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Migranti uccisi e gettati in fosse comuni in Gambia: l’ex presidente Jammeh sotto accusa

Michela
Iaccarino, LEFT, 18 maggio 2018
Se la
fortuna, l’orizzonte e le onde li avessero assistiti, le loro speranze si
sarebbero realizzate e avrebbero raggiunto le coste spagnole. Guardavano il
mare che li separava dall’Europa nel 2005, ormai molti anni fa, 50 africani.
Yahya
Jammeh

Erano
migranti ma forse non si saprà mai esattamente da quali villaggi e Paesi erano
arrivati fin lì, su quella spiaggia. Sono stati uccisi da una squadra d’assalto
– i Junglers – che li ha scambiati per mercenari che volevano rovesciare il
governo del Paese: il Gambia.

Questa storia
ritorna alla luce adesso perché le organizzazioni dei diritti umani

stanno cercando di far aprire un’inchiesta e il 16 maggio
hanno reso note delle prove
e testimonianze
su quel massacro
. I Junglers prendevano ordini dall’uomo più
potente della nazione, il presidente Yahya Jammeh.
Tra i
migranti fermati sulla spiaggia nel 2005 in 44 arrivavano dal Ghana, altri
dalla Nigeria, altri dall’Africa dell’Ovest. Insieme alla squadra della morte
dei Junglers c’erano ufficiali di alto rango del Paese – l’ispettore generale
della polizia, il capo dell’agenzia di intelligence del Gambia, il capo dello
staff della difesa e quello della guardia nazionale. Dopo averli torturati, una
settimana dopo, i Junglers hanno ucciso i migranti al confine con il Senegal,
nei pressi di Kanilai. Ora cominciano ad essere disseppelliti dalle fosse comuni.
Trial
International e Human Rights Watch adesso accusano l’ex presidente Jammeh di
aver dato l’ordine di ucciderli. Le ong hanno intervistato 30 ex ufficiali del
presidente, 11 dei quali direttamente coinvolti nelle esecuzioni, dice il
report HRW
.
Ma a
raccontare questa storia per la prima volta a HRW è stato Martin Kyere,
ghanese, unico e solo sopravvissuto del massacro. Prima detenuto nella stazione
di polizia, portato poi nella foresta per essere torturato e ucciso, Kyere si è
rocambolescamente liberato ed è riuscito a scappare.
«I
migranti africani non sono stati uccisi da delinquenti, ma da una squadra della
morte paramilitare che prendeva ordini dal presidente Jammeh, hanno distrutto
elementi chiave per evitare che gli investigatori internazionali conoscessero
la verità» ha detto Reed Brody, consulente HRW. Jammeh ha regnato con la
violenza brutale per 22 anni dalla capitale Banjul, ricorrendo ad abusi dei
diritti umani, sparizioni forzate, omicidi extragiudiziali, detenzione
arbitraria.
Ora
«cerchiamo di farlo estradare in Ghana per processarlo per i suoi crimini» ha
detto Brody. Jammeh ha perso le elezioni presidenziali nel 2016 contro Adama
Barrow e dal 2017 vive in esilio in Guinea equatoriale. È dallo stesso
anno che HRW e altre ong per i diritti umani tentano di assicurarlo alla
giustizia.