General

Cinque motivi per cui ‘Girls’ non mi è piaciuto

Di Francesca
Bottarelli, LetteraDonna, 11 maggio 2018

Non
spacciate il nuovo brano di Rita Ora, Cardi B, Charli Xcx e Bebe Rexha come il
nuovo inno delle donne.
Rossetti,
occhiali a forma di cuore, labbra e cerniere che si abbassano. Sono solo alcune
immagini del video lyric ufficiale di Girls, il nuovo brano di Rita Ora con
Cardi B, Charli Xcx e Bebe Rexha, uscito venerdì 11 maggio 2018. Come ha
rivelato la stessa cantante in
un’intervista a People
, la canzone vuole essere il nuovo inno delle
donne: «Riguarda la libertà e la possibilità di vivere la vita come si vuole,
senza essere giudicati. Questa è ciò che per me rappresenta questa canzone ogni
volta che l’ascolto». Evviva la collaborazione femminile e l’unione fa la forza
tra donne, ma c’è ancora molta strada da fare prima che sia un capolavoro. Ed
ecco quali sono i cinque motivi per cui il singolo non può essere il nuovo manifesto
femminista.
 
Il video
lyrics
È il
biglietto da visita di qualsiasi brano. E la prima volta che me ne hanno
parlato la curiosità è stata tanta. A poche ore dall’uscita, il video ufficiale
non c’è ancora ma non ho molte pretese, mi accontento anche della versione
lyrics. Ma ecco la prima (triste) scoperta: il rosa, ovvero il colore tipico
dei cliché femminili. Io non ho niente contro, ma stupiteci visto che avete la
possibilità di arrivare alle orecchie e, soprattutto, alla pancia di milioni di
fan. Non parto prevenuta, io ci voglio credere che ci sia finalmente un degno
erede per Lady Marmalade, il brano del 1974 di Christina Aguilera, Lil’ Kim,
Mya e Pink. Ma ci pensano rossetti stilizzati e occhiali a forma di cuore a
farmi ricredere. Vi prego, lo stereotipo della ragazza frivola tutto trucchi e
divertimento non lo vogliamo. E nemmeno la cerniera che si abbassa. Quanti modi
c’erano per esprimere la libertà individuale e l’indipendenza di fronte agli
schemi imposti dalla società? Nell’epoca del #MeToo io mi sento sinceramente
insultata da queste prime (e si spera provvisorie) immagini, che alimentano i
luoghi comuni sul mondo delle donne.
Il testo
Se le
cantanti avevano paura che non ci fosse chiaro il titolo della canzone, si
sbagliavano. La parola Girls è ripetuta ben 52 volte. Talmente tante che alla
fine ti viene voglia di andare a risentire Lady Marmalade con quella nostalgia
del passato e continuare a ripetere «ai miei tempi si stava meglio». Ma noi la
riformuliamo in «ai miei tempi si cantava meglio». E non si tratta di
intonazione, ma di parole. Pensavano di cavarsela con qualche frase ad effetto
piazzata lì, per ricordare che la canzone difende le donne. Da «Now I could be
your lipstick just for one night»( Adesso potrei essere il tuo rossetto solo
per una notte) a «Tonight, I don’t want a dog, I want a kitten (meow)»
(Stanotte non voglio un cane, ma voglio un gattino- miao), io sinceramente non
l’ho sentita la rivendicazione di valori e diritti. Nessuna presa di posizione
chiara o elemento wow, niente di tutto ciò. Il nulla cosmico di fronte agli
scandali, alle lotte e agli scontri. Solo le solite quattro frasi ripetute,
quasi a voler giustificare il perché il brano venga spacciato come il nuovo
manifesto femminista.

La
copertina
Pensavo
che almeno questa non mi avrebbe delusa, ma mi sono sbagliata ancora. Mi
aspettavo qualcosa di irriverente, provocatorio, alternativo: ed ecco che mi
appaiono quattro bamboline impeccabili stile Bratz. Truccate alla perfezione,
piega fatta, gioielli vistosi e bocca a papera in stile selfie. Ancora una
volta, a far da padrone è il colore rosa. Quasi a voler indirettamente
ricordare che questa è una canzone per le donne. E qui si apre un’altra grande
questione. Sì perché il brano deve essere per tutti. Deve parlare al mondo
femminile, ma anche a quello maschile senza esclusioni. Ma la canzone
assomiglia più a una macchina con il freno a mano tirato, incapace di partire
per davvero
L’arrangiamento
Non ho
competenza musicale, sono stonata e non ho mai suonato uno strumento. La musica
però mi piace, mi rilassa e distrae. Quando mi sono infilata le cuffiette
pensavo di aver sbagliato canzone. Io non volevo ascoltare il nuovo brano di
Louis Fonsi o di un suo qualsiasi erede americano. Ho ricaricato la pagina più
volte, ma niente. Ero di fronte al nuovo tormentone estivo, orecchiabile da
ascoltare in spiaggia, ma talmente ripetitivo da farti spegnere la radio se
l’ascolti tre volte di seguito. Una melodia piatta e banale, una di quelle musichette
da sigla televisiva che puoi fischiettare sotto la doccia, ma che finirà nel
dimenticatoio appena smetteranno di trasmetterla. Insomma, una di quelle
canzoni che di certo non faranno la storia.
Il
potenziale (sprecato)
Ecco,
questa è la cosa che più mi fa incazzare. Questo brano poteva dar voce alle
donne vere che lavorano, crescono figli da sole, subiscono violenze, hanno
paura a denunciare i loro aguzzini o a prendere un treno da sole alla sera.
Quelle che non si mettono la gonna per evitare un «te la sei cercata» o devono
combattere perché amano qualcuno del loro stesso sesso. E voi ora starete
pensando che in tanti già ne parlano e che la musica serve per staccare la
mente, non per opprimerci. Ebbene, vi sbagliate. Perché se c’è un potere che
solo la musica ha è quello di unire la ‘testa’ con la ‘pancia’, la razionalità
con l’istintività, E io mi sento ben oltre il rosa, il ripetermi fiera che sono
una ‘girls’ o quanto debba credere in me stessa. Sono anche questo, ma non solo
e vorrei aver avuto una canzone che mi celebrasse per i miei pregi e per i miei
difetti. Non il solito incoraggiamento motivazionale. Ma non è stato così e,
anche stavolta, il potenziale è stato sprecato. E questo non mi è mai piaciuto,
soprattutto quando c’entrano le donne.