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💥 SPECIAL SYRIA _ Quattro dubbi sull’attacco militare alla Siria

Rami Khouri,
Internazionale, 17 aprile 2018

L’attacco
missilistico anglo-franco-americano
lanciato in Siria per punire il
governo e dissuaderlo dall’uso di armi chimiche dovrebbe fermare per un breve
periodo questo barbaro strumento di guerra, come già successo in passato.
Un soldato
siriano ispeziona il centro di ricerca e studi scientifici a Barzeh,
vicino a
Damasco, colpito dai bombardamenti condotti da Stati Uniti,
Regno Unito e
Francia, , il 14 aprile 2018. (Hassan Ammar, Ap/Ansa)
Tuttavia,
nel contesto del tradizionale e prolungato militarismo americano ed europeo in
Medio Oriente, l’operazione genera sensazioni contrastanti perché restano forti
dubbi in merito alla sua efficacia, legittimità, credibilità e comprensione del
contesto siriano.

L’operazione
sembra essere un’azione politica che non tiene conto delle dinamiche locali e
regionali, concepita unicamente per dire all’opinione pubblica occidentale che
le tre potenze coinvolte rispettano la vita umana e il diritto internazionale
più dei governi in Siria e in Russia. Una tesi abbastanza discutibile se
consideriamo il numero di vittime provocato da Stati Uniti, Francia e Regno
Unito nella regione per decenni. Probabilmente le conseguenze dell’operazione
non fermeranno il caos e le nuove forme di violenza che affliggono la regione,
come succede ogni volta con questo tipo di azioni militari esterne.
Un
problema di efficacia

I bombardamenti lanciati tra il 14 e il 15 aprile non sembrano particolarmente
efficaci. Vent’anni di attacchi continui degli Stati Uniti e di altre potenze
contro i gruppi terroristici e i governi radicali, a cominciare dai missili
lanciati nel 1998 contro Al Qaeda in Sudan e Afghanistan, non hanno fermato Al
Qaeda o altri gruppi simili, che al contrario stanno prosperando e che si
affermano solo in zone devastate da attacchi militari stranieri o interni, come
la Somalia, lo Yemen, l’Iraq, l’Afghanistan e la Siria.
Il numero
di governi e forze radicali che si oppongono agli Stati Uniti e ad altre
potenze straniere è aumentato costantemente negli ultimi anni. Non c’è da
stupirsi se di recente l’influenza di Iran, Russia, Hezbollah e Turchia in
Siria e in altri territori arabi sia aumentata, soprattutto grazie alle
conseguenze del militarismo continuo degli Stati Uniti e di altre potenze
straniere e arabe, un militarismo il cui scopo era proprio quelli di “ridurre”
questa influenza. L’ambasciatrice statunitense all’Onu Nikki Haley e i suoi
amici saranno anche “pronti e carichi”, come lei ha dichiarato, ma resta il
fatto che dal 1998 gli americani si sono sparati più volte sui piedi con le
loro operazioni militari in Medio Oriente lanciate per sconfiggere il
terrorismo e ridurre l’influenza dell’Iran. In definitiva Washington ha
rafforzato quelli che voleva indebolire.
Un
problema di legittimità

Gli attacchi non sembrano nemmeno legittimi, perché le Nazioni Unite e altre
istituzioni autorizzate a verificare le responsabilità dell’attacco chimico non
hanno svolto il loro lavoro sul campo – che sarebbe dovuto cominciare il 15
aprile – prima di stabilire qualsiasi misura punitiva. Le tre potenze
responsabili dell’attacco non possono sostenere di aver agito per legittima
difesa, perché non erano sotto la minaccia di un attacco imminente e non sono
state attaccate, diversamente da quanto accaduto con l’11 settembre. Le potenze
occidentali che sostengono di rispettare il diritto internazionale e nel
frattempo lo infrangono o lo ignorano hanno chiaramente un problema di
legittimità.
Un
problema di credibilità

Inoltre gli attacchi non sono particolarmente credibili. Le preoccupazioni
dell’occidente per i morti causati dalle armi chimiche perdono peso, per due
motivi. Il governo siriano e le forze di opposizione hanno ucciso centinaia di
migliaia di civili, spesso con metodi disumani come i barili bomba o gli assedi
che miravano ad affamare il nemico, e questo non sembra aver prodotto grandi
azioni da parte delle potenze che hanno attaccato, anche se le conseguenze sono
state ben peggiori. Il loro sdegno morale davanti alla morte di civili
innocenti è inoltre messo in discussione dal fatto che Stati Uniti, Regno Unito
e Francia sono direttamente responsabili per la morte di centinaia di migliaia
di civili in Medio Oriente nel corso di decenni di interventi militari e azioni
politiche dirette, inclusi quelli attuali in Yemen.
I
risultati a breve termine di operazioni militari come questa tendono a svanire
per la mancanza di una politica più ampia
Ironia
della sorte, il Regno Unito è la potenza che ha introdotto l’uso di armi
chimiche nella regione durante la prima guerra mondiale, armi che i britannici
avrebbero voluto usare per reprimere una rivolta anticoloniale in Iraq (anche
se alla fine non lo hanno fatto). L’impegno degli occidentali per evitare la
morte di altri innocenti in modo crudele sarebbe più credibile se, per esempio,
gli Stati Uniti e il Regno Unito smettessero di assistere l’Arabia Saudita e
gli Emirati Arabi Uniti nella loro guerra contro
lo Yemen
, dove decine di migliaia di persone sono malate di colera e
migliaia sono morte per malattia, malnutrizione e altre conseguenze delle
guerra.
Tutte le
morti causate dalla guerra sono ripugnanti e vanno fermate con azioni
collettive da parte di tutti i paesi che rispettano la vita umana. Non si può
procedere con le azioni sparse di un pugno di governi che sembrano parecchio
selettivi nel loro sdegno per le sofferenze umane, ma alquanto episodici nel
loro rispetto del diritto internazionale.
Un
problema di contesto

Gli attacchi, infine, non hanno tenuto conto del contesto generale della guerra
in Siria e dei suoi diversi collegamenti regionali e globali. Nello specifico,
i risultati a breve termine di operazioni militari come questa – o come
l’attacco angloamericano in Iraq del 2003 o anche la recente guerra contro
il gruppo Stato islamico – tendono a svanire per mancanza di una politica più
ampia che affronti e cerchi di risolvere i problemi che hanno generato la
guerra. È necessario un approccio più comprensivo e realistico per fermare i
combattimenti, stabilizzare la Siria e gestire altre tensioni che in questo
momento circondano il paese, a cominciare dagli interessi curdi, iraniani,
israeliani, turchi e russi.
Questi
attacchi portano avanti la tradizione occidentale di guerra senza fine nella
regione araba cominciata da Napoleone più di due secoli fa, un’attività che
oggi sembra solo intensificarsi con l’utilizzo di droni, missili Cruise,
strumenti di guerra elettronici e combattenti a contratto. Anche i risultati
non variano: resistenza da parte delle potenze locali, distruzione delle
società mediorientali e nascita di forze e governi radicali che sfidano
l’aggressore straniero. Questa dinamica è tanto più pericolosa oggi se teniamo
conto dell’intervento militare diretto in Siria di potenze non occidentali e
regionali come l’Iran, la Russia, la Turchia, Israele e Hezbollah.
Solo una
soluzione politica, sociale ed economica al deterioramento delle condizioni di
vita negli stati arabi metterà fine alla violenza, liberandoci dai nostri
dittatori e vietando l’uso di armi di distruzione di massa. Solo così troveremo
la pace, diritti uguali per tutti e prosperità per il martoriato popolo di
questa regione.