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Argentina: moltitudini di persone in strada per dire ”Basta repressione!”

Di Jean
Georges Almendras, Antimafia Duemila, 30 Marzo 2018


Moltitudini di persone nelle strade. Migliaia e migliaia in tutto il territorio
argentino








Il
pensiero del popolo stampato in cartelloni di ogni tipo contro i dittatori di
ieri e di oggi. Portati in strada da uomini e donne con passo deciso nella
città di Buenos Aires e nei luoghi più reconditi della Repubblica Argentina.
Moltitudini che hanno letteralmente invaso strade e piazze trasformandole nelle
roccaforti di una lotta ancora in corso. Perché gli attentati commessi dai
dittatori, dai genocidi e dai servitori del terrorismo di Stato di 42 anni fa
sono tuttora in corso. Perché in molte strade della capitale e dell’interno
dell’Argentina, repressioni e impunità sono ancora oggi in atto, come lo erano
42 anni fa. Allora lo stivale militare era visibile, supportato dai sicari del
sistema politico di quei giorni e dai potenti delle terre del nord. Oggi quegli
stivali militari vestono giacca e cravatta, indumenti di una democrazia falsa e
non meno criminale e dannosa di quella di 42 anni fa.



Questo
sabato 24 marzo nella Repubblica Argentina, più che come un anniversario è
stato vissuto con  molti  momenti di lotta. Anniversario di uno dei
tanti soprusi patiti da questo paese e dalla nostra America Latina: la
dittatura guidata dal Generale Jorge Rafael Videla, oggi deceduto.



“Memoria,
verità e giustizia” hanno gridato uomini e donne di ogni età rappresentando i
30.000 desaparecidos di una terra violata dagli imperatori di turno. Uomini che
ha oltreggiato questa terra  irrigandola con il sangue per zittire chi,
come gli artisti, i ribelli, e gli uomini di cultura e di chiesa cercavano di
aprire le coscienze dei loro concittadini per mandare a casa i repressori del
Piano Condor. Quel piano statunitense che oggi veste altri indumenti e si serve
di altri sotterfugi per penetrare nella nostra America latina, che ha ancora le
vene aperte. Dissanguata dalle sue risorse.
Moltitudini di persone che proclamavano a gran voce: “Basta repressione. Basta
ripercussioni sociali. Basta differenze e ingiustizie sociali. Basta persecuzioni
contro i popoli originari e contro chi vive in mezzo alla povertà, sommersi e
asfissiati dalle difficoltà economiche, culturali e educative. Basta
adeguamenti economici per compiacere gli interessi stranieri che strangolano i
settori più vulnerabili. Basta discriminazioni. Basta giocare con la vita dei
vulnerabili. Basta”.



La gente
chiede Verità. Quelle verità che i media servili al potere ed ai soldi,
contante, tergiversano sfacciatamente. Quelle verità che parlano di morti e
abusi.



Quelle
verità che hanno nome e cognome e che sono macchiavelicamente alterate da 42
anni: perché i 30.000 desaparecidos hanno nome e cognome e non sono
un’invenzione, come si pretende imporre oggi. I 30.000 desaparecidos hanno
figli, padri, madri, mogli, mariti, nonne e nonni, e hanno compagni di lotta.
Ma non hanno avuto giustizia. E non trovarono cittadini giusti, né istituzioni
democratiche vere che li difendessero. Perché c’erano i militari. Militari
consumati dall’avidità, dalla criminalità e sete di potere.



Verità
che hanno il volto della sparizione forzata seguita da morte di Santiago
Maldonado per mano della Gendarmeria Nazionale. Verità che hanno il volto della
brutale uccisione del giovane mapuche Rafael Nahuel per mano delle forze del
gruppo Albatros della Prefettura Navale di Bariloche. Quelle verità con il
volto dell’estradizione illegale e provocatrice in Cile del Lonko Facundo Jones
Huala, capo spirituale mapuche della Pu Lof Cushamen in Resistenza. Verità con
il volto delle costanti repressioni violente che hanno il colore del
colonialismo, contro le comunità mapuche a Bariloche e nella provincia di
Chubut e che non hanno niente a che vedere con le pratiche terroriste, per
quanto alla Casa Rosada si sforzino di etichettarli come pericolosi aborigeni
che non meritano altro che finire in una prigione come Guantanamo o meglio
ancora nel campo santo. Verità che hanno il volto del bambino Facundo Ferreira
di 12 anni, ucciso da uno sparo nella nuca a Tucuman da poliziotti che
affermavano cinicamente che era un delinquente che scappava in moto sparando
contro di loro. Verità che hanno il volto della dottrina ‘Chocobar’
(giustificare l’eccesso di legittima difesa da parte delle autorità, ndr.).
Verità con il volto degli arresti domiciliari chieste per i genocida, torturatori,
ladroni di neonati e assassini della dittatura militare.



Verità
che vengono tergiversate per proteggere gli assassini in uniforme. Verità che
gli ottodonti rosicchiano affinché non sia fatta giustizia.



Sì.
Ottodonti che rodono la pace degli argentini. Ottodonti come Patricia Bullrich,
Gonzalo Cané, Pablo Nocetti e molti altri ancora. Quei molti che dalla Casa
Rosada, dal Congresso, e dal Potere Giudiziario sono i roditori di oggi. Gli
ottodonti dei mezzi di comunicazione del potere (Clarín, La Nación, TN) che non
fanno altro che contaminare gli argentini con grossolane diffamazioni per
manipolare le masse. Il popolo. Ottodonti?



Ottodonti,
che rodono lo Stato di Diritto. Che rodono le speranze degli argentini.



I
roditori che questo sabato 24 marzo sono stati messi all’angolo dalle
moltitudini che hanno invaso le strade e le piazze in tutto il territorio
argentino.



In una di
queste strade, a Rosario, i giovani del Movimento Our Voice hanno manifestato
contro gli ottodonti, esibendo un quadro pieno di ironia ma anche di dolore.



Il
fotografo Rodolfo Hachen lo ha filmato e diffuso. E adesso lo facciamo anche
noi.

Affinché
gli ottodonti abbiano ben presente che i giovani di oggi vivono nei 30.000
desaparecicos e che i giovani di oggi non permetteranno che i militari di ieri
o i militari di oggi facciano tacere le nuove generazioni come fecero 42 anni fa.




Affinché
gli ottodonti siano messi all’angolo da uomini liberi che vogliono liberarsi
dai roditori di vite e di valori.
Quei ottodonti che ancora oggi camminano e convivono tra noi. E se sono tra
noi, è ora di imparare a stare uniti per distruggerli, denunciarli,
smascherarli, portarli in prigione e non sceglierli più nelle elezioni
elettorali. Affinché non si ripeta più la storia di 42 anni fa. E affinché i
nostri giovani, i nostri figli e i nostri nipoti, semplicemente, vivano in
un’Argentina migliore.



In
un’America Latina migliore. In un mondo migliore.



Perché
purtroppo gli ottodonti non conoscono frontiere, godono di impunità.



L’impunità
che protegge gli assassini che attuarono il Piano Condor in Argentina, Uruguay,
Brasile, Cile, Paraguay e Bolivia; gli assassini di giornalisti caduti nel loro
dovere di informare e denunciare il crimine organizzato e i governanti divorati
dalla mafia in Messico, Paraguay e Centro America; gli assassini di attivisti e
contadini onduregni come Berta Cáceres; gli assassini della narco politica del
nostro amico e collega Pablo Medina in Paraguay, dove inoltre massacrano
impunemente i contadini per rubare loro le terre; gli assassini dell’attivista
femminista e difensora dei diritti umani brasiliana Marielle Franco; gli assassini
di giudici, fiscali, sacerdoti, giornalisti che hanno affrontato la mafia
sposata con lo Stato in Italia, oggi come 100 anni fa.



Dobbiamo
polverizzare l’impunità militando nelle strade. Più impegno nell’azione e meno
discorsi demagogici.