. Bocciati così i lacchè del
Vaticano che giocano a fare i Crociati.




Succede
sempre più spesso: lacchè del Vaticano che diventano più fondamentalisti delle
stesse gerarchie ecclesiastiche. È lunga la lista dei politici europei più
papisti del Papa. Per ultimo arriva il caso di Monaco, in Germania, dove il
presidente della Baviera, il cristiano-sociale Markus Söder, ha imposto una
legge regionale che rende obbligatoria da giugno l’esposizione del crocifisso
in tutti gli uffici pubblici del Land.


Una
decisione in controtendenza con la storia (laica) del Paese tedesco, nel quale
una sentenza della Corte Costituzionale del 1995 ha sancito di togliere dalle
scuole pubbliche bavaresi il crocifisso, subordinando la sua permanenza ad
un’esplicita richiesta di genitori, insegnanti ed alunni.


Era così,
fino al provvedimento della scorsa settimana. Questo sarà “una chiara
dimostrazione del rispetto dei valori fondamentali del pubblico e della legge e
dell’ordine in Baviera e in Germania”, si legge nella dichiarazione del
governatore Marcus Söder, secondo cui questa azione non viola la disposizione
sulla neutralità in materia religiosa prevista dalle leggi tedesche.


Una
sortita che, oltre ad andare contro la Corte costituzionale, metterebbe in
difficoltà persino la CDU di Angela Merkel. La CSU bavarese, infatti, è un
partito regionale più conservatore del corrispettivo nazionale e ha sempre
mantenuto posizioni più ferme e tradizionaliste: “L’Islam non è parte del
nostro Paese” aveva detto Seehofer, ex presidente della Baviera appena nominato
ministro dell’Interno, per poi continuare: “La Germania è stata forgiata dalla
cristianità e in questo rientrano le domeniche di festa, e i giorni solenni
come Pasqua, la Pentecoste e Natale”. Ora è il turno della crociata
fondamentalista di Söder che, guarda caso, giunge alla vigilia delle elezioni
per il Landtag, previste per il 14 ottobre.


Per Uli
Grötsch, segretario generale della Landhaus bavarese del Partito
Socialdemocratico Tedesco (SPD), la CSU è in calo nei sondaggi e con questo
provvedimento cercherebbe di guadagnare voti tra i settori tradizionalisti e
ultra cattolici, dimostrando di avere ancora posizioni di destra: “Considero
che il segnale che il signor Söder invia ai rappresentanti delle altre comunità
religiose sia disastroso, e non importa a chi è indirizzato: ebrei, musulmani,
buddisti o persone di un’altra fede. La Germania è un luogo in cui tutte le
persone sono in grado di professare la loro fede”. Dello stesso avviso i leader
della Linke e dei Verdi che definiscono questa legge sul crocifisso di natura “populista
e anticostituzionale”. In un Paese laico, dove la Costituzione garantisce che
lo Stato e la Chiesa sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani,
Söder si comporta in maniera non molto differente da alcuni Paesi islamici,
tanto demonizzati.


Non si è
fatta attendere la replica del presidente della Baviera, secondo cui le croci
non sono un simbolo religioso del cristianesimo, ma il principale simbolo
dell’identità culturale del cristianesimo. “La croce non è un segno di una
religione ma l’impegno per un’identità, per un imprinting”, sono state le sue
parole. Sarebbe, quindi, una questione di radici cattoliche. Ma se qui
rimaniamo nel teatrino politico, nel botta e risposta tra maggioranza e
opposizione in Baviera, di ben altro valore ha l’opinione di Marx. Non del
comunista Karl, che il 5 maggio festeggerà i 200 anni, ma di Reinhard Marx,
arcivescovo di Monaco di Baviera.


“Se la
croce è vista solo come un simbolo culturale, non la si capisce”; la croce “è
un segno di protesta contro la violenza, l’ingiustizia, il peccato e la morte,
ma non un segno contro altre persone”, ha dichiarato il cardinale in
un’intervista sul Süddeutschen Zeitung (Sz). Il suo è un “no” forte e vibrante
al crocefisso appeso d’obbligo negli uffici pubblici: “Non spetta allo Stato
spiegare quale sia il significato della croce”.


Tra
l’altro il cardinale Marx non è stato il solo a esprimere il proprio disaccordo
verso una scelta che, a sei mesi dalle elezioni bavaresi, suona come un
richiamo populista da campagna elettorale. Qualche giorno prima aveva detto
cose analoghe l’arcivescovo di Bamberga mons. Ludwig Schick, affermando che “la
croce non è un segno identitario di una regione o di uno Stato” ma un invito a
vivere nella solidarietà e nell’amore. Gli ha fatto eco il vescovo di Limburg
mons. Georg Bätzing: “Si può presumere che lo scopo dell’ordinanza sulla croce
sia quello di rendere chiara un’identità tramite una demarcazione. Come vescovo
non posso appoggiare questa iniziativa, la croce non è questo”.


Neanche i
sondaggi vengono in soccorso del governatore Söder, secondo un rilevamento
dell’istituto Emnid per la Bild, è contrario all’esposizione del crocefisso il
64 per cento dei tedeschi. Nella piena attuazione di una Costituzione che non
prevede religioni di Stato, la presenza di simboli genera un’inammissibile
privilegio per la religione cattolica. Siamo ai paradossi, la politica invece
di garantire la laicità, e farne proprio cardine, utilizza il crocifisso per
racimolare qualche voto integralista, suscitando persino le ire delle gerarchie
ecclesiastiche. Ma se i lacchè del Vaticano giocano a fare i Crociati, ci sarà
sempre un Marx che sarà contro i crocifissi nei luoghi pubblici.