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Se non c’è la grotta la nascita è un reato

Giulio Cavalli, LEFT, 19
marzo 2018

Benoît
Duclos è una guida alpina e fa parte dei volontari di «Refuge solidaire»,
il gruppo che da mesi lavora a cavallo tra Francia e Piemonte per operazioni di
soccorso nei confronti dei tanti migranti che, respinti a Ventimiglia, si
avventurano ad alta quota, incuranti delle temperature e dei pericoli per
provare ad attraversare la frontiera.
Era tra
il Monginevro e Claviere quando ha avvistato una famiglia di nigeriani
arrancare tra la neve (a 1900 metri) con due bambini piccoli di due e quattro
anni. La madre era incinta, all’ottavo mese, ed era sfinita per l’avanzato stato
della gravidanza. Benoît l’ha soccorsa. Mentre la portava in auto all’ospedale
più vicino la Gendarmerie ha bloccato l’auto di Duclos con a bordo la
famiglia e ha contestato la mancanza di documenti. Racconta Duclos di avere
implorato i poliziotti di poter raggiungere un posto sicuro per il parto, un
ospedale non distante dal punto in cui è avvenuto il controllo. Niente da fare.
Intanto la donna ha cominciato ad avere le doglie e da lì a poco ha partorito.
Lui,
Benoît Duclos, il 14 marzo ha ricevuto un avviso di garanzia per avere violato
le leggi sull’immigrazione e presumibilmente andrà a processo. Da mesi la
Francia non riesce a trovare il modo per bloccare gli ingressi illegali ma
evidentemente la soddisfazione di punire chi evita che muoiano è un balsamo
ideale per lenire il fallimento politico.
E così
far nascere un bambino straniero, se non c’è l’addobbo natalizio, diventa una
turpe azione da perseguire con forza. Come la nave della ong Open Arms che ieri
a Pozzallo il prode Zuccaro (sempre lui, quello della famosa inchiesta che ha
fatto tanto rumore sui taxi del mare per poi finire in niente) ha deciso di
sequestrare perché “colpevole” di non avere dato donne e bambini in mano ai
torturatori libici. Avanti così.
Buon
lunedì.