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Storie di vita quotidiana tra Aleppo e Beirut

Di Marcello
Lazzerini, L’Indro, su 17 aprile 2018
Film, doc, cucina, libri, arte e teatro al
Middle East Now, la Rassegna sulle culture del Medio Oriente, al centro Sirya e
Palestina

«Ciò che
viene raccontato  in tv o sui giornali non ci aiuta a capire la realtà
quotidiana, la vita di ogni giorno, le sofferenze, la paura ma anche le
speranze delle  martoriate popolazioni del Medio Oriente: bombe, macerie,
distruzioni, bibliche migrazioni….ma come convivono con tutto ciò i popoli
siriano, iracheno, libanese, palestinese?  Come si svolge la loro
quotidianità?»
In questa
domanda, che uno studente della New York University  si pone, sta già la
risposta del successo di pubblico che ha accolto questa nona edizione del
Middle East Now,  appena conclusa a La Compagnia a Firenze, il
cinema Teatro divenuto ormai un punto di osservazione sulla cinematografia
mondiale e   sulle culture apparentemente lontane dalla nostra
abituale visione eurocentrica. «Un’edizione» – sottolinea Roberto Ruta, uno dei
curatori della Rassegna- «il cui  carattere multidisciplinare di cinema,
arte, musica, teatro, eventi gastronomici  e incontri, ha suscitato
l’entusiasmo del pubblico, che si è distribuito nei vari luoghi coinvolti. In
tal  modo si è potuto avere quell’approfondimento sull’attualità e le
caratteristiche della cultura mediorientale che ci mancava».
Il
cinema, certo con le tante storie raccontate attraverso  la presentazione
dei 43 film selezionati ( e proiettati in parete alla Compagnia in parte
all’Istituto Stensen)  e numerosi sold out per le prime italiane,
europee o mondiali alla presenza di registi, attori, produttori, artisti ed
esperti, ma anche  il teatro la cucina, la fotografia, l’arte ci hanno
fatto sentire più vicini il Medio Oriente, le sue popolazioni, la sua realtà
quotidiana. Una realtà dura, come ben sappiamo, testimoniata da due
cortometraggi  dedicati alla città di Aleppo, entrambi premiati: il Premio
“Best OFF”, conferito da OFF Cinema al miglior cortometraggio d’autore, è
andato a “One Day in Aleppo” di Ali Alibrahim «per il coraggio e la forza
espressiva data dalla vicinanza con cui il regista sceglie di raccontare il
quotidiano martirio subito dall’indifesa popolazione civile, in una nazione
abbandonata a sé stessa». Questa la motivazione della giuria.Un  lavoro il
suo che denota una crescente maturità espressiva e, soprattutto, «la voglia di
raccontare territori e popolazioni che fino ad oggi non hanno avuto molte
occasioni per poter esprimere punti di vista locali ed autoriali. One day in
Aleppo è da considerarsi una delle più alte testimonianze  della realtà
mediorientale del 2017, per la sua capacità di aprire uno squarcio su una
realtà dolente, fungendo da atto artistico e politico e permettendoci di vedere
da vicino situazioni lontane, con uno  sguardo umano ed empatico». L’altro
doc sulla città martire “The Day we Left Aleppo”  di Hassan Kattan, 
si è aggiudicato una menzione speciale «per la sensibilità con cui ritrae il
dramma di una città sotto assedio, attraverso la vita, i sentimenti, la storia
di due ragazzi, nell’atmosfera sospesa dell’attesa e nel momento decisivo della
partenza».
Ma
 la Rassegna non ci ha presentato soltanto immagini di guerra, di
devastazioni e di fuga, ma anche  aspetti di vita quotidiana, comuni alle
popolazioni del Medio Oriente, dalla Palestina al Libano. Curiosa  è stata
la scelta della giuria composta dagli studenti della New York University di
Firenze di  premiare con il “Best Short Film by NYU Firenze” il
cortometraggio “Men’s Barbershop” di Mishal Al Hulail:  “ una storia
semplice e originale (che si svolge prevalentemente in un negozio di barbiere)
  racconta con passione un aspetto della quotidianità, grazie a una
tecnica eccellente e a un’estrema capacità attoriale. Uno dei momenti più alti
del Festival si è raggiunto con l’ Anteprima del film “Soufra” di Thomas A.
Morgan, prodotto dall’attrice americana  Susan Sarandon. Il film racconta
la storia di Mariam Shaar, una ragazza palestinese rifugiatasi in Libano,
 che ha trascorso tutta la vita nel campo profughi di Burl El Barajneh, a
sud di Beirut. E’ una delle migliaia di profughe costrette dalla guerre,
dalla fame, dalla miseria, ad emigrare nei paesi del Medio Oriente che le
accolgono, sia pure nei campi profughi. Ma vivere  in quei ghetti non vuol
dire arrendersi, rinunciare ai propri desideri, all’aspirazione ad una vota
normale, o dimenticare la propria terra d’origine. E così Mariam decide dar
vita, insieme ad altre donne, ad una società di catering, di nome Soufra,
lottando per   espandere la sua attività al di fuori del campo, nella
speranza di un riscatto sociale. Il sostegno dell’attrice americana, fortemente
impegnata  sui temi della pace, dei diritti civili e dell’indipendenza dei
popoli, consentirà al film di approdare ad alcuni festival e, quindi, tenere
vivo il focus sulla questione palestinese, vista  con gli occhi dei porofughi.
Alla
Palestina sono dedicati anche altri film presentati alla Rassegna, tra questi Palestinians.
Us first” di Moran Ifergan (Israele, 2017) sguardo intimo sulla vita della
nuova generazione palestinese che vive in Israele e il film Wajib, della
regista palestinese ospite del Focus di questa edizione Annemarie Jacir, cui
è stato assegnato  Il “Middle East Now Award”, premio per il
film più votato dal pubblico. Il film è un ironico e toccante road-movie, che
esplora la complessità del rapporto tra un padre e un figlio ormai quasi
estranei – gli attori Saleh e Mohammad Bakri, due star del cinema arabo – alle
prese con il “wajib”, la consegna a mano delle partecipazioni al matrimonio
della figlia più piccola.  Uscirà nelle sale italiane in questo mese di
aprile.
Impossibile
riferire di tutti i film e cortometraggi presentati, così come degli incontri e
presentazioni di libri  dedicati a temi e realtà specifiche: di
particolare richiamo la presentazione del libro Our Syria. Recipes from Home, che
pone l’attenzione sull’identità culinaria siriana, opera dio due appassionate
cuoche come Dina Mousawi e Itab Azzam, che hanno passato alcuni mesi a contatto
con donne siriane rifugiate tra Beirut e Berlino imparando  le loro
ricette, ascoltando le loro storie di vita domestica, aiutandole a cercare i
migliori ingredienti per realizzare i piatti della tradizione che mantengono
vivo  il ricordo di casa. Tra le sorprese di questa Rassegna lo spettacolo
inedito “White Rabbit, Red Rabbit” di Nassim Soleimanpour, magistralmente
interpretato da Fabrizio Gifuni al Teatro Cantiere Florida senza aver
fatto prove e senza regia ma scoprendo il testo solo sul palco ad inizio
performance insieme al pubblico in sala. Nei vari momenti d’incontro fra
pubblico e protagonisti, oltre alla cucina, all’arte, al cinema,  alle
Mostre fotografiche non poteva mancare un approfondimento sul ruolo della Rete
dei Social in Medio Oriente. Ma quello che più conta – dice uno dei tanti
studenti che hanno partecipato ai diversi momenti – è la conoscenza diretta, il
rapporto umano che questo Festival ci aiuta  a stabilire con le
popolazioni, i territori e le culture del Medio Oriente, l’unico modo per
superare assurdi pregiudizi culturali e religiosi.