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GEORGIA: Estrema destra blocca manifestazioni LGBT, e la politica tace

Laura
Luciani, East Journal, 23 maggio 2018

Lo scorso
17 maggio le strade di Tbilisi avrebbero dovuto tingersi dei colori
dell’arcobaleno, per celebrare la Giornata internazionale contro l’omofobia,
la bifobia e la transfobia (IDAHO). 
E invece,
l’organizzazione Equality Movement, una delle più importanti all’interno del
movimento per i diritti LGBT, si è vista costretta a cancellare
la manifestazione che doveva svolgersi di fronte all’edificio del governo
georgiano. Il motivo: evitare “seri pericoli” all’incolumità dei partecipanti
ed eventuali scontri, alla luce di una minacciosa mobilitazione di gruppi di estrema
destra e neonazisti nei giorni precedenti all’evento.
Nonostante
i rappresentanti delle istituzioni, tra cui il sindaco di Tbilisi Kakha
Kaladze, avessero assicurato che tutte le misure possibili sarebbero state
prese per garantire un tranquillo svolgimento della manifestazione, gli
attivisti hanno preferito rinunciare alla propria libertà d’espressione piuttosto
che alla propria sicurezza. E accusano le autorità – e in particolare la
presidente della commissione parlamentare per i diritti umani Sopho Kiladze –
di non fare abbastanza per difendere i diritti della comunità LGBT e contrastare
la violenza omofoba.
Strade
contese
A
marciare per le strade di Tbilisi il 17 maggio sono stati invece i partecipanti
alla “Giornata per la purezza della famiglia” (Family Purity Day), una
celebrazione pensata ad hoc dal leader della Chiesa ortodossa georgiana, il
patriarca Ilia II, per celebrare i valori della famiglia tradizionale. Tale
iniziativa, lanciata nel 2014 – esattamente un anno dopo i violenti scontri che
durante la giornata contro l’omofobia avevano visto esponenti della Chiesa
georgiana assalire manifestanti pacifici – intende non
soltanto opporsi alle rivendicazioni del movimento LGBT, ma anche rubargli
la piazza proprio nella giornata dedicata ai diritti delle
minoranze. 
Quest’anno,
oltre a migliaia di fedeli e rappresentanti delle istituzioni religiose,
approfittando del “family day” hanno sfilato per le vie di Tbilisi anche
gli esponenti della Marcia georgiana, gruppo di estrema destra nazionalista già
noto per le sue posizioni apertamente xenofobe e omofobe (East Journal ne
aveva parlato qui
e qui) e i membri di
Unità Nazionale, gruppo di stampo neonazista. Nei giorni precedenti al 17
maggio, entrambi i gruppi avevano partecipato a delle contro-manifestazioni
violente in risposta a chi era sceso in piazza per protestare contro i raid
polizieschi che avevano coinvolto diversi locali notturni LGBT-friendly della
capitale.
E
così, mentre i fascisti marciavano in tranquillità lungo il viale
Rustaveli, solo un centinaio di esponenti del movimento per i diritti LGBT ha
avuto il coraggio di scendere in strada per esprimere
le proprie rivendicazioni, organizzando delle proteste “colorate” (come in
foto) di fronte a vari edifici governativi. Nonostante le misure di sicurezza e
l’importante presenza della polizia, uno degli attivisti è stato colpito
da un aggressore (di soli 15 anni!), dimostrando che i rischi per l’incolumità
dei manifestanti erano fondati.
Come si
legittima l’omofobia
Le
celebrazioni per la Giornata internazionale contro l’omofobia nella
capitale georgiana non sono mai state facili: a volte, come nel 2013, esse sono
degenerate nella violenza, e annualmente hanno
riportato a galla tutte le contraddizioni di un paese diviso tra una politica
apertamente filo-europea e una società ancora fortemente conservatrice e
influenzata dalla Chiesa ortodossa. Il peso di quest’ultima – e dell’elettorato
che la sostiene – non può essere ignorato dal partito al governo, che finora ha
usato le rivendicazioni LGBT in maniera alquanto strumentale.
Lo scorso
settembre, la commissione per i diritti umani del parlamento georgiano aveva
presentato, di fronte alla delegazione dell’Unione Europea e all’UNDP (United
Nations Development Programme), il proprio Piano d’Azione per il periodo
2017-2020, includendovi la volontà di riconoscere ufficialmente il 17 maggio
come Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia.
Senza dare spiegazioni, solo qualche settimana fa la presidente della
commissione, Sopho Kiladze, aveva fatto dietro
front
sulla questione, abbandonando a sé stesse le associazioni
LGBT. Un gruppo di oltre 30 ONG, tra cui Transparency International Georgia e
Open Society Georgia Foundation, ha richiesto le dimissioni di Kiladze.
Inoltre,
se una delle condizioni per la firma dell’accordo di associazione con l’UE era
stata proprio l’adozione di una legge anti-discriminazione (entrata in vigore
nel 2014), in un rapporto pubblicato nel 2017 l’Ombudsman georgiano aveva sottolineato
come le autorità georgiane stessero applicando in maniera inefficiente la
nuova legge e le raccomandazioni dello stesso difensore civico. Secondo il
rapporto
dell’Ombudsman, i membri della comunità LGBT in Georgia rappresentano “uno dei
gruppi più vulnerabili, soggetto a discriminazioni in quasi ogni sfera della
vita pubblica”.
Ad essere
critico non è solo il numero di crimini legati all’orientamento sessuale e
all’identità di genere (l’Ombudsman ne ha segnalati quasi 50 solo nel 2017), ma
anche la riluttanza dei rappresentanti politici a proteggere i diritti della
comunità LGBT: un’inazione che di fatto legittima l’omofobia, lasciando carta
bianca ai movimenti conservatori anche più estremi, e riducendo al silenzio le
minoranze.