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Kagame contro l’Aia, Zimbabwe verso il voto (ai militari)

Di Federica
Iezzi, Nena News, 05 mag 2018

Nella
consueta rubrica del sabato sul continente africano vi portiamo anche in
Burundi, dove il presidente Nkurunziza punta a restare al potere fino al 2034

Campagna
elettorale dello ZANU-PF in Zimbabwe (Foto: AP)
  

Ruanda
Il
presidente ruandese Paul Kagame ribadisce le sue aspre critiche nei confronti
della Corte Penale Internazionale. Istituita dallo Statuto di Roma nel 1998 al
fine di perseguire e punire genocidi, crimini contro l’umanità, crimini di
guerra e crimini di aggressione, secondo Kagame ha nel continente africano uno
sproporzionato bersaglio.
Negli
ultimi anni diversi paesi africani hanno minacciato o annunciato piani per
ritirarsi dal tribunale dell’Aia. In realtà, fino ad oggi, solo una delle dieci
indagini della Corte Penale Internazionale sono state condotte in Africa, con
sospettati di condanna provenienti da Repubblica Democratica del Congo,
Repubblica Centrafricana e Mali.
Il Ruanda
non è parte dello Statuto di Roma e lo stesso Kagame, critico costante del
tribunale, già nel lontano 2008 lo aveva definito una “istituzione
fraudolenta”. Negli anni successivi, la sua posizione è stata interpretata da
molti come un mezzo per proteggere i comandanti militari sul loro presunto
sostegno ai gruppi ribelli, nella vicina Repubblica Democratica del Congo.
Zimbabwe
Mancano
ormai due mesi per le elezioni generali e presidenziali in Zimbabew. Molto poco
è cambiato sotto la nuova amministrazione sui fronti economici, sociali e
politici. Il principale beneficiario al momento sembra essere il complesso
militare sempre più influente, guidato dall’ex comandante in capo dello
Zimbabwe Defence Forces, ora potente vice-presidente e generale in pensione,
Constantino Chiwenga.
Il
complesso militare, che comprende l’esercito, ex ufficiali dell’esercito e
veterani della guerra di indipendenza degli anni ’70, ha iniziato a consolidare
il suo potere sugli affari civili occupando posizioni in tutti i rami del
governo e rifiutando di riformare l’infrastruttura esecutiva di cui Mugabe ha
abusato nei suoi anni di governo.
Chiwenga
dunque non controlla solo il Ministero della Difesa, ma i suoi precedenti
subordinati hanno posizioni influenti e strategiche nel governo e nello
Zimbabwe African National Union – Patriotic Front (Zanu-Pf).
Se
Zanu-Pf vincesse le prossime elezioni, Chiwenga sarà perfettamente posizionato
alla successione dell’attuale presidente Mnangagwa nel 2023, per completare il
trasferimento di potere pseudo-democratico a beneficio delle forze armate.
Mnangagwa ha il controllo assoluto della polizia e dei servizi segreti, ha
l’autorità di nominare figure della giustizia, della diplomazia, della
sicurezza.
In modo
preoccupante, la distinzione tra affari di governo e di partito è spesso
volutamente offuscata per profitto politico, con eventi governativi che
funzionano come raduni di partito e manifestazioni elettorali.
Burundi
Il
Burundi ha annunciato ieri il lancio ufficiale della campagna per i controversi
cambiamenti costituzionali che potrebbero consentire al presidente Pierre
Nkurunziza di rimanere in carica fino al 2034. Si prevede che l’emendamento
proposto chiederà agli elettori il prossimo 17 maggio di considerare la
variazione dell’attuale limite costituzionale di due mandati presidenziali, di
cinque anni ciascuno.
Se
approvato, Nkurunziza al potere dal 2005, potrebbe addirittura ottenere altri
due mandati di sette anni. Attualmente la costituzione del Burundi consente
solo ad un presidente di essere eletto solo per due volte consecutive.
Violenti
scontri e manifestazioni si sono susseguite dopo l’annuncio di Nkurunziza di
volersi candidare per un terzo mandato nel 2015. L’ex leader dei ribelli ha
vinto le elezioni nel 2015, che sono state immediatamente boicottate
dall’opposizione. Almeno 1.200 persone sono state uccise nelle violenze, oltre
400mila sfollati. La Corte Penale Internazionale sta ancora indagando su
presunti crimini contro l’umanità, sponsorizzati dal governo. Nena News