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L’orgoglio di Israele per gli omicidi mirati

Gideon
Levy, Internazionale, 27 aprile 2018 

Circa due
mesi fa una notizia ha sconvolto il mondo. 
 
Il
funerale di Fadi al Batsh nel campo profughi di Jabaliya, nella Striscia di
Gaza, il 26 aprile 2018. (Ali Jadallah, Anadolu Agency/Getty Images)
Sergej Skripal, ex spia russa che
faceva il doppio gioco a beneficio del Regno Unito, è stato avvelenato insieme
alla figlia Yulia in un parco di Salisbury. Le autorità britanniche hanno
subito puntato il
dito contro la Russia
ed espulso decine di diplomatici russi come
forma di ritorsione per il tentato omicidio. A far infuriare Londra è stato il
tentato omicidio (si sa che l’occidente è molto sensibile al valore della vita
umana) ma soprattutto l’idea che la Russia avesse osato agire su suolo
britannico.

Poche
settimane dopo si è verificato un altro omicidio, questa volta riuscito. In una
strada di Kuala Lumpur, in Malesia, dodici proiettili hanno colpito il dottor
Fadi al Batsh, ingegnere elettronico del campo profughi di Jabaliya, a Gaza. I
due sicari erano in sella a una moto. Prima è stato detto che si trattava di
una Bmw. Poi è arrivata la correzione, era una Kawasaki. Al Batsh aveva tenuto
una lezione all’università e, secondo le fonti, si occupava dello sviluppo di
armi per conto di Hamas.
Tutti gli
occhi si sono rivolti subito verso Israele. Eppure nessuno stato ha pensato di
espellere un singolo diplomatico israeliano dal suo territorio e nessuno ha
criticato Tel Aviv. Per il mondo non è successo nulla. Al Batsh non stato
assassinato. La sovranità della Malesia non è stata violata. In fondo perché
dovremmo paragonare una spia russa a un ingegnere palestinese, o la sovranità
britannica a quella della Malesia?
Una falsa
ambiguità

Il sistema dei due pesi e due misure è apparso ancora una volta in tutta la sua
evidenza: quello che va bene per Israele è assolutamente vietato per gli altri,
perfino per la Russia. I russi sono famosi per i loro omicidi con il veleno.
Israele invece è l’unica democrazia del mondo, quindi può anche usare il veleno
(come nel tentato omicidio del leader di Hamas Khaled Meshal nel 1997).
Israele
ha mantenuto una falsa ambiguità sulla vicenda, ma le strizzate d’occhio, gli
accenni, le allusioni, i sorrisi e le spacconate non lasciano alcun dubbio: i
bravi ragazzi del Mossad hanno colpito ancora. Il ministro Yoav Galant ha
dichiarato: “Daremo la caccia a tutti, li seguiremo all’altro capo del mondo”.
Gli
assassini camminano tra noi. Alcuni hanno fatto carriera
Israele
ha apprezzato questo atto di coraggio, come apprezza sempre l’omicidio degli
arabi, soprattutto quando non avviene alla luce del sole, dall’assassinio
mirato di Abu Jihad, ucciso a Tunisi nel 1988 davanti alla moglie e ai figli,
passando per Sheikh Ahmed Yassin (ucciso a Gaza nel 2004) e Yahya Ayyash
(ucciso a Gaza nel 1996) fino a tutti gli omicidi all’estero: un ingegnere
palestinese specializzato nei droni a Tunisi, uno scienziato nucleare a
Teheran, un alto ufficiale di Hezbollah a Beirut, Samir Kuntar a Damasco e
Mahmoud al Mabhuh a Dubai. La Bulgaria è famosa per gli assassini che usano
punte di ombrelli avvelenate, ma gli agenti segreti vestiti da tennisti a
Dubai
sono eroi.
Tutti
questi atti sono omicidi e gli autori sono assassini su commissione. Qualcuno
potrebbe sostenere che gli omicidi fossero giustificati, che abbiano permesso
di salvare vite umane o che le vittime meritassero di morire. Ma ciò non toglie
che si tratti di omicidi. Gli assassini camminano tra noi. Alcuni hanno fatto
carriera.
Nessun
dibattito pubblico

Magari alcuni omicidi rappresentano la realizzazione di fantasie malate. Alcuni
erano superflui, perché ogni vittima lascia il posto a un sostituto,
solitamente più estremista di chi l’ha preceduto. Tutti gli altri sono
semplicemente stupidi. Uccidere Khalil al Wazir, conosciuto anche come Abu
Jihad – un gesto considerato il massimo dell’audacia (nel suo letto a Tunisi) e
che ha comportato l’omicidio di uno degli importanti leader palestinesi che
avrebbero potuto diventare partner di un negoziato – è stata un’idiozia. Moshe
Yaalon continua a vantarsene ancora oggi. Israele è orgoglioso di lui. È il
genere di omicidio (punizione, deterrenza, prevenzione o vendetta) che di
solito viene eseguito dalle famiglie mafiose.
Al Batsh
probabilmente si occupava dello sviluppo di armi, ma difficilmente possiamo
sostenere che meritasse di morire per questo. Nessuno dei fanatici nei mezzi
d’informazione e nell’opinione pubblica ha la minima idea di quale fosse il suo
lavoro e se meritasse la morte. Non c’è e non ci sarà traccia di un dibattito
pubblico sulla vicenda. Possiamo fidarci ciecamente del Mossad.
Migliaia
di ingegneri israeliani stanno sviluppando armi molto più pericolose e
devastanti degli aquiloni di Hamas. Anche loro meritano di morire? I
palestinesi avrebbero ragione a volerli uccidere? Uno stato che invia squadroni
della morte all’altro capo del mondo non è qualcosa di cui essere orgogliosi.
Alla fine queste persone sono soltanto killer su commissione.