The Harvest: la denuncia del caporalato nell’Agro Pontino
Di Alice Pagani,
Social News, 5 marzo 2018
Gurwinder
è originario del Punjab, ma lavora come bracciante delle serre dell’Agro
Pontino e vive con la comunità Sikh in provincia di Latina. Hardeep è una
mediatrice culturale, nata e cresciuta in Italia da genitori indiani. Lei
cerca il riscatto dai ricordi di una famiglia emigrata in un’altra epoca,
mentre lui è costretto ad assumere sostanze dopanti per sostenere i ritmi di
lavoro e inviare i soldi in India.

Sono loro
i due protagonisti di The Harvest, un docu-musical girato a Latina, Sabaudia e
Nettuno tra gennaio e settembre 2017. Il film mostra la vita delle comunità
Sikh dell’Agro Pontino e, per la prima volta, il loro lavoro. Gli uomini sono
impegnati soprattutto come braccianti agricoli nella zona e sottoposti a dei
ritmi lavorativi insostenibili. Sono costretti infatti ore e ore sotto il sole
cocente, senza pause, per una paga che è attorno ai tre euro l’ora. Una
condizione che, unita agli episodi di violenza e umiliazione, li può portare a
fare ricorso a sostanze stupefacenti.
The
Harvest racconta una condizione che emerge ogni anno in Italia con l’arrivo
della stagione estiva. Non è però una situazione saltuaria, bensì un sistema
collaudato che coinvolge una manodopera imponente attraverso la quale si
realizzano profitti da milioni di euro.
Un
dossier di In Migrazione Onlus li ha chiamati i “nuovi schiavi”
di una società che si definisce civile e un Paese democratico. L’isolamento
sociale e culturale di questi uomini è marchiato dalla non conoscenza della
lingua italiana, dei diritti dei lavoratori e dei servizi socio-sanitari cui è
possibile accedere. Tutti elementi che comportano l’accettazione silenziosa
dello sfruttamento che sfiora la riduzione in schiavitù, spiega il dossier.
La realtà
dell’Agro Pontino è diversa dalla situazione che si può trovare nel resto delle
campagne italiane, dove l’impiego dei lavoratori avviene a chiamata. Qui invece
i braccianti rappresentano una manodopera costante per periodi lunghi, una
sorta di “esercito fidelizzato”, racconta un altro dossier di In Migrazione
Onlus chiamato “Sfruttati a
tempo indeterminato”. Gli imprenditori si servono di questo esercito
utilizzando un metodo che permette loro di aggirare i controlli. Le buste paga
e i contratti di lavoro sarebbero infatti in regola. In realtà, il bracciante
risulta impiegato solamente due giorni al mese. Le rimanenti ore sono invece
pagate in nero dal padrone, così viene chiamato il datore di lavoro, con un
compenso che, se avviene, non sfiora nemmeno quello previsto dalla legge. Non
hanno ferie, non hanno diritti, ma ubbidiscono e lavorano.

The
Harvest racconta la loro vita utilizzando una forma artistica innovativa che
unisce lo stile del documentario, quello della fiction e del musical,
accompagnato dalle coreografie delle danze tradizionali punjabi. Espedienti
utilizzati per narrare una realtà brutale caratterizzata da problemi che sono
all’ordine del giorno. “Abbiamo voluto partire da una piccola storia per
tracciare un panorama più ampio”, ha spiegato il regista Paco Mariani,
ma “la vera sfida del film è cercare di fare tutti insieme un passo in avanti”.
Non basta mostrare solidarietà verso chi subisce situazioni del genere. “È
importante capire”, continua Mariani, ”che tutte le nostre storie, anche
individuali, sono legate a meccanismi di precarietà lavorativa ed esistenziale”.
Il film è
nato su impulso di SMK Videofactory, una casa di produzione indipendente nata a
Bologna che si occupa principalmente di temi sociali, che nel 2016 aveva
lanciato un crowdfunding per sostenere il progetto. Già premiato in diversi
Film Festival in giro per il mondo, il film ha iniziato a gennaio il tour nelle sale italiane.