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Siria: una tregua troppo breve

Save the Children, 1 marzo 2018

Il
cessate il fuoco di cinque ore al giorno proposto dal presidente russo
nell’enclave assediata del Ghouta orientale è andato in fumo già il primo
giorno, con colpi di artiglieria e attacchi aerei che sono stati riportati tra
le 9 e le 14 odierne in molte zone, tra cui Harasta e Douma, e che hanno causato
numerose vittime tra i civili. 


A causa dei bombardamenti intensi – con 32
attacchi aerei registrati tra le 12 e le 14 – abbiamo dovuto sospendere la
distribuzione di aiuti umanitari programmate per questa mattina.

Nonostante
lo scorso fine settimana il Consiglio di Sicurezza abbia adottato la
risoluzione per il cessate il fuoco di 30 giorni, i partner locali della nostra
organizzazione confermano che i bombardamenti non sono cessati e molte persone
hanno perso la vita, tra cui un’intera famiglia composta da 10 persone.
Migliaia
di famiglie restano ancora rintanate nei seminterrati e le persone, a causa
degli attacchi, non riescono neanche a dare sepoltura ai loro cari. 350.000
civili sono intrappolati nell’area del Ghouta orientale. L’assedio nella zona,
in corso ormai da quasi cinque anni, persiste e negli ultimi mesi si è
ulteriormente irrigidito, con le scorte alimentari che si stanno
pericolosamente esaurendo.
Secondo
operatori umanitari locali, 4.100 famiglie vivono attualmente in una rete di
scantinati e rifugi sotterranei, di cui più della metà è priva di acqua,
servizi igienici e sistemi di ventilazione, che espongono in particolare i
bambini al rischio di contrarre malattie. Le donne, inoltre, sono costrette a
partorire in condizioni terribili, dando alla luce i propri figli in rifugi bui
e sovraffollati.
Ahmed* è
un ragazzo che da quattro giorni e mezzo, a causa dei bombardamenti intensi,
vive rintanato in un rifugio di fortuna. “Non possiamo più andare a scuola, la
nostra scuola è stata bombardata e il nostro insegnante è stato ucciso. Non
abbiamo da mangiare e non possiamo uscire, i negozi sono chiusi e gli aerei
continuano a bombardare”, racconta.

Sua sorella maggiore, Mona*, di recente è stata ferita. “Sono rimasta un
mese in ospedale e non potevo andarmene. Qui non c’è cibo né acqua, e io non mi
sento ancora bene, ho le ossa che mi fanno male”, è la testimonianza di
Mona.

“Sono
infatti necessarie azioni più efficaci come quelle approvate all’unanimità lo
scorso weekend dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, tra cui un cessate il fuoco
per almeno 30 giorni e la possibilità di distribuire aiuti umanitari e condurre
evacuazioni mediche.” ha dichiarato Sonia Khush, direttrice della risposta di
Save the Children in Siria.