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Le otto artiste femministe che negli Anni ’70 hanno infranto lo status quo

Lettera Donna, 15 aprile 2018

Il 15
aprile è il World Art Day, ovvero la giornata dedicata all’arte. Per
celebrarla, conosciamo meglio chi ha lottato per rivoluzionare il sistema
maschio-centrico.

Il femminismo
non è soltanto un movimento politico e culturale. È stato ed è anche una forza
capace di cambiare le regole dell’arte in ogni sua forma. Merito di quelle
avanguardie che si sono formate dopo il ’68 e che hanno contribuito nella
pittura, nella fotografia, nella scultura e nella musica a stravolgere lo
status quo facendo fare una lunga riflessione non soltanto agli addetti ai
lavori ma anche a tutto il mondo: le donne contano esattamente come gli uomini.
Un messaggio che allora risultava rivoluzionario e che continua ad essere
attuale, anche a 50 anni di distanza. E proprio nel World Art Day, che si
celebra il 15 aprile, proviamo a conoscere meglio le otto artiste che sono
andate controcorrente e hanno sfidato il sistema maschilista, selezionate
dall’Huffington Post americano
.
CHE COS’È
IL WORLD ART DAY?
Prima di
scoprire le ‘fantastiche otto’, è bene sapere che cosa è precisamente il World
Art Day. Già il nome ci suggerisce qualcosa: si tratta di una giornata
completamente dedicata all’arte e celebrata per la prima volta il 15 aprile del
2012 a Guadalajara, in Messico, con l’obiettivo era promuovere la
consapevolezza dell’attività creativa in tutto il mondo. Ma perché proprio il
15 aprile? Beh, questa data è molto importante: è il giorno in cui è nato Leonardo
da Vinci, uno dei più grandi artisti della storia dell’umanità. A dire il vero,
questo è solo uno dei motivi. Leonardo, infatti, è stato anche il simbolo della
pace nel mondo, della libertà di espressione, della tolleranza, della
fratellanza e del multiculturalismo.
HANNA
WILKE
La
provocazione più comune, negli Anni ’70, era mostrare il corpo nudo. L’artista
che, in assoluto, è ricorsa a questa ‘tecnica’ è stata la newyorkese Hanna Wilke,
fotografa, scultrice e performer. Proprio per questo motivo, è stata più volte
criticata come esibizionista e narcisista mentre era in attività. La sua opera
più famosa, probabilmente è la serie S.O.S. – Starify Object Series (1974-82),
in cui copriva il suo corpo (nudo) con mazzette di gomma piegate in origami
astratti che ricordavano i genitali femminili. È morta nel 1993.
CINDY
SHERMAN
Se Hanna
Wilke non è proprio la piuù conosciuta, probabilmente avrete sentito o visto Cindy
Sherman, fotografa e regista statunitense. Non è sempre stata ‘dietro le
quinte’. Specialmente negli Anni ’70, l’artista ci ha messo spesso la faccia e
ha giocato molto con i ruoli delle donne, reinventandoli ed estremizzandoli. Le
sue fotografie, infatti, rappresentano il modo in cui le donne oscillano tra
l’artificialità e l’autenticità, spesso diventando attrici o comparse della
propria vita.
RENATE
EISENEGGER
Facciamo
un salto nel vecchio continente. Un’altra artista importantissima è la tedesca
Renate Eisenegger. Quand’era ancora giovanissima, notò «come le donne artisti
tendevano a minimizzare le loro ambizioni e le loro conquiste» Da quel momento
si è buttata a capofitto nel suo lavoro tra disegno, fotografia, pubblicazioni
e performance, diventando un punto di riferimento degli Anni ’70.
LYNN
HERSHMAN LEESON
Probabilmente,
la cosa più rivoluzionaria compiuta dall’americana Lynn Hershamn Leeson è stato
cambiare identità tra il 1974 e il 1976. Certo, non si tratta di arte in senso
stretto, ma si può considerare comunque una performance. Con soltanto un po’ di
trucco e una parrucca bionda, si traformò in Roberta Breitmore e riuscì
addirittura a ottenere una patente, un conto corrente e una carta di credito.
VALIE
EXPORT
Anche la
storia di Valie Export riguarda un cambio d’identità, anche se in questo caso
si tratta solo di uno pseudonimo artistico. Il vero nome della performer,
fotografa, regista e scultrice austriaca, infatti, è Waltraud Lehner. Export è
stata una forte critica dell’uso del corpo della donna nella cultura mainstream:
«Per raggiungere un’immagine auto-definita di noi stessi e quindi una diversa
visione della funzione sociale delle donne, noi donne dobbiamo partecipare alla
costruzione della realtà attraverso i mattoni della comunicazione dei media.
Questo non accadrà spontaneamente o senza resistenza, quindi dobbiamo
combattere!».
KARIN
MACK
Discorso
simile per la connazionale Karin Mack, fotografa surreale e concettuale. Per
lei, tutto ruota intorno a una sola domanda: «Dove finisce la performance e
dove inizia la nostra vera identità?». Proprio partendo da questo concetto,
molte delle sue fotografie raccontano una rappresentazione femminile
alternativa, distruggendo la falsa promessa che le donne sono coese e piacevoli
come i quadri e le foto del passato porterebbero a credere.
MARY BETH
EDELSON
Le opere
dell’americana Mary Beth Edelson spesso rivisitano e rinnovano il passato,
riscrivendo la storia e creando una sorta di mondo alternativo in cui la femminilità
è privilegiata invece che penalizzata. E, attraverso la pittura e il disegno,
ha anche trasformato i vecchi simboli del potere patriarcale e religioso in
simboli femministi.
EWA
PARTUM
Studa di
essere costantemente discriminata in quanto donna, l’artista polacca Ewa Parum
ha messo il suo corpo nudo al centro delle proprie opere. Nonostante molti
critici la etichettarono come egocentrica e penosa, la Partum se ne fregò e
continuò a trasformare il suo sé e il suo corpo in un’opera d’arte per
smantellare la percezione che il corpo di una donna fosse soltanto un oggetto sessuale
o una cosa di natura. Era un significante, un soggetto, nel controllo del suo
corpo, del lavoro e della vita.