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Israele minaccia chi protesta contro il Giro d’Italia

Di Ali
Abunimah, Nena News, 07 mag 2018

Lo rivela
il Pacbi, che in queste settimane ha lanciato una campagna di protesta globale.
E nonostante Tel Aviv intenda presentarsi come paese “normale”, gli attivisti
hanno provocato discussioni su occupazione e apartheid

Roma – La polizia israeliana sta chiamando gli attivisti
palestinesi in Israele e li sta minacciando se dovessero protestare contro la
prima fase della corsa ciclistica “Giro d’Italia” iniziata venerdì a
Gerusalemme. Le minacce sono state rivelate dal “PACBI” – la campagna
palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele – che ha
twittato: “Gli attivisti riterranno il “Giro d’Italia” responsabile nel caso in
cui dovesse loro succedere qualcosa”.
Le
autorità israeliane si sono vantate del loro apparato difensivo, creato in
decenni di occupazione militare e altre restrizioni sui palestinesi, schierato
per preservare la corsa dalle proteste. Da quando la corsa è iniziata, il PACBI
sta sollecitando ad usare gli hashtags “#ShameOnGiro” e “#Giro10” per esprimere
la propria opposizione al modo in cui il Giro d’Italia sta “nascondendo o
coprendo, grazie allo sport, i continui crimini di guerra di Israele, compresa
l’uccisione deliberata di pacifici manifestanti palestinesi a Gaza, a pochi
chilometri di distanza dalla corsa”.
Attivisti
palestinesi in Israele hanno reso pubblico un video in cui si mette in luce
come il tracciato della corsa passi vicino a luoghi in cui Israele ha commesso
delle atrocità. La corsa si svolgerà in diverse parti dell’attuale Israele,
fino a domenica, prima di spostarsi in Italia la prossima settimana.
“Il
glamour” non distragga dai crimini
Gli
organizzatori del Giro d’Italia hanno ignorato per mesi gli appelli degli
attivisti che sostengono che tenere l’inaugurazione a Gerusalemme sarebbe
servito a premiare Israele e a mascherare i suoi crimini contro il popolo
palestinese. Ma giovedì Amnesty International ha affermato che Israele si
sbaglierebbe se pensasse che ospitare la prestigiosa competizione sposterebbe
l’attenzione dalle sue violazioni.
“A
Gerusalemme le autorità devono aver pensato che il glamour del Giro d’Italia
possa avere l’effetto di ‘ripulire con lo sport’, rimuovendo alcune delle
macchie nella situazione dei diritti umani in Israele,” ha affermato Kate
Allen, la direttrice del gruppo dei diritti umani in Gran Bretagna. “Invece è
probabile che le riporti di nuovo all’attenzione”.
“I
corridori del Giro d’Italia inizieranno la corsa solo poche settimane dopo che
le forze di sicurezza israeliane hanno scatenato un eccessivo, letale uso della
forza contro i manifestanti palestinesi a Gaza, compresi minori – ha aggiunto
Allen – La corsa partirà proprio nei pressi di Gerusalemme est, dove i
palestinesi devono affrontare la demolizione di case, la costruzione di colonie
illegali e una serie infinita di restrizioni ai loro movimenti”.
Dirigenti
israeliani, diplomatici italiani e funzionari dell’Unione Europea vedono
l’allestimento della corsa a Gerusalemme come un’ abile mossa della propaganda
di Israele. Questa è la prima volta che l’inizio della corsa si tiene fuori
dall’Europa. Pare che Israele abbia pagato milioni di dollari per attirare la
RCS, che organizza il Giro d’Italia, e il vincitore del Tour de France Chris
Froome.
Cecchini
e biciclette
L’inizio
della corsa coincide con il sesto venerdì delle proteste per la “Grande Marcia
del Ritorno” a Gaza. Nelle ultime cinque settimane Israele ha ucciso 50
palestinesi a Gaza, dato che le forze di occupazione hanno messo in atto una
politica di “sparare per uccidere e mutilare” contro civili disarmati che
contestano l’assedio del territorio e rivendicano il proprio diritto al ritorno
nelle terre da cui Israele li ha espulsi ed esclusi perché non sono ebrei.
Gli
“attacchi omicidi” di Israele a Gaza, come li ha definiti Amnesty International,
hanno provocato ammonizioni e denunce da parte della procura della Corte Penale
Internazionale. Ma, nel contesto di un clima internazionale di impunità,
Israele continua a sostenere che le leggi internazionali per i diritti umani
non si applicano ai palestinesi di Gaza.
Nel
contempo gli organizzatori del Giro si sono messi a disposizione dell’obiettivo
propagandistico di tenere le prime fasi della corsa sotto l’egida di Israele.
“Stiamo ospitando eventi sportivi in Israele, questo è il Paese più democratico
e sicuro che possa ospitare un tale evento in piena sicurezza”, ha detto ai
media il responsabile della sicurezza della corsa Daniel Benaim.
Normalizzazione
degli Stati arabi
I
palestinesi hanno espresso sconcerto per il fatto che, mentre decine di persone
sono state uccise e altre migliaia ferite – centinaia delle quali probabilmente
rimarranno invalide per tutta la vita – durante gli attacchi israeliani contro
civili di Gaza, le squadre degli Emirati Arabi Uniti e del Bahrain stiano
apertamente partecipando al “Giro d’Italia”.
Gli
attivisti sottolineano che, mentre queste squadre esibiscono la propria
partecipazione a Gerusalemme, milioni di palestinesi nella Cisgiordania
occupata e nella Striscia di Gaza, così come altri milioni di rifugiati palestinesi
in esilio, non hanno neppure il permesso di entrare in città a causa delle dure
restrizioni imposte da Israele al movimento dei non ebrei.
La
partecipazione sembra essere parte della crescente normalizzazione, sostenuta
dagli USA, dei rapporti tra Israele e il blocco degli Stati del Golfo guidati
dall’Arabia Saudita. Il direttore generale del ministero degli Esteri
israeliano Yuval Rotem ha dato il benvenuto ai corridori degli Emirati a
Gerusalemme.
Utenti di
reti sociali in lingua araba hanno twittato la propria indignazione per la
partecipazione delle squadre arabe utilizzando l’hashtag in arabo #
اسحبوا_دراجاتكم – che significa “ritirate le vostre biciclette”. Oltre
che a rinsaldare i rapporti con Israele, il Bahrain ha un ulteriore interesse
nel partecipare ad una sfida al boicottaggio sportivo di Stati paria che
violano i diritti umani. Per anni il Bahrein ha fronteggiato gli appelli al
boicottaggio dell’importante corsa automobilistica di Formula Uno che ospita
per via della violenta repressione contro le proteste antigovernative.
Far
deragliare la propaganda israeliana
La
propaganda israeliana intende presentare il Paese come “normale” – una società
aperta e vivace con attività culturali e sportive e “innovazioni” tecnologiche.
Quindi, benché gli attivisti non siano riusciti a bloccare la corsa, hanno
provocato talmente tante discussioni su di essa che Israele non ha potuto
utilizzare il Giro d’Italia per sfuggire alla propria reputazione di Stato
occupante, colonizzatore e che pratica l’apartheid.
Venerdì,
in un articolo su “Cycling Tips” [“Suggerimenti ciclistici”, rivista
specializzata in inglese, ndt.] il giornalista sportivo Shane Stokes ha
spiegato perché boicotta e rifiuta di informare sull’avvio del Giro d’Italia
nel corso di una massiccia e violenta repressione dei palestinesi.
“Fin da
quando il Giro è stato confermato in Israele, sono arrivate le inevitabili
critiche. In risposta, ci sono stati alcuni che hanno insistito che lo sport e
la politica non dovrebbero mescolarsi – scrive Stoke – La stessa difesa venne
utilizzata decenni fa quando sportivi ed altri ruppero il boicottaggio per
partecipare alle gare in Sud Africa”.
Secondo
Stokes tenersi alla larga dimostra anche solidarietà per Yaser Murtaja, uno dei
due giornalisti palestinesi uccisi dai cecchini israeliani nelle scorse
settimane. Stokes evidenzia anche come lo slogan del Giro d’Italia sia “Amore
infinito” [in italiano nel testo, ndt.].
“Senza
dubbio è un tema lodevole,” scrive. “Eppure la frase sembra vuota quando, a
cento chilometri dall’inizio della corsa, i cecchini prendono di mira
manifestanti e giornalisti, e poi premono il grilletto.”