General

Gattopardi alla sudcoreana

Cecilia
Attanasio Ghezzi
, pagina99, 4 aprile 2018

Quattro
ex presidenti in carcere, così come i vertici delle grandi multinazionali del
Paese. L’intreccio tra economia e politica nella Repubblica asiatica è stato
svelato e punito. Ma non è cambiato

Questa è
una storia che comincia con un’immagine
indimenticabile
. La mattina del 10 marzo 2017, poco più di un anno
fa, la giudice della Corte costituzionale sudcoreana Lee Jung-mi è chiamata a
esprimersi sull’impeachment dell’allora presidente Park
Geun-hye
.

La
tensione è così alta che il magistrato si presenta di fronte a
giornalisti e fotografi di tutto il mondo con ancora i bigodini rosa tra i
capelli. La Casa Blu è travolta da uno scandalo che non ha precedenti: Park è
ufficialmente la prima presidente democraticamente eletta costretta ad
abbandonare la carica prima che si sia concluso il mandato.
È
accusata di abuso di potere e di una serie di favoritismi di cui non si vede la
fine. Tanto che – e si torna ai giorni nostri – a un anno di distanza
continuano a cadere teste. Il 22 marzo scorso, infatti, anche Lee Myung-bak, un
altro ex presidente, viene arrestato.
È il
quarto capo di Stato della giovane Repubblica che finisce dietro le sbarre.
L’accusa è aver preso tangenti per circa 10 milioni di euro mentre era in
carica.
Tra l’uno
e l’altro evento cadono, sotto i colpi della magistratura, il delfino del
colosso tecnologico Samsung Lee Jae-yong,
due agenti segreti e il presidente del conglomerato Lotte Shin Dong-bin. Mai
come oggi è chiaro che quei conglomerati aziendali a conduzione familiare noti
come chaebol e che hanno permesso al Paese di diventare la quarta economia
asiatica devono attraversare una trasformazione radicale.