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Il Ramadan dei musulmani in Italia: difficoltà o aperture?

Di Cristin Cappelletti, L’Indro, 17 maggio 2018
Per approfondire il Ramadan dei musulmani in Italia abbiamo intervistato Izzedin Elzir, Presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia e Ben Mohamed Mohamed, Imam della moschea di Centocelle a Roma
Il mese del Ramadan, il digiuno previsto dalla Fede islamica è iniziato. Un momento spirituale che ogni anno vede circa 1.5 miliardi di musulmani in tutto il mondo adempiere a questa sacra ingiunzione, digiunando dall’alba al tramonto per trenta giorni. Il versetto 183 della seconda Sura del Corano prescrive il digiuno per i fedeli in questo periodo: “Credenti, vi è stato prescritto il digiuno come è stato prescritto a coloro che sono venuti prima di voi“.
Il Ramadan, uno dei cinque Pilastri dell’Islam, assieme alla testimonianza di Fede in Allah, la Preghiera obbligatoria (Salat),  il pellegrinaggio alla Mecca (Hajj) e l’elemosina ai poveri (Zakat) rappresenta il culmine dell’anno musulmano, l’Eid al-Fitr, che quest’anno finirà il 15 di Giugno.
Una pratica spirituale, che prevede la totale astinenza da bevande e cibo dall’alba al tramonto per purificare anima e corpo per prepararsi all’inizio di un nuovo anno. Tuttavia, nonostante la Fede Islamica rappresenti la seconda più grande religione al mondo, e il gruppo religioso con la più rapida crescita al mondo, tante sono le difficoltà che le persone di fede musulmana devono affrontare nel praticare le loro ingiunzioni in Paesi non a maggioranza islamica.
In Cina, per esempio, da molti anni il Governo di Pechino ha messo in atto una dura repressione verso la minoranza Uiguri di fede musulmana proveniente dalla regione dello XinJang, nel nord-ovest della Cina. Quest’anno, tutte le famiglie Uiguri saranno costrette ad «ospitare in maniera periodica funzionari del governo di Pechino per rispondere a tutte le domande sulle proprie idee e opinioni politiche» ha denunciato Human Rights Watch, secondo cui si tratta di una violazione dei diritti umani e delle specificita’ culturali delle famiglie.
Anche nel resto d’Europa, secondo l’European Islamophobia report stilato annualmente dal think-tank turco SETA, episodi di islamofobia sarebbero in crescita. Il Vice Presidente della Commissione Europea Frans Timmermans, citando un’indagine condotta dalla FRA, l’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali, ha espresso «preoccupazione per quello emerso dal report, che mostra come negli ultimi cinque anni circa un musulmano su tre è stato discriminato durante la ricerca di lavoro». Anche la Commissaria europea per la Giustizia, i Consumi e la Parità di genere, Věra Jourová, riferendosi all’indagine ha commentato di «essere specialmente preoccupata dalle molte sfide che le donne musulmane si trovano ad affrontare».
L’Italia accoglie una comunità musulmana di 1 milione e 400 mila persone le quali in questo clima di crescenti sentimenti xenofobi potrebbe incontrare qualche difficoltà nel praticare apertamente tale ingiunzione. “Il Ramadan, insieme alla preghiera, è il pilastro più importanti di questa fede. Stiamo in pratica parlando di un mese del calendario in cui uno si impegna di giorno a non bere e mangiare e di notte attraverso la preghiera. È una grande scuola di autodisciplina, di pazienza, ed è perciò per tutti questi motivi che è un momento fondamentale per un musulmano”, ci racconta Izzedin Elzir, Presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia. Riguardo alla facilità o meno di praticare il digiuno in Italia continua “realmente non ci sono difficoltà, dovunque un musulmano si trovi deve interagire in maniera positiva, dev’essere un buon cittadino; l’unica difficoltà che possiamo è nel trovare una sala di preghiera adeguata, una sala degna di accogliere la preghiera. Ma tuttavia non possiamo dire vi siano delle difficoltà direttamente legate al Ramadan. Sicuramente ciò che manca è una determinata atmosfera: i riti, i costumi, i festeggiamenti nel mondo arabo islamico, le decorazioni nelle strade, Il clima generale che accompagna il Ramadan. Il Ramadan di per sé è lo stesso, potremmo avere qualche ora in più, perchè la giornata da noi è più lunga e in questo senso sì, potrebbe essere più difficile. Tuttavia, chi dedica la giornata al digiuno lo fa per Dio e sa che questo sacrificio è importante.”.
Vero è che il digiuno richiede l’accesso a determinati alimenti che potrebbero avere una limitata disponibilità. ”In realtà anche da questo punto di vista non vi sono difficoltà. Forse dieci anni fa era difficile reperire determinati alimenti, ma ora si trova praticamente tutto, come i datteri, frutti che per il mese del Ramadan sono molto importanti. Ormai il musulmano è un cittadino italiano, perciò il cibo italiano è diventato il nostro cibo. Sicuramente vengono a mancare quei dolci tipici della nostra cultura, vi sono diversi tipi di dolci caratteristici in tutto il mondo musulmano, dal Marocco all’Egitto, dal Medio Oriente all’India, perciò diventa anche un mese di dialogo interculturale tra i musulmani”.
È innegabile che negli ultimi mesi, anche grazie a diversi media, siano cresciuti i sentimenti anti-islamici. “Le difficoltà maggiori riguardano la preghiera. Nessuno sa che stai digiunando, ma è diventato difficile aprire delle moschee e quindi avere spazi dove pregare. Chi subisce di più tuttavia sono le donne musulmane, in quanto indossando il velo rendono visibile e riconoscibile la loro  appartenenza religiosa, diventando oggetto di discriminazione. In tal senso la nostra organizzazione si sta impegnando per promuovere un dialogo religioso e culturale, perché il nostro Paese, nonostante sia un Paese laico, è culturalmente cristiano cattolico ed è bene conoscere questa realtà altrimenti non si può costruire un senso di cittadinanza attiva basata sul rispetto dell’uno verso l’altro. Abbiamo ottimi rapporti con la società civile, posso dire che si stanno facendo dei passi in avanti rispetto ad un clima internazionale in cui vediamo molti sentimenti di odio, ed è proprio a questo dialogo che esiste, che parte dal cittadino italiano di qualunque fede o anche diversamente credente che possiamo cooperare”.
Digiunare comporta una notevole perdita di energia che potrebbero ad andare a creare problemi sul posto di lavoro. “In realtà tra il lavoratore ed i datori di lavoro si è instaurato un buon dialogo. Si riesce sempre a mediare e trovare dei compromessi. Per esempio ci sono dei lavoratori che anticipano la loro entrata in ufficio di 2-3 ore per poi lasciare il luogo di lavoro in anticipo. C’è un grande dialogo positivo tra il lavoratore ed il datore di lavoro, perché credo alla fine per il datore di lavoro sia importante che il suo lavoratore si trovi tranquillo e possa essere più attivo e produttivo sul posto di lavoro”.
Una situazione dunque che vede l’Italia con una mentalità aperta rispetto alle pratiche della fede musulmana. “Sicuramente la situazione è migliorata rispetto al passato, dall’altra parte c’è un aumento di atti di islamofobia ma preferisco vedere il bicchiere mezzo pieno e non quello vuoto”.
A confermarci gli ottimi rapporti con i cittadini è Ben Mohamed Mohamed, Imam della moschea di Centocelle a Roma. “Tra i cittadini, a livello popolare, non ci sono problemi.Tuttavia esistono dei problemi pratici quando in alcuni luoghi di culto, vista l’affluenza e l’inadeguatezza della struttura,  i fedeli si trovano costretti a pregare fuori dalla moschea creando ovviamente disagio e problemi ad alcuni cittadini. Secondo me questo è un problema che le istituzioni devono affrontare e a cui vanno trovate delle soluzioni vere e serie”.
Anche la pratica del digiuno non ha subito alcun tipo di ostacolo. ”Sinceramente no, così come la nostra preghiera che ci è permesso di praticare normalmente. I veri problemi sono a livello istituzionale, politico e mediatico. Troviamo delle difficoltà nell’apertura o nell’edificazione di moschee. Questo è un grosso problema, un problema importante che non trova una soluzione, visto che non è stata stipulata l’intesa con lo Stato italiano per la religione islamica. Vi sono dei tentativi di impedire alcuni diritti fondamentali ai musulmani come l’aperture di moschee, diritti che sono tutelati dalla costituzione ma non a livello pratico. Inoltre alcuni giornali e canali di informazione,purtroppo, non trattano in modo adeguato il discorso sull’Islam, alimentando tensioni e diffondendo molta disinformazione”.