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Armi, tuk-tuk e viaggi in Egitto, l’Italia cancella Regeni

Di Chiara
Cruciati, Nena News, 14 apr 2018

A sette
mesi dal rientro dell’ambasciatore al Cairo nessuna verità, né nuove
informazioni. Intanto nel paese la repressione procede come spedita: prima e
dopo le elezioni egiziane scomparsi alcuni giornalisti, poi riapparsi in
carcere
foto La
Presse/Nicolò Campo

Roma – A otto mesi dall’annuncio del ritorno
dell’ambasciatore italiano al Cairo, a sette dal suo insediamento e a dieci
giorni dalle congratulazioni del presidente Mattarella ad al-Sisi per la sua
rielezione alla presidenza egiziana, sul barbaro omicidio di Giulio Regeni non
c’è alcuna verità. Né nuove informazioni. L’ambasciatore Cantini è al Cairo
dallo scorso settembre, ma della figura che avrebbe dovuto affiancarlo per
gestire la cooperazione giudiziaria e investigativa con il Cairo non c’è
tuttora traccia.

In
mancanza di attività su quel fronte, Cantini fa altro. Gli ultimi mesi sono
stati dedicati al rafforzamento delle intese economiche e commerciali con
l’Egitto. Ultima in ordine di tempo è l’accordo raggiunto dalla Piaggio e la
compagnia locale Raya per l’assemblamento di un’Ape all’egiziana, il tuk tuk.
L’obiettivo dell’intesa – che tre giorni fa Cantini ha salutato con favore – è
la copertura del 40% del fabbisogno interno di tuk tuk entro due anni.
Una
collaborazione che si inserisce nel più generale trend dei rapporti commerciali
con Il Cairo, in crescita: secondo i dati del Ministero per lo Sviluppo economico,
nel 2017 l’interscambio è stato pari a 4,7 miliardi di euro, con un aumento del
2,5% rispetto all’anno precedente. Ad aumentare è anche la vendita di armi,
calcolata dall’Istat: le esportazioni italiane verso il paese nordafricano sono
state pari a 2,1 milioni di euro lo scorso anno, contro il milione e mezzo del
2016 (+28,5%). Armi, motorini e anche turismo: ieri l’Ente del turismo egiziano
ha lanciato il concorso «Vinci l’Egitto», sei viaggi per due persone offerti a
cittadini italiani da compagnie aeree e tour operator egiziani, in
collaborazione con l’As Roma, di cui un giocatore sarà presente alla cerimonia
di premiazione a maggio con esponenti del governo di al-Sisi.
La
normalizzazione dei rapporti non è un rischio, ma una realtà consolidata a due
anni dalla scomparsa e la morte di Giulio Regeni. L’assenza di verità e
l’impunità dei responsabili colpiscono ancora più duramente alla luce della
piena attività della macchina della repressione interna che non si ferma ma
ingurgita quotidianamente nuove vittime.
Attivisti,
oppositori, semplici cittadini e giornalisti. Negli ultimi mesi quel che rimane
della stampa indipendente, falciata da ordini di chiusura, commissariamenti e
censure, ha visto un’escalation degli attacchi prima, durante e dopo le
presidenziali, vinte da al-Sisi in assenza di reali sfidanti.
Giovedì
nove giornalisti sono stati convocati dalla procura generale dopo la denuncia
della Commissione nazionale per le elezioni contro il quotidiano di opposizione
al-Masry al-Youm: diffusione di notizie false, per la Commissione, che aveva
già minacciato nelle settimane scorse simili misure.
Dieci
giorni fa la polizia aveva compiuto un raid nella sede del giornale, perquisito
e confiscato computer e documenti e arrestato il direttore Adel Sabry.
Ufficialmente l’accusa è la presunta assenza di licenza (che il quotidiano
contesta); in realtà a monte sta la pubblicazione di un articolo del New York
Times che parlava di denaro elargito ai cittadini per convincerli ad andare a
votare.
Sono
invece almeno tre i giornalisti scomparsi, secondo il Committee to Protect
Journalists, nell’ultimo mese: arrestati e poi spariti dietro le sbarre. Adel
Eissa, collaboratore del sito Al-Mobtada, Ahmed Abdel Gawad, fotografo del
quotidiano filo-governato al-Shourouk, e Mohammed Ibrahim, blogger, sono stati
fermati dopo aver coperto le irregolarità intorno al voto. È invece ricomparso
dopo settimane dalla sparizione, il giornalista di al-Masriya Wagdy Khaled:
«ritrovato» in una stazione di polizia del Cairo.
Identico
il caso di Hossam al-Wakil, anche lui giornalista, collaboratore della Reuters
ed ex direttore del quotidiano privato al-Dostour, arrestato a fine dicembre e
da allora introvabile: pochi giorni fa la procura di Alessandria ne ha imposto
la detenzione per 15 giorni con l’accusa di appartenenza a gruppo illegale.
Secondo le associazioni per la tutela dei giornalisti, sarebbero almeno 32 i
giornalisti detenuti in Egitto.