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La terza ragazza stuprata e bruciata viva in una settimana, in India

Il Post, 12
maggio 2018

Aveva 16
anni e secondo la ricostruzione della polizia è stata uccisa perché voleva
denunciare la violenza alla sua famiglia

La
protesta silenziosa di un gruppo di studentesse contro gli stupri e gli omicidi
di ragazze nello stato indiano di Jharkhand, a Ranchi, la capitale dello stato,
l’8 maggio 2018 (AP Photo)
Giovedì
in India una ragazza di 16 anni è stata stuprata e poi bruciata viva dal suo
violentatore: è stata la terza aggressione di questo tipo avvenuta nel paese in
una settimana, la seconda fatale. I primi due attacchi erano avvenuti nello
stato nord-orientale di Jharkhand, quest’ultimo nello stato centrale
di Madhya Pradesh. Secondo la ricostruzione della polizia, la ragazza è
stata uccisa dopo aver detto al suo stupratore che avrebbe informato la sua
famiglia della violenza sessuale subita. Anche nei due precedenti casi,
avvenuti entrambi lo scorso 4 maggio, era successo qualcosa di simile: la
sedicenne del primo caso era stata
uccisa
per aver denunciato di aver subito uno stupro; la
diciassettenne del secondo caso, che non è morta ma è gravemente ustionata, era
stata stuprata e aggredita per essersi rifiutata di sposare il suo aggressore.
L’ultimo
omicidio è avvenuto nel villaggio di Jujharpur. La ragazza uccisa era sola in
casa quando è stata aggredita. La polizia ha arrestato un uomo di 28 anni con
l’accusa di aver compiuto stupro e omicidio.
Il
problema degli stupri in India è diventato molto noto negli ultimi anni,
soprattutto dopo che nel 2012 una studentessa fu stuprata e
uccisa
da un gruppo di uomini su un autobus di New Delhi. Negli
ultimi mesi il caso di cui si è parlato di più è quello di una bambina di 8
anni rapita, drogata, stuprata, picchiata e uccisa nel Kashmir
indiano a gennaio. Se ne parlò molto anche perché faceva parte di una famiglia
musulmana, mentre gli uomini arrestati per lo stupro erano indù: migliaia di
persone appartenenti a un gruppo radicale indù avevano manifestato in loro
difesa. Tra le persone che avevano partecipato alle manifestazioni in difesa
degli accusati c’erano anche due ministri del partito di governo, il
Partito Popolare Indiano del primo ministro Narendra Modi.