Le emergenze immaginarie sono sorelle delle fake news
Piero
Sansonetti, Il Dubbio, 8 Apr 2018
L’Italia
ora è di fronte ai suoi problemi strutturali. Fondati sulla realtà, non sulla
percezione costruita dai mass media

L’Eurispes certifica un dato del
quale questo giornale ha parlato già in altre occasioni: non è vero che
l’Italia è il paese più corrotto d’Europa. Del resto esistono varie ricerche le
quali dimostrano che il coefficiente della corruzione, in Italia, è
perfettamente in media con il coefficiente europeo, anzi è lievemente
inferiore. L’Eurispes ci racconta come esista un baratro che divide la
corruzione reale dalla corruzione percepita. L’Italia è il paese dell’Occidente
dove la percezione della corruzione è la più alta. Non è però un paese
particolarmente corrotto.
Qual è il
motivo di questo gap tra realtà e percezione? Ci sono due motivi. Il primo è la
particolare attenzione messa dalla magistratura italiana nel ricercare e
colpire la corruzione. Specialmente – o quasi esclusivamente la corruzione
politica. Finché questa particolare attenzione si esercita nel rispetto dello
Stato di diritto e senza sfumature persecutorie, francamente, non c’è niente di
male. Anzi, è un orgoglio poter dire: l’Italia è il paese che più di tutti gli
altri paesi occidentali combatte la corruzione.
Quando
Invece questa attenzione supera i confini della legalità, dando il rango di
“certezza” al sospetto, allora le cose si complicano. Ma ora non è di questo
che vogliamo parlare. Restiamo al problema della divaricazione tra realtà e
sensazione.
La
seconda ragione di questa divaricazione riguarda non più chi indaga ma chi
racconta. Cioè l’informazione. E qui non c’è più niente di cui andare
orgogliosi. La stampa e la Tv italiane ( e con effetto domino i social e i vari
strumenti della rete) offrono una informazione gonfiata, falsata, unilaterale e
scandalistica della corruzione e della lotta alla corruzione. Prima di tutto
ignorando sempre gli argomenti della difesa, che in genere vengono nascosti,
oppure sbeffeggiati, indicando i difensori come complici, e stendendo un velo
di silenzio su tutte le assoluzioni, le archiviazioni, gli errori giudiziari.
Spesso gli organi di informazione vanno anche oltre, considerando colpevoli
persone che non sono state nemmeno “indiziate”, lasciando dubbi
sull’onorabilità delle persone assolte, quasi sempre violando il “segreto
d’ufficio”, che non è una formalità ma è la garanzia, per la magistratura, di
poter indagare liberamente senza compromettere il proprio lavoro e senza
compromettere la dignità di un possibile ( o probabile) innocente.
Torniamo
al punto di partenza. Eurispes ci ha detto che la corruzione in Italia è un
problema come in molti altri paesi sviluppati. Ma non è un’emergenza.
Vogliamo
discutere invece della sicurezza? Ve ne abbiamo parlato tante volte e abbiamo
snocciolato i dati. La criminalità in Italia esiste, ma non è superiore a
quella degli altri paesi europei. Proprio come la corruzione. La criminalità
violenta è decisamente la più bassa d’Europa e dunque del mondo. Il tasso di
criminalità è in continua discesa da vent’anni. Mentre è in aumento il numero
delle condanne e in fortissimo aumento ( raddoppio) il numero dei detenuti.
Questo non vuol dire che non si deve difendere la società dai fenomeni
criminali, però è chiaro che non esiste un’emergenza sicurezza.
Eppure…
Eppure l’ultima campagna elettorale è stata giocata quasi tutta su queste due
emergenze. Emergenza corruzione ed emergenza sicurezza. Ed hanno funzionato
benissimo. Perché in campagna elettorale la “percezione” conta mille volte più
della realtà. E’ inevitabile. E se il sistema dell’informazione ha creato la
percezione delle due emergenze, è chiaro che sono le due emergenze a dominare
in campagna elettorale e a determinare il risultato.
Ora però
la campagna elettorale è finita. Bisogna governare. E l’Italia è un paese che
nel 2018 non si trova di fronte a nessuna emergenza. Si trova invece di fronte
ad alcuni seri problemi strutturali, che vanno trattati per quello che sono:
problemi strutturali.
Ne cito
tre: la necessità di ridare slancio alla sua macchina produttiva; la necessità
di dare maggior protezione al lavoro, cioè ai lavoratori ( che da 25 anni hanno
perduto moltissime protezioni); la necessità di ridare forza e inviolabilità
allo stato di diritto.
Naturalmente
non è facile affrontare insieme questi tre problemi. Perchè la scelta a favore
di uno o dell’altro non è indifferente. Per capirci: ridurre il costo del
lavoro aiuta il rilancio produttivo. Ma ridimensiona ulteriormente i diritti
dei lavoratori. Così come aumentare la forza dello Stato di diritto, e della
sua prevalenza sul mercato, aiuta la modernità, ma non aiuta certamente
l’aumento dei profitti e, dunque, della produttività.
E’ qui
che dovrebbe entrare in gioco la politica. Perché è alla politica che spetta la
mediazione e il disegno di assieme. La politica – dico – non la politichetta.
La politica degli statisti, non dei propagandisti.
Ecco, noi
siamo a questo punto. Ci sono molte forze politiche in campo. Ciascuna con alle
spalle una certa quantità di consenso. Benissimo: il consenso non basta più,
occorre il programma, la visione del futuro, il progetto, il pensiero. Un’idea
di società e un’idea di riforma. E’ inutile rifugiarsi dietro il vecchio
slogan: affrontiamo le emergenze. Non ci sono emergenze, c’è un paese da
ristrutturare.